di Mario Greco L’uomo guarda fuori, la fronte appoggiata al finestrino. L’anziana donna coi capelli turchini si sporge verso di lui e lo costringe a voltarsi. «Sa una cosa,» dice, «lei somiglia incredibilmente a Gary Cooper. L’attore, tiene presente?» Poi aggiunge che a Genova ha una figlia sposata, che quando era piccola somigliava a Shirley Temple. «Riccioli d’oro, tiene presente?»
La ragazza d’autunno | La guerra (non) è finita
Nel quartiere nuovo sono ancora alla ricerca di un bar per fare colazione. Quando dico “nuovo” non intendo che il quartiere sia di recente costruzione e non è neanche vero che da poco tempo mi sono trasferito in questa zona, due anni, tuttavia continuo a pensarlo così: nuovo.
Cannes 2019 | C’era una volta… in Riviera
Com’è andato Cannes 2019? Secondo la maggior parte di critici e giornalisti molto bene: nel concorso principale si sono viste ottime pellicole, alcune punte di diamante e vari film che potrebbero avere un buon riscontro di pubblico.
Un affare di famiglia | Il taccheggio come principio di realtà
Il titolo originale del film di Hirokazu Kore’eda che ha fatto sballare i critici al festival di Cannes è Manbiki kazoku, che in giapponese significa più o meno “la famiglia dedita al taccheggio”. Come spesso avviene, tuttavia, in italiano il titolo è stato reso in maniera piuttosto libera, facendo sparire ogni genere di riferimento ad appropriazioni indebite e tenendo invece l’unica parte che interessava alla distribuzione: la famiglia. La manovra, certamente giustificata da beghe di traduzione e marketing, ha tuttavia qualcosa di profondamente ingiusto, e ricorda quelle storie in cui il giovanotto ordinario con la testa sulle spalle rimedia il cabinato e l’impiego di lusso, mentre al ragazzetto scapestrato con un innegabile parterre di talenti non resta che sgobbare in qualche laido magazzino e sposare una rigida dieta di alcool e carboidrati. Per quanto non troppo attraente se sbattuto su manifesti 40×60, il limpido concetto di taccheggio è pur sempre intriso di un mix di creatività, adattabilità e disperazione mai eguagliato da nessun altra forma d’arte e/o pratica sportiva, ed è triste saperlo iniquamente estromesso dalle bacheche dei cinema italiani. In un intempestivo moto di contrappasso ecco dunque quattro storie di taccheggio come ciò che in effetti è: autorappresentazione, atto performativo, rivendicazione estetica, affermazione sociale e in una parola principio di realtà.
Venezia 2018 | Que viva Mexico!
I film Fin dalla presentazione del programma, le aspettative per il Festival di Venezia di quest’anno erano molto alte e non sono state disattese. Tutti ne parlano come di una delle migliori edizioni degli ultimi anni.
The Square | Quadrati dentro quadrati dentro quadrati
Quadrato n. 1 – Dal diario di Alvar Strandberg, operaio Oggi abbiamo montato quella nuova installazione di merda per il museo: un quadrato di led bianchi in mezzo alla piazza.
Sicilian ghost story | Vacanze negli anni ’90
Giugno, prima di ogni altra cosa, è quando finisce la scuola. Finisce, la scuola, anche adesso che ho trent’anni, anche adesso che non finisce più per me, perché per me è finita tanto tempo fa. Quando la scuola finisce iniziano le vacanze estive: un’automobile familiare con il baule magnetico sul tettuccio, la borsa frigo, i blocchi di ghiaccio sintetico e lunghe ore di attesa in autostrada senza aria condizionata, controllando gli aggiornamenti sulla viabilità.
È solo la fine del mondo | Buone feste a te e famiglia
Per sopravvivere ai pranzi di famiglia ho una strategia. Immagino di avere una grande notizia da comunicare, un’informazione deflagrante, che esploda dalla mia bocca per propagarsi nella stanza con un’onda d’urto straordinaria. Il lampadario si staccherebbe dal soffitto sfracellandosi sul pavimento in un carnevale di schegge taglienti; le posate, i piatti e i tovaglioli verrebbero spazzati via per finire frantumati contro le pareti; i vetri delle finestre polverizzati dall’impatto con cento spalle invisibili; i quadri uno dietro l’altro andrebbero giù dai chiodi, le pesanti cornici schiantate con colpi secchi; le tappezzerie, strappate via dai divani, oscillerebbero per un attimo nell’aria prima di adagiarsi a terra. Tra schizzi di vino e grumi di cibo sospesi in attesa di incontrare un ostacolo, sarei salva.
The Salesman | Il nuovo film di Asghar Farhadi, che ha vinto molti premi a Cannes
Sono andata a vedere il nuovo film di Asghar Farhadi, che ha vinto molti premi a Cannes. Il nuovo film di Asghar Farhadi si chiama The Salesman, perché è in qualche modo ispirato a Morte di un commesso viaggiatore di Arthur Miller. Durante il film, i personaggi partecipano a un gruppo di teatro che mette in scena esattamente questo spettacolo, e litigano e sbagliano le battute e passano molto tempo a truccarsi. Il protagonista del film interpreta anche il protagonista dello spettacolo, e lo stesso succede con la protagonista. Morte di un commesso viaggiatore parla del sogno americano, del posto fisso, delle famiglie che non funzionano mai e poi alla fine lui muore. Il nuovo film di Asghar Farhadi parla delle tensioni tra le persone, di un’aggressione che forse c’è stata e forse no, dell’Iran e poi alla fine qualcuno muore. Io non l’ho capito bene cosa c’entri Arthur Miller con il nuovo film di Asghar Farhadi, cioè dove sia il richiamo effettivo, quello che ti fa riprendere addirittura il titolo, ma forse è perché sono una spettatrice disattenta, non del tutto capace di cogliere riferimenti complessi.