Il film non parla di Carol, figlia di un importante avvocato, che s’innamora – ricambiata – di un giovane collega del padre, un entusiasta novellino che si farà le ossa nel celebre “caso Abel”; i due si metteranno insieme all’insaputa del padre e si faranno piedino durante le cene a cui lui sarà invitato per lavoro e con la scusa degli arretrati si tratterrà ancora un po’. Ma dovranno infine lasciarsi, tra strepiti e schiamazzi, in seguito alla cupezza dell’avvocatura che avvolgerà il cuore del giovane.
Quo vado? | Adelphi
Si dice che la casa editrice Adelphi abbia avuto la funzione storica di portare i borghesi rivoluzionari ad assumere posizioni più reazionarie dagli anni settanta in poi.
I 10 migliori film del 2015, secondo noi | Sempre tardi che poi
Gli elenchi sono stupidi perché hanno un inizio e una fine. In più in questo elenco mancano alcuni film “importanti”, film che però ci hanno lasciato indifferenti o hanno lasciato indifferenti alcuni di noi e allora per evitare che ci scannassimo intorno ad un pollo arrosto abbiamo deciso di non metterli. Poi manca l’Italia, del tutto. E il Canada e la Liberia e altre grosse fette di mondo. Il fatto è che non siamo dei perfezionisti e quello che segue è solo un goffo tentativo per non dimenticarci del 2015. Buon anno a tutti, che il vostro 2016 sia un po’ meno disastroso del 2015. E se non lo sarà, ci rimane sempre il cinema. La Bocciofila
Irrational man | Fine corsa
Si può invertire una tendenza? Si può fare un film su un tema universale come il binomio caso-destino, oppure rileggere un tema come per esempio, vediamo… uno qualunque, facciamo il tema del delitto perfetto? Sì può? Si può partire per capodanno, andare a trovare qualcuno che sta lontano e nemmeno si dormirà con lui, ma in un albergo in centro, in quel paese sperduto sulle montagne, con il rumore di un trolley che ci accompagna? Si può? Partire così, invertire una tendenza, andare al cinema alle 18 a vedere Star Wars e poi alle 21.30 a vedere Bella e perduta di Pietro Marcello? Ma quando si mangia? Si può scrivere un pezzo su Guadagnino in cui si parla della ricchezza, di Pantelleria, di Dobermann che scivolano tra le nostre gambe come pesci di fiume, si può? Si può tornare a vedere Allen malgrado tutto, malgrado non abbia più niente da dire, ecco qua, niente di niente, che la sua voce sia solo una rilettura di temi universali che non faranno invertire nessuna tendenza, ma la confermeranno. Così le nostre partenze per Capodanno, i nostri amori spacciati a riempire questi giorni di ferie, le fughe a casa, le sbronze distanti, a sancire che anche domani è vacanza, e certo i nostri cinema a sottolineare niente, dai quali usciremo così, con la nebbia intorno e le micro-particelle d’acqua in bocca. Irrazionale, dici?
Koyaanisqatsi | Non è una recensione a qualcuno o a qualcosa
C’è chi va ai festival e chi rimane a casa a deprimersi guardando un film in streaming. I festival sono interzone di passaggio piene di lustrini, dove la gente pare divertirsi mentre fuma una sigaretta al bistrò. I film in streaming sono opachi anche se li guardi sotto le coperte. C’è chi scrive e chi legge. C’è chi invia le proprie cose e chi le rinchiude dentro ad un cassetto aspettando la volontà di Dio.
Barton Fink | La vita della mente
Uscirà a febbraio negli USA l’ultimo film dei Coen, Ave Cesare, dove si parla della realizzazione di un film e di una serie d’intricate vicende che accadono dietro le quinte. Di mondo della produzione e dietro le quinte i Coen si sono già occupati nel loro quarto film, Barton Fink. Scritto in estasi d’ispirazione in sole tre settimane – un film sul blocco dello scrittore – Barton Fink decolla poi verso altri lidi e possibilità (come spesso accade nei film del duo americano) offrendo l’interessante accoppiata scrittore\serial killer, entrambi mossi dalla stessa compassione per il prossimo e ispirati nei loro atti dalla stessa volontà di alleviare la pena altrui.
Dio esiste e vive a Bruxelles | Piangere al cinema
Il motivo per cui mi piace piangere al cinema è che al cinema si piange sotto gli occhi di tutti, mentre nessuno può vederti. Da un lato il bisogno di riservatezza inculcato da anni di placide passeggiate sui verdi pascoli della buona società, dall’altro il desiderio ossessivo, impellente e imperante di essere compresi, compatiti e amati da ogni singolo essere vivente in soggiorno su questo piccolo e azzurro pianeta. Due spinte diametralmente opposte, soddisfatte contemporaneamente da un unico gesto, plateale e segreto, sacro e sfacciato, al gusto burro, bollicine e grassi saturi.
Fantozzi | 40 anni rigirati come un calzino
Quando ero alle elementari molti dei miei compagni di classe citavano a memoria intere ere geologiche di Fantozzi. Io ero fantozianamente escluso perché i Fantozzi degli anni fine-ottanta e novanta proprio non mi piacevano (Superfantozzi; Fantozzi va in pensione, Fantozzi alla riscossa; Fantozzi in paradiso; Fantozzi – Il ritorno; Fantozzi 2000 – La clonazione) e quindi ero per così dire minoritario e fantozziano nel mio tentativo di socializzare con i compagni di scuola così da non sentirmi più un emarginato. In generale, quando li passavano alla tv, io, coadiuvato da mio padre, mia madre e mia sorella maggiore, cambiavo canale esattamente come si butta via un fazzoletto moccicoso. Solo dopo la morte cinematografica di Fantozzi mi è capitato di guardare il Fantozzi del 1975 e Il secondo tragico Fantozzi del 1976 e quello che ho scoperto è che non dovrebbe esistere un solo italiano che non abbia visto almeno una volta Fantozzi.
Due parole sul 56esimo Festival dei pop(oli)
Già che anche per quest’anno è passato il Festival e Ernestina mi guarda dietro ai suoi occhiali dalla montatura leggera, sotto al cappellino, con occhi scintillanti e dice: cosa faremo adesso delle nostre sere? Mentre intorno a noi una piazza assume il venerdì sera come evento reale e in un certo senso qualcosa di cui è vero noi necessariamente assegneremo un valore morale (il lavoro quale alienazione, il week-end quale pillola compensatoria, il capitalismo come continuazione e dispiegamento di concetti giudaico cristiani), ma che di fatto è semplicemente qualcosa che accade, in quella piazza, a quei tavolini, e Ernestina appunto con i suoi occhiali, il suo viso da gran visir del documentario, che poi con fare perentorio (perentorio?) continua il suo discorso dicendo: mi ricorderò sempre di questo Festival, perché Staron mi ha cambiato la vita, come farò a tornare alla fiction dopo questa meraviglia?
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