di Carlotta Centonze (essi vivono)
«Ma streghe e stregoni, dal vedere tante loro pratiche non sortire alcun effetto, qualche dubbio dovevano pure averlo, mentre ovviamente non ne avevano coloro che li temevano o che di pratiche stregonesche si credevano affetti – e ancora di più i padri inquisitori e i giudici»
La strega e il capitano, Leonardo Sciascia
Le campane suonavano a morto per la terza volta in quella giornata e Louise aveva ancora negli occhi l’odore secco del campo marsigliese che sognava ogni notte, una distesa paglierina simile al deserto in cui il figlio di Dio aveva conosciuto la dolcezza della tentazione, e che lei cercava di afferrare in sonno come l’ultima immagine prima che il mondo finisse in cenere.
L’indomani padre Gauffridi sarebbe morto, diventando agli occhi di alcune sue ammiratrici ancora più santo. Ne erano responsabili in parti eguali Louise, che con la sua furia si era scagliata su di lui accusandolo, e padre Dompt, l’inquisitore fiammingo, che aveva una fede cieca in Dio e, naturalmente, anche nel Diavolo. Forse pensando così di farla finita con tutto ciò che la legava alla Terra, Louise desiderava ferire a morte Gauffridi. Non era però lui a cui pensava, nel buio della segreta in cui dormiva durante il processo: ella si scaldava infatti nel desiderio di annientare, colpendo Gauffridi, la sua favorita, la piccola, esangue, sventurata Madelaine.
«Come si chiamano i vostri genitori?»
«Jean Pierre e Marie Capeau»
«Dove vivono?»
«Sono morti quando avevo otto anni»
«Chi vi ha cresciuta?»
«Le Orsoline di Marsiglia»
«Conoscete allora la sincerità della fede?»
«Ave Maria, gratia plena…»
«Quando avete abbandonato la strada di Cristo?»
«Le mie preghiere sono sempre cadute inascoltate, tranne quando chiamo il Principe della notte»
«Avete baciato le sue natiche?»
«Vorrei baciare piuttosto le vostre, padre. Scommetto che sono pelose come le sue.»
Louise aveva conosciuto presto l’inappellabilità della morte e l’amarezza della solitudine. Era entrata in convento quando ancora non aveva esplorato che i campi dietro la piccola casa in cui era cresciuta, tra i libri di scuola di suo padre, maestro, e i panni ingrigiti di sua madre. La miseria era un maleficio silenzioso, ma quasi sempre senza scampo per le sue vittime. La prima notte in convento non aveva potuto dormire, tanto si alzavano rimbalzando sulle pareti i fragorosi sospiri delle suore, ognuna afflitta da un segreto male. Imparò presto che il silenzio è d’oro e che anche dietro le mura del convento una ragazza come lei non valeva neanche un capello di una come Madelaine. La vide la prima volta sbirciando attraverso la porta della madre superiora, che stava facendo spogliare la nuova arrivata del suo abito di lavanda, aperto e poi accasciato ai suoi piedi come la corolla un po’ appassita di un pallido fiore. Madelaine tremava e si copriva con le minuscole mani i seni, liberati nella loro delicatezza non appena le fu fatto indossare l’abito monacale di tela grossa. Doveva avere al massimo tredici anni.
«Quando avete saputo che il Diavolo era nascosto nel convento?»
«La sera stessa che quella bambinetta è arrivata, ho avuto terribili convulsioni nel mio letto. Prima di riuscire a dormire ho pregato Dio che mi liberasse. Nel sonno ho sentito che qualcuno si sedeva su di me, all’altezza del petto, bloccandomi in una morsa pelosa. Ho visto Madelaine spogliarsi senza alcun pudore e sorridermi. Dio non ha risposto, allora ho pregato che il Diavolo mi portasse via. E così sono stata esaudita»
«Da chi Madelaine aveva appreso i malefici?»
«Da padre Gauffridi»
«Quali prove avete per sostenerlo?»
«Li ho visti fornicare nel chiostro. Tutte lo sapevano, e Madelaine riempiva il convento con le sue arie d’amore»
«Quali prove, Louise, dei malefici?»
La giovane riempiva lo spazio della segreta con il suo corpo robusto, e più andava avanti a raccontare più sembrava che la segreta si stringesse attorno a lei, mentre padre Dompt si rimpiccioliva. Tanto temeva i racconti di Louise, quanto la sua curiosità lo portava a incalzarla, non arrivando mai a pensare che fossero proprio le sue domande ad accenderne la fantasia.
«Madelaine mi ha portato nella sua stanza. Sotto il letto conservava i capelli di Gauffridi e di alcune suore e li intrecciava con rametti, piccoli rovi e piume raccolti nel chiostro»
«E voi, vi siete fatta traviare da Madelaine? Vi siete accostata nuda a lei e vi siete unite al sabba di Gauffridi?»
«Non pensate di avere a che fare con una stupida. Leviatan mi ha colpito fortemente quando Madelaine mi ha presa con sé in camera sua, ho vomitato una bile scura quella sera. Ho capito che avrei fatto giustizia io nel convento. Voi cosa avete fatto invece?»
Un inverno rigido aveva accompagnato le sferzate della lingua della ragazza. Giunta ora la primavera, con la mollezza che instupidisce anche gli animi più tenaci, padre Dompt si impietosiva per Louise, talvolta sorprendendosi a divagare dall’oggetto dei loro incontri per parlare piuttosto del tempo o delle minute preoccupazioni dei padri domenicani.
«Sa che Gauffridi viene da quelle montagne? Anche la migliore tempra di un mistico cede all’amore acerbo di una nobile fanciulla.» Accostatasi alla finestra, guardava dritto in volto padre Dompt, sapendo che non aveva mai tenuto in mano una donna e godendo spavalda del suo rossore. L’uomo allora rabbrividiva di nuovo e ascoltava i racconti di Louise come chi vede svelati gli intimi segreti del buio: chi siede in fondo alla notte? Chi ci guarda mentre sogniamo? Quali sono i segni dell’amore carnale e della sodomia diabolica? Tremando di paura, bruciava con Louise e si inorgogliva dell’impresa di estirpare il peccato. Nei suoi testi raccoglieva ogni dettaglio con la scrupolosità dello scrivano del Diavolo.
«Louise, è oggi il giorno del sollievo. Padre Gauffridi viene interrogato per l’ultima volta dalla commissione. I cappuccini hanno raccolto la confessione cruciale dall’imputato. Madelaine è chiusa in una segreta, pazza e con la bava alla bocca si battezza con le ossa dei teschi, chiede perdono e accusa Gauffridi di tutto. Avete vinto. Si sono placati i mostri che abitano dentro di voi?»
«Padre Dompt, parlate come un agnello di Dio, senza nessuna eleganza. Se tutto avverrà come deve, morirò anche io»
«Confessatevi allora, e gioite che il giorno del giudizio venga per voi in un’ora di quiete e di vittoria sul male»
«Volete sentire ancora una volta la storia del sabba e di come sono stata spogliata e posseduta dal Principe, dinnanzi alle vecchie streghe butterate? O volete sapere di Madelaine, dell’odore che hanno i suoi capelli sparsi nell’orgia?»
«Qualunque cosa alleggerisca il tuo cuore e la tua coscienza».
«Allora padre, sappiate che domani le ossa nere di un uomo si aggiungeranno alle altre, e se non morirò, continuerò a compiere la giustizia sulla Terra. I vermi divoreranno quel che rimane nelle sue orbite e lui non potrà più possedere la sua piccola iniziata. Le donne stregate, una plebaglia di serve assetate d’amore, leccheranno i vermi e la carne, e si uniranno a Gauffridi sotto forma di animale».
«Continua, Louise, continua così, che possa Dio liberarti dal male!»
Le tempie di padre Dompt vibravano, la sua vista si offuscava come per una cataratta, mentre il pallore nel volto e nel corpo di Louise, che faceva spiccare i suo occhi scuri e i seni rotondi premuti dal vestito, si tingeva di un lieve rossore, come se il cuore le risalisse in superficie a testimoniare la sua intima soddisfazione, di averlo tratto in inganno.
«Vi piace ascoltarmi, padre. Voi amate il Principe più di quanto non lo ami io, perché è lui a cucire il vostro abito da prete. Ma solo uno sciocco cerca la verità nei racconti di una donna.»
«Strega! Non è Gauffridi colpevole di quello che avete confessato finora?»
«Il Diavolo è il padre della menzogna e io sono sua figlia».
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