Borraccia, tovaglietta, fazzoletti. «Emma vuoi portare un libro a scuola o chiudo lo zaino?» Antiscivolo per la ginnastica, maglietta di ricambio, salviette. Cazzo mi sono scordata di pulire le scarpe. Vabbè andranno in giardino anche oggi. «Emma metti le scarpe!» Borsa, chiavi. «Emma metti le scarpe che è tardissimo e chiudono il cancello, dai!» Telefono, portafoglio. «Chi mette il giubbotto per primo vince. Pronti partenza via». Devo comprare Tachipirina, Brufen, Betadine, Tachipirina, Brufen, Betadine. Oddio se sento dire mamma un’altra volta. «Emma stai sul marciapiede». Ho messo il deodorante? «Attenta alla cacca del cane, non metterci il piede sopra». Mi devo ricordare di mandare le fatture alla commercialista appena arrivo in ufficio. Ho svuotato l’asciugatrice? Quand’è che scade il prestito della biblioteca? «Pronto babbo, ti chiamo dopo sto portando Emma a scuola». Per venerdì 15 marzo è stato indetto dalla sigla sindacale CSLE uno sciopero generale del personale educativo docente e non docente – dovrò chiedere un altro giorno di smart working. «Divertiti amore, aspetta vieni qui voglio darti un bacio grande». Chiavi della bici, guanti. Ma che cazzo ho in tasca? Ah, i gusci di lumaca. Dai solo quindici minuti di ritardo oggi. «Buongiorno». Ci sono 16 nuove e-mail. 5 task scadono oggi. 2 riunioni. Cristo che capelli di merda. Gentilissimi, in allegato copia di cortesia della fattura in oggetto. Saluti. Promemoria: chiamare pediatra 8-10. Occupato. Messaggio. Buongiorno dottoressa, dovrei prendere appuntamento per la visita di controllo di mia figlia Emma (ha compiuto 4 anni il 5 gennaio). Se preferisce ci sentiamo telefonicamente, grazie. La casa è esplosa. Devo assolutamente pulire casa. Le uova? Ecco il riepilogo dei documenti caricati sul fascicolo aziendale.
Hanno ucciso l’Uomo Ragno | Non mi piace come si baciano gli adulti
Le piastrelle del bagno sono esagoni bianchi e blu. Francesca prova a contarle, le piastrelle, seduta sul water, con le gambe ciondoloni e i piedi che sfiorano il pavimento. Arriva fino a venti, a volte venticinque, poi gli occhi si confondono e ricomincia. Il rubinetto del lavandino gocciola. Otto, nove, dieci. «Ce l’ho!» Sabrina spalanca la porta senza bussare. Sabrina non bussa mai.
La teta asustada | Tuberi
Lineas Entre dos Mundos Il primo reggiseno era stato bianco, in cotone morbido, con un ricamo lungo il bordo. Lo aveva comprato zia Stefania, alla merceria del paese, dicendole che il seno ballonzolava ed era una vergogna. «O metti il reggiseno o smetti di correre con i maschi in mezzo alla strada» aveva detto. Lei aveva undici anni e smise di correre con i maschi in mezzo alla strada. Quando la zia le chiese perché non portasse il reggiseno, lei rispose che la strizzava da non respirare. La zia la chiuse in camera: «Ci vuole già la seconda misura». Tornò con un pacchetto identico al primo dal contenuto più abbondante. Evitava di mostrarlo, il reggiseno. Teneva sempre una canottiera sotto la maglietta, anche d’estate. «No che non ho caldo, si sta benissimo» diceva. Quando si accorse che i maschi si interessavano alle sue forme, curvò le spalle, tirò indietro il petto e sputò l’aria fuori dal torace.
Piccole donne | Tutti vogliono toccarmi la pancia
«Il suo è un corpo eccezionale, signora». «Dice?» «Ha un fisico per sfornare bambini». «Non direi». «Non faccia la modesta, qui sotto va tutto a meraviglia». «I punti mi tirano». «Si riassorbiranno». «In che senso?» «Usiamo un materiale di sutura riassorbibile per queste lacerazioni, ci vorranno al massimo sei settimane, non se ne accorgerà nemmeno». «Ah». «Adesso può riprendere i rapporti con suo marito». «Come scusi?» «I rapporti. Con suo marito. Non ha detto che è sposata?» «Sì, sono sposata». «Altrimenti lui se ne trova un’altra». «Posso rivestirmi?» «Sì, abbiamo finito». Sposto le gambe dal supporto, mi siedo sul lettino. Scendo appoggiando la punta dei piedi sul pavimento. Le mattonelle sono gelide, irrigidisco i polpacci, poi i muscoli delle cosce, fino ai glutei. Infilo prima i calzini, poi le mutande, infine i pantaloni. «Mio marito non è così». «Fanno tutti così, si fidi». «Nemmeno mi reggo in piedi». «Può anche non stare in piedi». (ride) «Mi siedo ancora con la ciambella». «Gli uomini hanno bisogno di essere rassicurati quando nasce un figlio, di sentirsi ancora maschi». «Mi serve più tempo». «Quante storie, con un po’ di lubrificante non sentirà niente. E poi non deve per forza partecipare, lo faccia sfogare». «Posso andare adesso?» «Il prossimo controllo è tra quattro settimane, aspetti che fissiamo un appuntamento». «Va bene». «Giovedì 18 alle 15.30?» «Penso di sì». «Non faccia la timida, poi mi racconterà com’è andata».
Normal People | Walkman
Alla fine dell’estate ci scambiavamo un oggetto, qualcosa da stringere una volta arrivati a casa, in città, per ricordare di essere ancora vivi. Lui mi diede la sua maglietta.
Intervallo di terza | Le scale
LEGGI LE PUNTATE PRECEDENTI «Stai bene?» Il Campa si sporgeva dalla porta del bagno. «È il bagno delle femmine», ha detto la Manna. «E tu che ci fai nel bagno delle femmine?» «Sei uno stronzo».
Super Mario Bros. Movie | Zabaione
A casa della nonna c’era una sola regola: non uscire prima delle quattro. In realtà c’erano molte altre regole ma questa era l’unica che rispettavamo. «Ci sono persone che sono uscite prima delle quattro e sono morte» diceva nonna per spaventarci, o forse perché una volta era successo davvero, non lo so, di fatto, io e i cugini non ci azzardavamo a mettere il naso fuori dal cancello. Ce ne stavamo nel grande salone, scalzi, con i piedi neri e le mani appiccicose, le imposte socchiuse. Appoggiavamo la fronte ai vetri delle finestre e guardavamo i passanti dagli spiragli delle persiane: stupide gambe o eroici mezzi busti si scomponevano in quelle fessure, noi spalancavamo gli occhi, increduli e ammirati, e aspettavamo l’inesorabile fine.
La vita bugiarda degli adulti | Stretti
«Qualcuno può rispondere?». «Vado io». «Se è tua zia dille che non ci sono». «E dove sei». «Inventa qualcosa». «E che cosa». «Che ne so, dille che sono dal dottore». «Perché dal dottore? È un controllo o non stai bene?». «Ma non importa, dille che sono dal dottore e basta». «Come non importa, se me lo chiede cosa rispondo?». «Allora dille che è solo un controllo». «E che controllo è? Devi fare anche le analisi del sangue?». «La spesa, sono andata a fare la spesa». «Sei uscita a piedi o in macchina?». «Rispondi a quel telefono».
Wanna | Lardosa
«Di quanto sei?» «Non sono incinta, ho partorito da poco». Mia figlia ha due anni. Dopo la gravidanza e diciannove mesi di allattamento il mio corpo è cambiato. Non è una questione di chili, nemmeno di centimetri. Le forme sono diverse. La pelle si distende e si contrae per accogliere, contenere, abbracciare. La mia carne è terra per saltare e spingere, è erba per contorcersi e rotolarsi, acqua per affondare, perdersi, tornare a vivere. Sono una mappa di imperfezioni da esplorare con la punta del dito, da graffiare e scavare per cercarne la sorgente. Io sono tua, io sono te.
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