di Roberta De Tomi A volte, l’unica cosa di cui abbiamo bisogno, è una doppia dose di coraggio. La versi nel bicchierino e poi giù, alla goccia, dopo aver strizzato la polpa di limone tra i denti. Ma no, non sto facendo un corso da bevitrice di bar – che sarebbe la mia seconda vocazione –. Il mio obiettivo è rompere gli schemi degli algoritmi, eludendo la censura social che fa differenza tra una chiappa e un capezzolo. Questa immagine vìola gli Standard della Community.
Scompartimento n. 6 | Di fronte al mare
di Mima Ardi Si china a raccogliere la felpa dalla sabbia e ci si avvolge facendone un asciugamano. Lo stabilimento è chiuso e così gli ombrelloni. La stagione non è cominciata, fa freddo. Forse non era il caso di fare il bagno, pensa. Sedendosi sulla sabbia, Emma guarda l’altra ragazza. L’ha conosciuta in treno, il treno ha fatto tappa lì per tre ore ed entrambe hanno raggiunto la spiaggia. La indaga, ma cerca di non farglielo vedere e sputa parole per divagare. Con una premura che ancora non ha niente a che fare con l’affetto, le dice: «mettila anche sul resto del corpo che ti ustioni, no?»
Anne at 13,000 ft | β Geminorum
di Francesca Cassanelli Le pareti del vano scala sono ricoperte di fogli A4 disposti a spirale. Intravedo facce sorridenti e corpi stilizzati intrappolati tra due strisce orizzontali verdi e blu. La terra e il cielo. Più su, invece, solo ammassi aperti di colore e agglomerati di polvere, idrogeno e tempera. La classe del bambino si chiama Polluce ed è all’ultimo piano dell’edificio. Una volta lì, respiro a occhi chiusi per depressurizzare il corpo. Polluce si trova al centro della costellazione dei Gemelli.
Midnight Mass | Non mi perdoni, Padre
Di Laura Scaramozzino
Vanilla Sky | Sognare di cadere
di Filippo Cerri
The Walk | È solo un gioco
Mina ha deciso di farlo, vuole essere coraggiosa. Non si tratta di una scelta logica, ma istintiva. Necessità, dovere e dogma: attraverserà lo spazio su quel filo sottilissimo per arrivare dall’altra parte.
Made in Hong Kong | Visione triste
Ci stacchiamo e piombiamo di schiena sul materasso, ansimanti e bagnati, uno accanto all’altra. Sto ancora vibrando per l’orgasmo, il calore dall’inguine si è diffuso in tutto il corpo, un’unica brace che fra poco si spegnerà.
Lei si accende una siga e me ne passa un’altra. Piegandomi, avvicino la punta alla sua scintilla, i nostri fiati si ritrovano attraverso le ceneri e allontanano il freddo ancora per qualche minuto. Stiamo lì distesi, il fumo sale lento a dipingere il soffitto, lo inseguo con gli occhi.
«Cosa faresti se morissi?» mi chiede.
Il cielo sopra Berlino | Doppelgänger
Nel luglio del 2018, quando il caldo estivo cominciò ad annebbiare e offuscare l’aria in cui il pensiero dovrebbe muoversi liberamente, decisi che era giunto il momento di tornare a Berlino, con la speranza di sfuggire a una indeterminata sensazione di vuoto, intrecciata ad una altrettanto vaga percezione di stare perdendo la chiarezza del ragionamento, potenziali derive, queste, che stavano prendendo il largo dentro di me, e dovute, pensai, alla conclusione di un periodo durante il quale mi era parso di intravedere la possibilità di uno sviluppo positivo di una questione che aveva un che di propizio e che mi stava molto a cuore, da molti anni.
C’eravamo tanto amati | I bambini che piangono nei film
Mio nipote di 4 anni mi ha chiesto: «Chi è Hans Werner Henze?». In realtà non lo ha detto proprio così, ha detto una cosa tipo hanzeiderenz tanto che inizialmente pensavo contasse in tedesco. Stava pure finendo di masticare la sogliola. Gli ho risposto, mentre toglievo i bicchieri colorati in plastica rigida dal tavolo: «era un compositore tedesco con la Maserati che fumava troppo». Nel dirlo, ho notato che i poveri chiamano le automobili per metonimia, utilizzando cioè il nome del brand per indicare l’auto, con l’articolo femminile. I ricchi fanno lo stesso, ma col maschile. Il Maserati, il BMW, il Porche, il Ferrari. A dire la Ferrari, la BMW, la Maserati, sono solo quelli che queste automobili non possono permettersele.