Stasera, a cena con mia moglie, mi sono accorto che tenevo la mano sinistra sotto la gamba tra sedia e coscia in una posizione scomoda e innaturale senza tuttavia farci caso, quando mi sono ricordato con straordinaria lucidità di quando da bambino, molti anni prima, mia nonna vedendomi con una mano sotto il tavolo diceva: – Che te l’hanno tagliata quella mano?
Triangle of sadness | Porto sempre del cotone nelle orecchie
Risorsa Umana strizza gli occhi cisposi mentre finge di leggere il curriculum stampato a colori da una HP® Instant Ink. Distende le gambe incartapecorite e giustappone il busto alla sedia girevole. Le dita grosse, un po’ molli, e dalle unghie piatte si incrociano sulla scrivania.
Cabinet of Curiosities | Il capanno degli attrezzi
Ho alzato gli occhi dal libro che era ormai sera. Attraverso la finestra le luci nelle case degli altri mi ricordano che non sono rimasto solo e il mondo esiste ancora.
Wanna | Lardosa
«Di quanto sei?» «Non sono incinta, ho partorito da poco». Mia figlia ha due anni. Dopo la gravidanza e diciannove mesi di allattamento il mio corpo è cambiato. Non è una questione di chili, nemmeno di centimetri. Le forme sono diverse. La pelle si distende e si contrae per accogliere, contenere, abbracciare. La mia carne è terra per saltare e spingere, è erba per contorcersi e rotolarsi, acqua per affondare, perdersi, tornare a vivere. Sono una mappa di imperfezioni da esplorare con la punta del dito, da graffiare e scavare per cercarne la sorgente. Io sono tua, io sono te.
Spencer | Aforismi sul dolore
Martedì, ore 11.34 – Sulla morte Quando penso alla morte, ultimamente, penso a come si allacciavano le scarpe le persone che non ci sono più. E come di questo gesto semplicissimo, eppure specifico, unico, irripetibile, non rimarrà traccia alcuna. È forse questa immagine una metafora?
Ghostbuster Afterlife | I fratelli Cagnotti
Di Luca Giommoni
La finestra sul cortile | Sguardi
Nell’ora del silenzio e degli sguardi rapiti quando la terra freme sotto i tuoi passi di ragazza dagli occhi scintillanti a me basta una finestra.
Leon | Daddy’s girl
Di Silvia Fornaroli
The Good Place | Essere al posto giusto
Il primo giorno di scuola stringeva sulla pancia il sacchettino di stoffa con la merenda: una rosetta col prosciutto, tre fettine sottilissime. Il prosciutto lo vedevano in tavola una volta al mese, quando andava bene. La madre aveva insistito: «Almeno il primo giorno, poi lo capiranno che è una pezzente, ma almeno il primo giorno!». Mariella era felice per quel prosciutto. I fratelli le dissero che la odiavano e che si sarebbe strozzata mangiando il panino. Era la quarta di sei figli. Chiuse i pugni forte, sentiva le unghie premere sulla carne, le mani gelide e sudate. Poi si mise a sedere e accarezzò il banco. Con l’indice seguì il perimetro del legno e arrossì pensando che era tutto per lei, che non avrebbe dovuto condividerlo con nessuno, che non le avrebbero tirato i capelli per rubarle il posto. Conosceva gli altri bambini della classe, figli di contadini come lei: nessuno di loro aveva una rosetta col prosciutto. Mariella nascose il sacchettino di stoffa in fondo alla cartella.
- << Precedente
- 1
- 2
- 3
- 4
- …
- 27
- Prossima >>