di Domenico Ippolito (essi vivono)
Piccole donne | Tutti vogliono toccarmi la pancia
«Il suo è un corpo eccezionale, signora». «Dice?» «Ha un fisico per sfornare bambini». «Non direi». «Non faccia la modesta, qui sotto va tutto a meraviglia». «I punti mi tirano». «Si riassorbiranno». «In che senso?» «Usiamo un materiale di sutura riassorbibile per queste lacerazioni, ci vorranno al massimo sei settimane, non se ne accorgerà nemmeno». «Ah». «Adesso può riprendere i rapporti con suo marito». «Come scusi?» «I rapporti. Con suo marito. Non ha detto che è sposata?» «Sì, sono sposata». «Altrimenti lui se ne trova un’altra». «Posso rivestirmi?» «Sì, abbiamo finito». Sposto le gambe dal supporto, mi siedo sul lettino. Scendo appoggiando la punta dei piedi sul pavimento. Le mattonelle sono gelide, irrigidisco i polpacci, poi i muscoli delle cosce, fino ai glutei. Infilo prima i calzini, poi le mutande, infine i pantaloni. «Mio marito non è così». «Fanno tutti così, si fidi». «Nemmeno mi reggo in piedi». «Può anche non stare in piedi». (ride) «Mi siedo ancora con la ciambella». «Gli uomini hanno bisogno di essere rassicurati quando nasce un figlio, di sentirsi ancora maschi». «Mi serve più tempo». «Quante storie, con un po’ di lubrificante non sentirà niente. E poi non deve per forza partecipare, lo faccia sfogare». «Posso andare adesso?» «Il prossimo controllo è tra quattro settimane, aspetti che fissiamo un appuntamento». «Va bene». «Giovedì 18 alle 15.30?» «Penso di sì». «Non faccia la timida, poi mi racconterà com’è andata».
The Holdovers | I popoli del nord
Il Professore amava i popoli del nord. Quando gli chiedemmo il perché di questa speciale predilezione, egli rispose, senza alcuna reticenza: «I popoli del nord sono irrimediabilmente, strutturalmente, incontestabilmente gentili».
Povere creature | Imparare
Sono sempre stata una ragazza di città fin nel midollo. Ricordo la prima volta che i miei genitori mi hanno portata fuori da Firenze, era per andare a trovare mio zio in campagna.
Paz! | Una di quelle sere
di Alessandro Prosperi (essi vivono)
Perfect days | È solo un problema linguistico
Quel pomeriggio Luca si trattenne al bar più del dovuto. Erano le diciotto e trenta. Sarebbe dovuto passare a far la spesa, tornare a casa e preparare la cena per le venti. L’aveva promesso ad Alessia, ma le sue promesse ultimamente valevano poco. E mentre ordinava un’altra birra, le scrisse un messaggio: “scusa, imprevisti a lavoro, farò tardi. Facciamo pizza stasera?”.
Her | Emotivo
La prima volta non conta. La seconda è un indizio. La terza fa una prova.
C’è ancora domani | La signora dell’obitorio
di Clara Galletti (essi vivono)
L’acchiappasogni | Fortunate coincidenze
Samuele stringe con le dita gonfie e rosse il manico della tazza. È arrabbiato, per questo ha preso a mordersi. Addenta con gli incisivi la pelle sotto le unghie e la trascina fino in fondo alle falangi. Sbuccia le dita come fossero banane. La pelle non fa in tempo a ricrescere che la strappa di nuovo. Le sue dita sono umidicce. Gli altri bambini non vogliono dargli la mano; tutti i giochi che tocca vengono contaminati. «Misurati di nuovo la febbre» sibila la madre, mentre gratta i piatti con una spugna logora. Non si gira a guardarlo. Lui infila un dito in bocca e vola in camera.
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