di Matthew Licht
Pane e cioccolata | Ad Hatfield si respira aria pesante
Essi Vivono ST02, Ep 17 di Giulio Fusco Cercando su internet le curiosità di Hatfield, piccolo villaggio industriale a nord di Londra dove vivevo da qualche anno, scoprii che aveva dato i natali a Guy Ritchie, regista di Snatch, capolavoro del cinema pulp, e che aveva anche ospitato il concerto di Sting e i Police quando per la prima volta suonarono Message in a bottle.
TAR | Il Conte
di Aquiles José Martínez Pérez Alle superiori, le lezioni di Storia erano strazianti. Le teneva un professore anziano, un po’ sordo e minuto, che forse per i suoi vecchi abiti larghi, eleganti e polverosi, chiamavamo il Conte. Entrava in aula con qualche minuto di ritardo, appoggiava la ventiquattrore sulla cattedra e subito iniziava un soliloquio, camminando lentamente con lo sguardo fisso a terra, dalla scrivania alla porta e viceversa. A un certo punto si fermava, si tirava su i pantaloni, stringeva la cintura e ci rivolgeva uno sguardo sorpreso, come se solo allora si fosse accorto della nostra presenza. Poi ripartiva con la sua lunga camminata, e le nostre palpebre cadevano e si rialzavano al ritmo dei suoi passi fino a quando non suonava la campanella.
65 – Fuga dalla Terra | Estraneo
di Luca Giommoni Mia moglie mi lasciò poco prima che il mondo smettesse di provare affetto. Mi disse che ormai ero solo un estraneo e, tre settimane dopo, la pioggia cadeva non per bagnare esistenze ma per affogarle, il sole sempre più vicino sembrava un bambino che si diverte a bruciar formiche con la lente d’ingrandimento, la luna se ne fregava delle maree così come i nonni se ne sbattevano altamente dei nipotini, la polizia arrestava studenti e la scienza arrestava le sue ricerche, gli amici pensavano solo a loro stessi e la politica non pensava più a nessuno.
Al di là del bene e del male | Non te ne scordare
Essi Vivono ST02, ep16 di Stefano Bonomi Hai una sorpresa che neanche te lo immagini, non te ne scordare…
Ritorno a Seoul | Versilia storica
di Federica Fanelli “Ti aspetto alle quattro al Caffè della Piazza, a Seravezza” al telefono ha detto così, come se fosse la cosa più normale del mondo. Io non sapevo neanche cosa fosse Seravezza e quando l’ho cercata su internet ci sono rimasta un po’ male: paesino sperduto della Toscana, della “Versilia storica” per la precisione, che attualmente conta dodicimila trecento quindici abitanti. Un provinciale quindi, buono a sapersi.
The day after tomorrow | Lei che ti ama e dopo ti disprezza
La città illividiva al vento. Le case e i giardini erano scompaginati da un delirio incontrollabile. Sostavano come animali pasciuti e acquatici le automobili per le vie, ferme oltre l’orario consentito nei parcheggi blu, davanti a garage serrati e negozi senza più nulla da vendere. Dall’alto, dietro finestre vibranti, occhi lucidi e sgomenti osservavano inermi le chiome degli alberi rivoltarsi come ombrelli controvento, le foglie strappate mescolarsi a rivoli schiumosi e grigi, succhiati e risputati in un grugnito cavernoso di canali sotterranei. Ora fogne e fango occupavano la piazza, la via dello shopping, le scalinate della chiesa, e a festeggiarne la venuta i petali cadevano tramortiti, calamitati da balconi sprovvisti di tettoie abbastanza lunghe, o di proprietari rimasti incastrati dove è di stile vivere, nella zona della città che, come isolata dalla realtà, non intercede mai, se staccata da qualsiasi nozione che valga il suo interesse. Anche lì la tempesta avrebbe vinto ogni ritmo, reso mediocri le vicissitudini lavorative, mortali le unità metriche di Google Sheets, agendo, a conti fatti, allo stesso modo dell’innamoramento: le persone si sarebbero scoperte piene soltanto di uno strano senso di eccitazione e orrore.
Hong Kong Express | Quanto amore in una stanza
Essi Vivono ST02, ep15 di Carla Vitantonio La ragazza inglese coi capelli rossi all’hennè mi dice che era sposata con un uomo thailandese e che hanno pure fatto una figlia. Ai tempi viveva in Thailandia, a Bangkok, in una di quelle stradine sempre in ombra a causa degli immensi grumi di fili elettrici che penzolano pericolosamente dai pali di legno mezzi infraciditi dai monsoni. Si chiama Lizette. L’ho scoperto solo molte ore dopo averla conosciuta e tutto il resto. Me la immagino uguale a tutti gli insegnanti di inglese che ho conosciuto in Asia in questi anni, vent’anni e qualcosa in più: in giro per le discoteche dopo aver mangiato quel mango verde intinto nel peperoncino e nel glutammato, l’interno delle guance imbalsamato a tempo indeterminato dalla sapidità. E poi il tipo, la storia d’amore, vera o finta poco ci importa perché comunque questi due sono stati insieme per degli anni, più di dieci dice lei, e allora per davvero o per finta il tempo è quello che è e vale sempre.
Il sol dell’avvenire | Autocelebrazione
Quando Sandra si svegliò, il sole, già alto, trapelava attraverso le tende riempiendo i muri e il soffitto della stanza di riflessi che avevano la forma di buffi alieni, di sgorbi o di grassi insetti.
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