Sono circa ventiquattro anni che mio fratello mi parla dell’ingegner Delle Rose. Ho poi scoperto che in realtà si chiamerebbe ingegner Rosa, ma dopo una così lunga consuetudine non posso cambiargli il nome. Mio fratello è un tipo che con cadenza regolare ti propone di accaparrarsi un’isola privata e di farsi bombardare. Insomma, questo ingegner Delle Rose è una specie di idolo personale per lui, quindi nel momento in cui Netflix ha sganciato la bomba sono corsa a guardare L’incredibile storia dell’Isola delle Rose.
Frances Ha | Hipster Central
Chai latte, mocaccino, tè verde e un succo di melograno. Sulla tavola non mancava niente. C’erano tutti: Ilda e Marco, Karim e il suo Jean, Luisa e Haas. C’ero anch’io, un sabato mattina magnifico. Weserstrasse era allagata di sole che, dai piccoli balconi quadrati del palazzo, proiettava eleganti ombre a 45° sulla strada e sui tavolini punteggiati da piante fiorite, appena, come se non importasse. Ilda e Marco erano tornati da un viaggio a Londra e ne parlavano con grandi sorrisi, spiegando che Camden Market era talmente turistica da tornare interessante, un esempio di meta-presenza, così contemporanea. Gli altri ridevano, Ilda e Marco volevano sempre scoprire meta-presenze, le vedevano ovunque.
Hollywood scandals | Sogni cannibali, sucker punch e gatti morti
Is nature a giant cat? If so, who strokes its back? Nikola Tesla
Salto nel buio VS Essere John Malkovich | Mash-Up
Da bambino ero terrorizzato dall’idea di essere spiato. Niente paranoie da psicopolizia o servizi segreti, semplicemente immaginavo amici, parenti e conoscenti vari, trovarsi all’interno di un microscopico centro operativo posto dentro la mia testa, simile a quello più recentemente visto nel film Pixar Inside Out, per intendersi, anche se il mio inconscio aveva tratto ispirazione dalla nano-navicella di Salto nel buio, una pellicola del 1987 firmata da Joe Dante e prodotta da Steven Spielberg, la quale, dietro una trama pop-fantascientifica, sembrava nascondere un lato oscuro.
La strepitosa lista di film che Cinepostina vi ha consigliato fino a oggi
La solita guerra, in bocciofila. Discussioni notturne sfiancanti intorno a un tavolino nella penombra di un bar, oggetti scaraventati, insulti che feriscono ma poi risate, lacrime commosse, fare la pace, dirsi che nonostante tutto ci vogliamo bene. Non riuscivamo a metterci d’accordo su questa lista: mettere i film in ordine di uscita? Alfabetico? Categorizzarli in “filmoni” e “filmini” o in “drammoni” e “film da serata tranquilla”? Chiamarla “lista” o “archivio” ? Listati in delle categorie il meno arbitrarie possibile ma comunque decisamente arbitrarie ecco i film che IO, CINEPOSTINA vi ho consigliato fino ad adesso, così li avrete tutti infiocchettati e in ordine per i momenti di perdizione, quando non sapete cosa guardare. Questa lista verrà aggiornata regolarmente, ma promettete di continuare a scrivermi, perché consigliarvi Piranha 3D nella lista non è come farlo dopo che mi avete scritto che la vostra vita è una catastrofe e che l’unica cosa che potrebbe renderla migliore è vedere delle bonazze e dei bonazzi divorati da pesci assassini (Armie Hammer la scrivesti tu quella cineletterina? Ok pessima battuta ma ogni tanto posso scivolare anche IO, CINEPOSTINA). Voilà pour vous! XOXO la sempre più vostra, Cinepostina
SanPa | Noi li vediamo la notte
Soul | Villa Giulia
Al termine di una riunione on-line del collettivo In fuga dalla Bocciofila, quando si era già alla fase dei saluti, Carlo ha detto, con una voce stranamente distratta, che voleva aggiungere un’altra cosa.
The Boys in the Band | Scatti di crescita
Di Giulia Sabella Non è vero che un figlio ti cambia la vita. È una leggenda metropolitana, una di quelle frasi che la gente ripete alzando il mento, con lo sguardo di chi la sa lunga. Questa regola varrà anche per qualcuno, ma sicuramente non per me. Quello che serve per portare avanti le più semplici attività quotidiane è un po’ di inventiva come, ad esempio, approfittare dei momenti di allattamento per guardarsi un film.
The Wife | Venezia pallida
di Rebecca Moore Lo volevo lasciare già da un po’, per via di quei suoi modi persecutori. Non credeva mai a niente di quello che gli dicevo, faceva il suo gioco. L’avevo incontrato in palestra, mi aveva offerto il suo aiuto, educato, piacente, premuroso. Nei lineamenti si intravedeva una strana durezza, che riconosco solo ora con la chiaroveggenza del domani. Era bello, “un principe azzurro” lo avrebbe definito mia madre, portava camicie bianche inamidate e stirate da lui.
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