di Marco Marrucci
Che poi son cose che succedono. Uno sale in macchina di fretta, dice quartiere e indirizzo e l’altro gli dà il benvenuto così. Ci si resta male. E io lo capisco. Lo capisco, sa? Bisogna essere empatici. Empatici. Si pronuncia così, vero?
Insomma, cercare di avvicinarsi alle persone. Ci sono il lavoro, la famiglia, i quattrini, le tasse, gli orari della metropolitana, le scadenze, le malattie e tutto il resto, però un uomo come si deve, un uomo che abbia uno scopo nella vita, intendo, non può dedicarsi solo al proprio benessere, ai propri affari. Bisogna restare uniti. Aiutarsi.
Per questo le domando scusa se l’ho aggredita quando è entrato, le domando scusa davvero. Dal profondo del cuore. Sono gli inconvenienti del mestiere. Lei non se li immagina neppure gli inconvenienti di questo mestiere.
A proposito, posso chiederle che lavoro fa? L’avvocato? Il medico? O forse è un politico. Un senatore, magari. Qualche anno fa ho portato al Langham il signor Palantine quando non era ancora presidente. Se ne stava lì, proprio dov’è seduto lei ora, e indossava un abito identico al suo.
È per questo che le chiedo che lavoro fa. Con un vestito come quello non può essere certo un magazziniere. O un taxista. Io un vestito come il suo non ce l’ho mai avuto. Dico sul serio. Non saprei neanche come indossarlo. E a che mi servirebbe, poi? Giro tutta la notte in taxi, dalle sei del pomeriggio alle sei del mattino, e quando si scorrazza per l’intera città in un orario simile non c’è alcuna ragione di essere eleganti.
Perché io mi faccio tutti i quartieri, sa? Lei vuole andare a Long Island e mi sta bene, ce la porto. Però potrei portarla nel Bronx come ad Harlem. Lavoro anche a Brooklyn, che è un posto in cui molti dei miei colleghi non metterebbero il culo neanche per il doppio della tariffa.
Eppure li capisco. Ogni volta che riporto la macchina in garage dopo una notte nei bassifondi devo ripulire i sedili, sono sempre impiastrati. Mi lanciano le uova sul parabrezza per farmi sbandare. Per rapinarmi, capisce? Quando le parlavo degli inconvenienti del mestiere è a questo che mi riferivo. Vengono fuori gli animali più strani, di notte.
Puttane, sfruttatori, mendicanti, drogati, assassini. Li vedo tutti quanti. Tutte le notti.
Sui marciapiedi, ai semafori, davanti alle tavole calde, nei parcheggi.
E mi dico: un giorno o l’altro verrà finalmente il diluvio universale e ripulirà le strade una volta per sempre. Qualcuno butterà nel cesso tutta questa immondizia e poi tirerà l’acqua. Una bella ripulita. Un nuovo inizio.
Ma poi penso. Senta qua, ascolti bene. Poi penso che tutta questa gente fa la vita che fa per colpa di persone come lei. Persone con il vestito da millecinquecento dollari e la carriera politica e le ambizioni, la villa nell’Upper East Side e la tessera del Golf Club.
Perché lei ce l’ha la tessera del Golf Club, vero? Dica la verità.
Ha la tessera del Golf Club e la Cadillac Eldorado e gli investimenti in borsa e la cassaforte coi Rolex e le feste a bordo piscina, e allora non c’è motivo, non c’è giustizia nello sperare che il diluvio universale si porti via i magnaccia e gli strozzini e gli ubriachi e i borseggiatori e i criminali se poi rimanete voi che siete cento volte peggiori, mille volte peggiori.
È questo che mi viene da pensare.
E quando succede capisco che c’è bisogno di farla finita con voialtri, che da qualcuno si deve pur cominciare.
E allora le domando ancora scusa se l’ho aggredita quando è salito sul mio taxi con il vestito uguale a quello del signor Palantine, se le ho puntato contro una 44 Magnum, se le ho disintegrato la faccia con un proiettile e ora la accompagno a Long Island in una pozza di sangue, ma come le dicevo, da qualcuno si deve pur cominciare.
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