di Giorgio Biferali
Care Crik Crok, siete qui, in questo frigo trasparente più alto di me, che si fa pagare come un juke-box, ma senza musica. C’è solo qualche piccolo rumore, tipo le monete che finiscono chissà dove, con quel clic, che è come se questo frigo trasparente mi dicesse che è pronto per qualsiasi richiesta. Poi c’è una macchina interna che si mette in moto e spinge giù quello che ho scelto. Proprio voi, Crik Crok, come ci siete finite in questo posto che è pieno di barelle che passano, di gente che aspetta, che ancora non sa quanto dovrà aspettare? Perché non siete rimaste lì, in quel ricordo, in uno di quei pomeriggi bim bum bam in cui lei mi preparava la merenda?
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Cari Fuori Orario, anche voi qui. Altro che quel programma notturno su Rai 3, quello con la sigla di Patti Smith e quei film strani sottotitolati, pieni di immagini e silenzi. Voi, cornettini, un po’ come i baci con la testa inclinata, mi avete fatto sentire grande quando ero bambino. Che poi neanche mi piacevano i grandi, in fondo lo sapevo che sarebbe stato meglio rimanere bambini, per ridere davvero e non fingere mai di essere felici. Vedevo i grandi al bar fare colazione con cornetto e cappuccino, e non capivo perché. Poi un giorno ho visto voi, nel corridoio della colazione, così lo chiamavo, mentre facevo la spesa insieme a lei. Possiamo prenderli?, le ho chiesto. Sì, ha risposto lei. Il mondo, alle volte, sembra così facile. E anche voi, Fuori Orario, scusate, ma non potevate rimanere lì, nel corridoio della colazione? Anche perché è una vita che non vado più a fare la spesa con lei. Lei che è da qualche parte, qui vicino, tra poco mi diranno dove, sono giorni che la spostano da una stanza all’altra.
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Cari TUC, no, non posso pranzare con voi. Per me eravate sempre troppo o troppo poco, ma eravate comunque qualcosa. Una delle poche marche che vedevo alla tv e poi dentro casa, e io vi guardavo come per chiedervi: Ma dov’è che ci siamo già visti? Siete una delle poche cose, dentro questo frigo, che lei adesso può mangiare. Però no, neanche lei può pranzare con voi, oggi.
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Care m&m’s gialle, ma che ci fate anche voi qui? Siete arrivate dopo, me lo ricordo, la prima volta che vi ho visto era quando lei mi ha portato in un multisala pieno di pupazzi giganti dei supereroi Marvel. Ma qui non siamo in un multisala, e nemmeno in un cinema d’essai. Se mi giro potrei anche fingere di essere ancora lì, solo che qui queste luci al neon non le spengono mai. C’è un ambientino, qui, mi dice una signora seduta scomposta che avrà sì e no cinquant’anni. Io la guardo, lei mi guarda, ce l’aveva con me, però non dico nulla. Da romanzo, continua lei. Io le sorrido. Da romanzo non saprei, in realtà, magari da racconto, visto che di romanzi ne ho scritti due negli ultimi due anni e mi sento senza forze, come quella ragazzina di quella serie famosa quando le esce il sangue dal naso. Ma lo penso e basta, non lo dico.
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Cara Pepsi, non ho mai avuto tempo per te, perché non ho mai tradito la tua più grande nemica. Pensa che di lei so anche gli ingredienti a memoria.scusa, non mi sei mai piaciuta, e in più adesso dovrei parlare con il nefrologo. Che poi l’ho scoperto qui cos’è un nefrologo, cioè non qui, su Google, la nefrologia è quella branca della medicina interna che si occupa delle malattie renali. Comunque mi è passato vicino e sembrava tranquillo, speriamo bene.
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Caro KitKat, com’era bello dividerti. Cari Oreo, non mi sono mai affezionato, sarà che siete arrivati tardi, quando già avevo cominciato a fare la spesa da solo. Cari Loacker, mi mancate in fondo al cuore, eravate i nostri biscotti preferiti, tranne d’estate, che in frigo diventavate lastre di ghiaccio e fuori vi scioglievate. Cari succhi yoga all’albicocca e alla pesca, grazie di tutto.
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Cari tramezzini preconfezionati, numero 53, avevo quasi pensato di scegliere voi, ma poi, ecco, è successo, ve ne sarete accorti dalla mia faccia. Stavo per premere sul 5, avevo già inserito le monete, ed è arrivato il nefrologo. Mi ha detto che lei sta meglio. Anche se in faccia è un po’ grigia e fatica a camminare da sola, la possono dimettere.
Mi sono affacciato, l’ho vista, lei mi ha visto, ha alzato il pugno come per dire che ce l’aveva fatta, ancora una volta. Allora ecco, cari tramezzini, mi tengo tutta la fame che ho fino a stasera, quando mangeremo, io e lei, come una volta, fuori da qui.
Giorgio Biferali è nato a Roma nel 1988. Scrive romanzi e insegna al liceo, ma questo non lo fa sentire comunque ancora un adulto.
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