Dopo le pubblicità di un paio di marche di automobili parte il trailer del nuovo film di Kate Winslet, una grossa produzione di cui non ricordo il titolo che sostanzialmente ricalca l’infallibile ricetta “povera ma talentuosa fanciulla conquista cuori altolocati”. Il tutto è ambientato nel seicento francese, alla corte di Luigi XIV, con profusioni di parrucche, cappelli, ombrellini, vestiti trionfali e orpelli vari. La mia amica si allunga verso di me e mi dice “certo che magari il film fa schifo, però i costumi sono proprio belli”.
Fast and furious 5 | Ninnoli
Non posso dire sia stata una bella giornata – neanche brutta per la verità, è stato solo un altro sacrosanto giorno di doppio lavoro, qualche birretta con gli amici per rifiatare e i piedi che mi trascinano a casa dove è più il tempo di pensare a come lanciarmi in mutande sul divano rispetto a quello che effettivamente impiego per farlo.
Big Hero Six | Videogame
Il vicino di posto pakistano si è impossessato del bracciolo comune. Voliamo sopra i Balcani, in direzione sud-sud-est, meno cinque ore all’arrivo. La nostra compagnia aerea, tranne lo spazio, ci ha fornito quasi tutto: coperta, cuffie cuscino, calzini blu colore della compagnia e un kit di sopravvivenza con dentifricio e mascherina e tappi per le orecchia. Il cibo non è male, se ti piace il genere. A me piace, a Flavio e Walter no, perché qualcuno gli ha detto che non è buono. Anzi mi schifano mentre mangio tutto il menù beef. Poi però il dolce che gli ho offerto se lo sono mangiato, quei deficienti.
Short skin | Un gigantesco prepuzio esistenziale
Ricciolo, vagamente ingobbito, sfigato senza quartiere ma molto molto sensibile: parla livornese o al limite pisano. È questo l’uomo italiano, il paradigma dell’anima nobile di un popolo, secondo il modello di Virzì – che a questo punto si erge a miglior esegeta odierno, qua da noi sullo stivale. Per Chiarini è un uomo/testuggine che tira fuori la testa a fatica, contemporaneamente alla cappella, incastrata nelle strette cerchie del proprio prepuzio.
Fino a qui tutto bene | Ardore
Così una sera ho conosciuto la tipa, ma prima del film, e deh. Era la festa dei trent’anni di Ferro e si stava là a casa sua e c’era molta gente e il vicino di casa non doveva essere felice, per tutta quella musica. Così io e la tipa ci siamo un po’ guardati, attraverso le cose. Come si guarda sempre, in generale, alle feste e si è un po’ bevuto. E niente, lei, deh.
Macaulay Culkin | A pizza day
La vita, direi, è strana. Quantomeno. Nella tribù degli Huli, in Papua Nuova Guinea, il prestigio di un uomo è misurabile dalla sua capigliatura. I cosiddetti “uomini parrucca” si fanno crescere i capelli a dismisura e li acconciano con fiori e con piume d’uccello, uccelli del paradiso. Ogni atto della loro quotidianità è volto all’accrescimento della parrucca, grazie alla quale deterranno più o meno potere e scaleranno più o meno gradini della loro rigida gerarchia sociale. Il potere è esercitato principalmente sulle donne – ça va sans dire – infatti un solo uomo parrucca può impartire ordini a un numero piuttosto cospicuo di donne. Le donne non possono discutere con gli uomini, tanto più se questi hanno una grande parrucca. Esse devono cucinare, procreare e sorvegliare i maiali, mentre gli uomini parrucca cercano le piume più belle e infarciscono i loro rasta di unguenti e fanghiglie varie. Non troppo dissimile qua a Hollywood. In quanto a stranezza, intendo.
Matrix | Dopo Matrix
I gemelli Wachowski si sono impossessati del concetto di deja-vu, dopo Matrix non è stato possibile dire più nulla sul concetto di deja-vu, penso a questo (proprio così) mentre la luce di Aprile trafigge da sinistra il freccia rossa e alla destra si aprono paesaggi del Rinascimento. E’ già successo, questo viaggio a Roma di un week-end, con Diana e la sua famiglia, gli alberghi, i ristoranti, il sole di Roma e la luce di Roma, sempre un treno che ci riporta a casa con i piedi che fanno male, un libro quasi finito nella notte e niente di possibile da dire, sui deja-vu.
1992 | Un haiku per Mulino Bianco
Nelle tristi giornate di Pasqua, piovose, grigie, senza una donna e una famiglia alle spalle, ho guardato con il mio coinquilino Walter, perito agrario, la discussa serie televisiva italiana. Questi sono in ordine sparsi alcuni dei nostri commenti. Le serie, non si dovrebbero guardare mai, nessuna serie.
Bambi | Mia madre, mia madre, mia madre
Un film spaventoso Connie Hugh, un’infermiera americana di origini irlandesi, aveva sedici anni (16) quando partorì il bimbo di 4 chili e mezzo che aveva deciso di chiamare Quentin per alcune ragioni a lei oscure ma semplicemente associabili al fenomeno dell’assonanza – che decide tra l’altro il 95% dei nomi, con buona pace dei nonni. Il cognome del padre era infatti Tarantino e una pronuncia non distratta non manca di sottolineare questa musica: quen-tin-tar-an-tin.
- << Precedente
- 1
- 2
- 3
- 4
- 5
- …
- 8
- Prossima >>