Giorgio arrivò al deposito quando fuori era ancora buio. Lo smartwatch segnava le 5:58 e un battito cardiaco di 80 bpm. Evitò la macchinetta del caffè e i colleghi del primo turno che chiacchieravano prima di iniziare. Andò dritto in postazione, infilò lo zaino sotto il casellario e iniziò a lavorare.
Perfect days | È solo un problema linguistico
Quel pomeriggio Luca si trattenne al bar più del dovuto. Erano le diciotto e trenta. Sarebbe dovuto passare a far la spesa, tornare a casa e preparare la cena per le venti. L’aveva promesso ad Alessia, ma le sue promesse ultimamente valevano poco. E mentre ordinava un’altra birra, le scrisse un messaggio: “scusa, imprevisti a lavoro, farò tardi. Facciamo pizza stasera?”.
Intervallo di terza | Il bar
LEGGI LE PUNTATE PRECEDENTI Era proprio lì, alla fine della scalinata, accanto al mezzobusto del marchese. La Manna ha corso a perdifiato per raggiungerlo, afferrargli il braccio, costringerlo a voltarsi e trovare il coraggio di urlare: «eccomi, dimmi tutto!
Nomadland | Diventare grandi
Era il 1998, avevo 18 anni e il mio primo, regolare, lavoro: contratto, busta paga, stipendio. Facevo il lavapiatti nella cucina di un villaggio vacanze capace di ospitare, a pieno regime, oltre 1000 persone. Non avevo di che lamentarmi. Era il 1998, lavoravo come addetto alla preparazione di frutta e insalata nel ristorante di un campeggio. Si lavorava 15 ore al giorno ma ne pagavano 6. L’alloggio del personale era composto da delle roulotte dismesse. Dall’esterno aveva l’aria di un accampamento rom abusivo. Erano i sobborghi del campeggio, le banlieue, un luogo che i turisti si guardavano bene dall’avvicinare, scansandolo come una cacca di cane sul marciapiede.
Tutti i soldi del mondo | Attenzione, spoiler
di Salvatore Cherchi La storia è questa: nel 1973 viene rapito a Roma il nipote di un magnate del petrolio. Questo magnate è un uomo ricchissimo. Ricco da far schifo. Così ricco che va in giro a dire: «Se uno ha tempo di contare i suoi soldi vuol dire che non è miliardario!».
Smetto quando voglio – Ad Honorem | Una macchina contro la pioggia
È andata più o meno come tutte le volte che piove e tutti decidono di utilizzare l’automobile come ombrello. Si sta comodi, avvolti dal caldo del climatizzatore, cullati dal tergicristallo che fa avanti e indietro quale unico suono in un ambiente ovattato che ci protegge dall’inferno di clacson sgasati e bestemmie che infuria sotto la tormenta e si estende per chilometri e chilometri, tra auto incolonnate e strade intasate come arterie ostruite dal colesterolo. Per fare un breve tragitto, il cui tempo di percorrenza stimato nei giorni di quiete è circa quindici minuti, si impiega un tempo indefinito tra le quattro ore e la vecchiaia.
La scoperta | Il mare d’inverno
In vita mia ho sempre viaggiato in nave, e sono giunto alla conclusione che sia un luogo privilegiato per riflettere sul suicidio. Specialmente se viaggi con un posto in passaggio ponte. D’inverno. D’estate c’è troppa spensieratezza in mano a turisti scalpitanti. Aspettano il traghetto giù al molo, bianchi in viso, incolonnati in auto, camper e moto con gli ammortizzatori compressi. Indossano infradito o scarpe da tennis. Una volta a bordo occupano ristoranti, bar, sale d’attesa, scale, corridoi. Gonfiano materassini, srotolano teli mare, inforcano i cappucci delle felpe e legano zaini e valigie e cani tra loro. Poi cominciano a mangiare, a fare avanti e indietro tra il bar e il bagno. Stanno sui ponti a fumare, a fotografare, a osservare la partenza, a salutare, a telefonare, a bere birre. No. Troppo chiasso.
All eyez on me | La vittima è la musica, l’accusa è di omicidio
«I rapper, meglio non conoscerli», dice Scara alla terza birra. Si chiama così per via di un nomignolo adolescenziale: scarafone. I motivi sono intuibili, ma ora, superati i trenta, si porta a letto una tipa a serata. Che poi abbiano quindici anni meno di lui è relativo: trovare flygirl coetanee è sempre più raro. Superati i venti o ventidue anni, nel guardaroba tengono giusto le Stan Smith. Noi ci chiediamo se questo sia un bene o un male, ma mentre io rifletto lui agisce.
Inferno | Una giornata da comparsa
L’appuntamento è alle quattro e trenta del mattino in un vecchio cinema in disuso. La sveglia non suona, ma l’ansia di cannare un appuntamento importante mi fa aprire gli occhi alle quattro e un quarto.