La prima volta non conta. La seconda è un indizio. La terza fa una prova.
La terza volta è stata di martedì, una telefonata di mio padre.
Stai attento, c’è questa truffa che gira. So già tutto, gli ho risposto, perché avevo poco tempo e perché effettivamente era la terza volta che me ne parlavano nel giro di una settimana.
Sì, ma fammi dire, ha proseguito lui. È bene che te lo dica, e tu lo dica a tua madre, perché voi siete delle persone emotive, e questa truffa, ha detto mio padre, punta proprio sull’emotività.
Andrea, sei gentile, ma ho poco tempo ti devo salutare, ho un appuntamento per pranzo.
Sono dei professionisti, riescono a imitare la voce. Non la voce, la tua voce. Alla perfezione.
So già tutto, sei la terza persona che me ne parla.
E tua madre? Lei lo sa?
Diglielo tu, ho risposto per tagliare corto, chiamala e spiegaglielo, ho detto prima di attaccare, perché ero di fretta per pranzo, ma anche perché cercavo di favorire un rapporto non mediato tra i miei genitori, soprattutto non mediato da me.
Ma circa la domanda di mio padre, la risposta era sì: anche mia madre sapeva già della truffa telefonica della voce, perché la seconda volta me lo aveva detto proprio lei.
Qualche giorno prima mi aveva raccontato che era successo a sua sorella, la solita voce identica all’originale, la richiesta di soldi. Tutto era assolutamente perfetto, ripeteva mia madre, la voce del figlio rotta dal pianto che chiedeva di correre in banca, l’emergenza, l’imprevisto, e solo una specie di oscura intuizione femminile di mia zia: d’accordo, sono davanti alla banca, ma prima dimmi i nomi delle tue nonne, dimmi i loro nomi e io ti farò subito il bonifico istantaneo, pronuncia quei due nomi e svuoterò per te il mio conto in banca. Così mi raccontava mia madre, e di come la voce identica all’originale, di fronte alla richiesta di quei due nomi femminili, a quel punto avesse taciuto e dopo un attimo riattaccato.
Ma anche quella volta io sapevo già tutto. La prima volta, alcuni giorni prima, dopo la chiusura, una collega mi raccontava di come sua madre fosse stata truffata, la voce di nuovo identica alla voce familiare, e di nuovo la corsa in banca, senza pensare a niente che non fosse la figlia in pericolo mortale, il bonifico istantaneo su un conto corrente estero, dannati siano quelli della banca a non aver sospettato di nulla, diceva la collega, e proseguiva il racconto, di come alla prima telefonata avesse dopo poco fatto seguito una seconda, identica alla prima, con un’ulteriore richiesta: perché una volta che il primo bonifico era passato, questi sapevano che la diga era rotta, che si poteva chiedere qualsiasi cosa.
Io ascoltavo la collega raccontare della truffa della voce, e le chiedevo: ma come fanno?
Hai presente quelle telefonate che ricevi in cui nessuno parla e dopo un po’ riattaccano, in cui tu solamente dici: pronto, chi parla? O anche soltanto: pronto. Basta questo per campionare la voce, basta questo per avere la tua voce pronta per essere usata.
In motorino, mentre andavo a quel pranzo, in ritardo per la chiamata di mio padre, pensavo che se fossi morto, le curve strette della strada, la velocità eccessiva, in ritardo per quel pranzo, pensavo che se fossi morto in un incidente, mio padre e mia madre e anche mia zia, sarebbero stati contattati telefonicamente da qualcuno: pronto.
Mentre acceleravo a una curva, le auto nella direzione opposta che mi abbagliavano, la strada ghiacciata, pensavo che se fossi morto, grazie alla truffa della voce, per mio padre e mia madre sarei stato vivo ancora un po’.
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