Di Benedetta Bendinelli
Muove quelle mani rinsecchite davanti la mia faccia, storte, come quelle di Schiele, e cerca di convincermi del fatto che Tom Cruise sia il più grande attore dei nostri tempi, di tutti i tempi.
Sulla mensola alle spalle del letto accartocciato, ci sono centinaia di film raggruppati in ordine promiscuo e ne pesca uno al volo con quell’indice scheletrico. Il telecomando, pieno di polvere e di cenere che gli cade dalla bocca, lo tiene sempre lui,. Ogni tanto lo scuote con un gesto secco, un tic nervoso che gli fa perdere il controllo del braccio destro e all’improvviso lo lancia all’indietro, sfiorando l’orecchio.
– Robe del genere non si vedono più. – Scuote la Marlboro sulle lenzuola. Mi fa schifo ma tanto deve dormirci lui.
– Evita di commentare tutte le scene, per piacere – Lo avverto che prima o poi me ne vado e non torno più in questa cuccia sudata, piena di acari e film di merda. Ha scelto qualcosa di vecchio.
– Senti che dice adesso – Incrocia le gambe e mi invita ad ascoltare con attenzione. “Una cosa possiamo tirarla fuori da questa piccola festa di Cyrus” A parlare è un attore biondo, l’ho già visto da qualche parte ma qui è molto più giovane. Continua a biascicare attraverso l’importante fessura degli incisivi. “Una pelle con una fichetta nuova. Mi andrebbe un frego sgusciarmi una di primo pelo.” Anton ride e scuote ancora la Marlboro. – Ha detto sgusciarmi o sbaglio? – Un gruppetto di ragazzi vestiti come Jimi Hendrix si infila in un vagone della metro, sotto la ruota panoramica di Coney Island gocciolano i titoli di testa, rossi come sangue. Stanno andando tutti nel Bronx dove Cyrus, il capo dei Riffs, ha riunito per una tregua temporanea tutte le gang di New York. Vuole combattere la criminalità organizzata, dice, e cagare in testa a tutti. Mentre parla dal palco, avvolto in una vestaglia di seta marrone, una pistola passa di mano in mano e all’improvviso esplode un colpo. Cyrus è morto, gli hanno sparato.
“Sono stati i Guerrieri! Li ho visti, loro hanno ammazzato Cyrus!” Anton mi guarda soddisfatto perché sa già che la guerra è cominciata. Si capisce che a sparare non sono stati i Guerrieri ma Luther, il capo dei Rogues, un tizio candeggiato dall’aspetto malato, con la bandana nera intorno alla testa e i capelli unti sopra le spalle. “Linciamo l’assassino” Dice Luther.
– Ti ricorda qualcosa? – Mi chiede Anton roteando la mano intorno all’orecchio. Non mi ricorda nulla, magari tutta quella storia di Amanda Knox.
– Gli Electric Eliminators hanno le giacche più fighe e i Moon Runners il nome più bello.
– E quei tipi con le mazze di legno?
– Loro sono i Baseball Furies, dei coglioni di Riverside Park che non sanno fare a botte. – Conosce nomi e quartieri a memoria.
“Vi pisciamo addosso” urla uno dei Guerrieri. “Spastici con le palle mosce” fa eco una voce da qualche parte. Negli anni ottanta forse succedeva davvero, si potevano usare certe parole. Mia madre me lo dice spesso che la nostra generazione è politicamente corretta ma socialmente squilibrata. Dice che siamo un branco di senzapalle. Una volta si poteva dire di tutto e comportarsi comunque in modo decente, crede che adesso facciamo il contrario.
Una ragazza si unisce al gruppo. “Stai zitta troia!”
– Sbaglio o ha detto troia?
– Non sbagli mai, ha detto t-r-o-i-a.
Swan, il guerriero a torso nudo che sta sempre ingrugnito, la prende per un braccio e la strattona. Questo è troppo anche per gli anni ottanta, anche per mia madre. – Come fai a guardare questa roba? – Anton non risponde perché sta già assaporando con la lingua la prossima scena e un’altra sigaretta. “Super muscoli questa canzone è per voi” La speaker della radio commenta la notte delle gang, i Guerrieri stanno menando tutti e si dirigono verso la spiaggia di Coney Island per la resa dei conti. Arriva un energumeno con gli occhiali a specchio, Anton si sganascia dal ridere perché indossa una vestaglia nera di paillettes. È finito. Me ne vado a casa e trovo mia madre che prepara il pranzo per me e mia sorella.
– Ho visto i Guerrieri della notte, che razza di film facevano ai tuoi tempi?
– A me faceva impazzire Denzel Washington con quella specie di accappatoio con le paillettes.
– Non era Denzel Washington, mamma.
– Ah no? L’ho confuso con un altro nero.
– Hai detto nero o sbaglio?
Benedetta Bendinelli (Lucca, 1985) pubblica articoli e racconti per varie riviste di narrativa. Collabora con l’Associazione Cultural-Editoriale ThreeFaces e pubblica attivamente per la rivista free-press Streetbook magazine. Tra le recenti pubblicazioni: racconti brevi per il Corriere Fiorentino, per il progetto The Ground Tour Project e con il racconto Vita da Cane è tra gli scrittori presenti nell’antologia ODI – quindici declinazioni di un sentimento (Effequ). Ha scritto anche altro per altri.
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