Sono nel mio salotto, ascolto Errol Garner e bevo Coca-Cola. Mi odio perché sono in ritardo sulla consegna di questo racconto: “Caffo, il suo peffo è esilarante” dico tra me con 5 sigarette in bocca, mentre leggo l’ultimo racconto della mia amica e collega F. su Pretend It’s a City, documentario su Fran Lebowitz: “Ma scusa, come sarebbe a dire: ora che ho scritto di New York non puoi più scrivere di New York? Certo che puoi scrivere di New York scema, il mio racconto parla di ADSL. E poi New York è New York” ecco cosa mi ha detto F. qualche giorno fa, quando ci siamo incontrate in una strada affollata del centro, all’uscita del centro Tiscali.
Vi dico subito che questo racconto significa tanto per me, è intriso d’amore. Un giorno tornerò a rileggerlo e mi scenderà una lacrima, per questa ragione deve essere bello, ci voglio piangere di commozione e non di imbarazzo per come scrivessi male o per quanto poco fossi brava a esprimere l’amore. Sono su di giri perché devo darvi una notizia importantissima, che sicuramente cambierà tutto:
Andrò a New York!
Lo ridico perché mi piace vederlo scritto:
Andrò a New York!
Devo partire da così tanto tempo che mi sembra di non aver vissuto nel presente fino ad adesso, non c’ero, stavo solo per partire.
Non parto domani. Parto tra un anno, perché non se ne parla di perdermi la riapertura dei Cinemini in Italia….
Cosa spinge a partire?
È un’estate di pochi anni fa e mi sto preparando per una festa di Pitti. Vi ricordate quegli eventi in cui tutti si annoiano tranne i poveri? Il mio outfit è perfetto ma mi sembra che le mie braccia siano enormi. Mi sembrano talmente enormi che per un po’ penso di non andare alla festa. Poi mi guardo allo specchio e dico: “idiota, per una volta che hai l’invito non vai? Sarà una serata fantastica”. Allora vado, vado. Si respira l’aria di una serata importante, anche se non lo è troppo. Una di quelle serate in cui rincontri il tuo primo fidanzatino del liceo vestito come il grande Gatsby che ti dice che ora studia cinema. Infatti va proprio come ho appena detto. Ci fanno una foto insieme che non ho mai reso pubblica a causa delle mie enormi braccia. All’improvviso sono nel privé con un importante-personalità-del-mondo-della-moda-cui-non-farò-il-nome che conosco. Sta fluttuando in un fitto gruppo di gente come un imperatore romano su di un triclinio invisibile e mi dice: “so che sei partita, hai fatto proprio bene. Mi raccomando, dopo Parigi c’è solo New York”. Ora, non è che a me interessasse molto dell’opinione di quell’importante-personalità-del-mondo-della-moda-di-cui-non-farò-il-nome, ma a volte la gente ti lancia queste profezie e per un insieme di elementi che contribuiscono a rendere il tutto suggestivo, ad esempio lo champagne, tu le prendi per buone: “sarai qualcuno…” ma qualcuno chi? Cosa? Perché nessuno finisce mai le profezie? Sono tutti ubriachi? Poi magari arriva il giorno in cui qualcuno con la stessa sicurezza ti dice: “dopo Parigi c’è solo Mosca” e tu nel frattempo hai sbagliato tutto e vivi già a New York da anni, con figli, cani e tutto il resto.Sono i rischi della night life e della cattiva letteratura. Rischi che sono pronta a correre. Penso che sia iniziato tutto lì, ma forse è stato un crescendo inarrestabile, un film americano dopo l’altro mi hanno reso il mostro che sono. Ora che ci penso però c’è stato un colpo di grazia: quando scoprii Jonas Mekas. Era un uggioso gennaio parigino quando vidi As i Was Moving Ahead Occasionally I Saw Brief Glimpses of Beauty. Quelle immagini mi cambiarono. Prima d’allora avevo visto New York in tutte le salse (tranne dal vivo), ma non avevo mai visto un gatto alla finestra, a New York. Una strada illuminata dal sole, a New York. Allora capii.
Nei giorni in cui lavoravo alla libreria (Cinemini | Le cinema du Panthéon, o meglio, La librairie du cinéma du Panthéon) trovai abbandonato in uno scaffale un libro che racchiudeva 20 anni di cronache di Jonas Mekas sui cinemini di New York e i film che ci aveva visto. Lo guardavo così intensamente che alla fine dello stage me lo fecero comprare, con uno strabiliante sconto di due euro perché avevo lavorato lì. Eccone un estratto, traduco:
17 Febbraio 1960
Andate sulla 42°strada, dove si può sempre trovare un western. La sala Times Square, che passa solo westerns, è sempre piena, giorno e notte. Una folla triste, delle persone sole, generalmente anziane. È come una casa di riposo, al 100% maschile. Il western americano gli tiene compagnia. Si siedono lì, in mezzo a tutta quella poesia grandiosa che investe lo schermo, e sognano.
Non è magico? In quegli anni Fran Lebowitz era piccola, ma si ricorda ancora di come erano i cinemini. C’era l’aria condizionata, dice lei, quindi d’estate andavano tutti lì, come oggi alla Coop. Penso. Esistono ancora i cinemini della 42° strada? Se esistono riapriranno? E se potessero riaprire e non lo facessero perché sono falliti? Non posso pensarci.
Quello stesso anno sono andata a New York e ho visto le strade illuminate dal sole e un gatto alla finestra. Un mese dopo sono seduta in un ufficio grigio a cercare di convincere un certo Adam ad accettarmi al programma di scambio universitario tra Parigi e New York:
“Capisce che ci sono degli studenti che stanno cercando la cura per la malaria che hanno davvero bisogno di questo scambio? Solo lì troveranno certi corsi.”
“Senta, capisco, ora lei pensa alle vite che può salvare. Ma io DEVO andare a New York. Scrivo una rubrica sui cinema di Parigi e questa rubrica potrebbe evolversi e diventare una rubrica sui cinema di New York. Non dovrei dirle io quanto sono importanti i cinema”.
Lui accoglie il rimprovero, mi guarda nel profondo degli occhi, sospira e mi dice: “Non le prometto niente. Ci sono solo 4 posti”.
Un mese dopo la lettera: sono stata presa! Il mese dopo la pandemia. Tre mesi dopo l’annullamento di tutti scambi internazionali tra università. Inizio una nuova vita. Ripenso alla profezia e ci riprovo. Due mesi fa colloquio su zoom con Adam: “Sa ci sono degli studenti di astrofisica che hanno bisogno…” una settimana fa la lettera…
Andrò a New York! Brindiamo ai Cinemini che verranno!
Ma chi è la personalità del mondo della moda che incontrasti a pitti.. please?
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Molto bello!
Mi piace molto !
Mi ricorda il mio stato d’animo quando sognavo di andare a NY , poi ci sono andata e la realtà ha superato il sogno !
Mi dicevano che ero pazza , ingenua a tentare questa avventura . Invece li’ mi sono realizzata professionalmente e umanamente .
Sono stata felice !
Auguri Viola !