C’è chi va ai festival e chi rimane a casa a deprimersi guardando un film in streaming. I festival sono interzone di passaggio piene di lustrini, dove la gente pare divertirsi mentre fuma una sigaretta al bistrò. I film in streaming sono opachi anche se li guardi sotto le coperte. C’è chi scrive e chi legge. C’è chi invia le proprie cose e chi le rinchiude dentro ad un cassetto aspettando la volontà di Dio. C’è chi non ha i soldi per farsi correggere da un editor e si ritrova pieno di vergogna a chiedere a qualche conoscente di buttarci un occhio. C’è chi lavora e chi esce la sera. C’è chi scrive a poeti e romanzieri e case editrici e deve aspettare pazientemente e poi aspettare e aspettare e aspettare. C’è chi aspetta qualcosa o qualcuno fino a diventare calvo o grigio o silenzioso, altri che rimangono inaspettatamente pieni di entusiasmo. C’è chi passa il suo tempo a intessere relazioni e a studiare come ottenere like e chi invece pretende di creare capolavori nella solitudine della propria cameretta. Entrambi piangono sotto la luce del comodino. C’è chi ascolta i consigli a priori degli scrittori contemporanei, che poi ce n’è solo uno (di consigli): non scrivete, non inviate roba, non rompeteci le palle, è tutto un mondo saturo, non ne possiamo più. C’è chi dice: è inutile cercare di concludere qualcosa e c’è chi dice: non ho niente da perdere. C’è chi scrive lettere d’amore al papa ed è omosessuale. C’è chi si compra l’automobile e chi fa figli. C’è chi moccola davanti ad una croce ed è ateo. C’è chi ha mandato giustamente a fanculo così tante persone che ora non gli rimane che da mandare a fanculo se stesso. Però non c’è nessuno che non respiri. Respiriamo tutti. C’è chi respira sigarette, smog, buchi nell’ozono, radiazioni, calorie e c’è chi trattiene il fiato per qualche minuto. C’è chi piange al cinema e chi ha il cuore duro come Schwarzenegger. C’è chi studia dieci anni un argomento a scelta e poi insegna sottopagato a dei vecchietti narcolettici o a delle americane in cerca di sesso. C’è chi scrive su 300 e 1 blog tra un timbro postale e l’altro. C’è chi si confida a chi invece non ha nessuna intenzione di ricambiare. C’è chi fa le proprie cose in segreto per paura che venga giù quella maschera così sapientemente costruita. C’è chi fa l’addetto stampa e sogna il Pulizer. C’è chi crede che il proprio stile di vita sia il più idoneo per una vita artistica e critica umilmente gli altri perché non si adeguano al suo sistema. C’è chi accetta di essere pagato 1,17 euro lordi ogni sessanta minuti in previsione di un posto al sole. Non lo so. Non credo che questa sia una recensione a qualcosa o a qualcuno. Non credo che ci sia qualcuno che sbagli o che faccia bene, qualcuno che sia talentuoso o qualcuno no. La bellezza è un concetto sopravvalutato e non credo che salverà il mondo. C’è qualcuno la fuori?
Ci sono ancora persone che si stringono la mano come segno di distinzione sociale. Mi strappano sempre un sorriso sotto i baffi. Ci sono medici analfabeti che si credono Dio in terra e operatori biologici che meriterebbero il Nobel. E viceversa. E viceversa.
C’è, c’è, c’è. Ci sono, ci sono, ci sono.
Potrei concludere questo pezzo dicendo: e poi ci siamo noi di Infugadallabocciofila, ma non mi sembra proprio una cosa ben fatta. Anche perché mica ci siamo tanto. Soprattutto considerando il fatto che c’è chi fa marketing e chi si impicca. C’è chi dichiara guerra al mondo intero solo per ottenere attenzioni. Ci sono milioni di formiche che vengono assassinate ogni giorno da bambini sadici e c’è chi ride ai Cinepanettoni. Io mi sento solo e incompreso ai Cinepanettoni, mi sento un po’ come van Gogh: basta questa sensazione incredibile per farmi piazzare dentro ad un cinema a guardare quella merda, giustificandomi poi col fatto che si deve vedere tutto, trovando strampalate teorie politiche su Checco Zalone e Christian De Sica. Ed è vero che si deve vedere tutto, però mica ci si riesce. Esattamente come nelle case editrici o nel lavoro o nelle relazioni sociali: mica ci riesce a leggere tutto o ad assumere tutti o ad essere amici di tutti, menomale che hanno inventato il tritacarta e il lavoro a nero e Facebook.
Evviva evviva l’era digitale, dove nessun albero verrà più abbattuto per produrre lapis, matite o vecchie pergamene rilegate. La comodità di un click. O un clock. O un c’avete rotto il cazzo industria della carta igienica.
E se vuoi trovare un senso vai per la strada che qualcuno ti dirà qual è la direzione giusta. Anche se non si sa mai se ci si può davvero fidare.
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