di Moïse Leon Rutz
(essi vivono)
Io gliel’avevo detto porcamadonna, gliel’avevo detto al Fra che non si gioca con ‘ste cose, cazzo ti ricordi la Giulia con la ouija, cazzo non si è più ripresa porcodio, è ancora in psichiatria quella crista, ma lui niente, ma va’ zio è una figata, non hai idea, devi provare, ma COL CAZZO Fra, col cazzo, io gliel’ho detto subito, non si scherza con ‘ste cose, cazzo si sa, non puoi sapere il cazzo che richiami, ma diocane non possiamo drogarci come al solito?
Che poi dove cazzo l’ha trovata, li ho visti i video di quella merda ma era tipo in Spagna, non pensavo che ce n’erano di più, lui dice che gliel’ha data il Dennis al bosco, sì il Dennis, quel rimasto di merda, ma cristo ti fideresti mai a prendergli qualcosa da lui, ma io manco le rocce le divido con quelli così, no invece lui c’è stato lì a parlare, si è fatto spiegare tutto come funziona, e il Dennis gliel’ha regalata che dice che lui ormai li vede anche senza, che è come se è sempre fatto e quindi manco si buca più, infatti gliel’ha spacciata tipo cura, dai Fra così ti disintossichi anche tu, sì me lo immagino che glielo dice sputando, senza più un dente figa, e il Fra è sparato fuori, mi fa Michi fidati è meglio della roba, altro che il suboxone, è meglio della roba, ma Fra ti ripeto COL CAZZO, ma io mi tengo la roba mille anni, porcodio preferisco crepare domani nei cessi del treno che beccarmi una maledizione e venire torturato all’inferno per l’eternità, l’eternità diocane, sai checcazzo vuol dire?
Ma no, lui tutto convinto che si credeva pure che mo’ si stava ripulendo, e mi fa vieni dai che stase lo faccio con Claudia, e io gliel’ho detto subito, Framacheccazzo, la Cla gli è morta la madre l’anno scorso, cazzo non mi pare una buona idea, ma poi cazzo ammettilo che lo fai solo perché vuoi farti figo, ma dai cazzo non c’è bisogno, te la scopi anche senza checcazzofai, ma ormai gliel’aveva già detto, tesoro vedrai è la volta buona che ne usciamo, ne usciamo assieme, e lei che si è tutta gasata e già iniziava a dire una volta in ketch ci ho parlato con mia madre, però era strana, era come sott’acqua, ma io ci credo che era lei, cioè non vuol dire se era nella mia testa, cioè noi checcazzo ne sappiamo, magari il cervello per loro è il portale, cioè per parlare con noi dico, ma non è che allora è meno reale, cioè Michi lo dici sempre anche tu che la realtà è tutta una costruzione della mente.
E io annuivo, sì porcodio mai sopportati i materialisti, ma iniziava già a salirmi un po’ d’ansia, ero lì che ciucciavo tipo la terza siga di fila, poi finalmente siamo arrivati al macello abbandonato, ci siamo piazzati lì sotto alle scale, per terra tra i cocci di cemento armato, diocane ho fatto un po’ di spazio che c’erano un tot di bottiglie rotte, che poi con tutta ‘sta polvere al buio le schegge manco si vedono bene, madonna la gente è incivile, figa qua ci dormono, almeno pulisci.
E niente, io sono lì che preparo la stagna e mi arrotolo il cannino, e il Fra subito la tira fuori dallo zaino, ‘sta cazzo di mano gelida piena di segni, sembra tipo rinsecchita, madonna fa para solo a guardarla, e il Fra non si ferma un attimo, trascina in qua la sedia da giardino, cazzo mai visto il Fra posticipare la droga, e infatti anche la Cla lo guarda tipo ma scusa ma prima non fumiamo?
No, no, fidati amo, dai fallo prima tu, la mette su di peso e le lega la cintura all’ombelico, dove c’ha il piercing, vedrai ti piacerà un sacco, lei sorride e sbuffa allo stesso tempo, si passa i palmi sulle gambe mentre la frangetta le si sposta, è nervosa e lo cerca con lo sguardo, ma il Fra è completamente dissociato, accende la candela e tira fuori il cellulare, ti tengo il tempo, le mette davanti la mano come fosse la sua, sai cosa dire, lei la stringe e accenna una risata forzata
parla con me
Si blocca di colpo e non sorride più, fissa il vuoto e le trema la palpebra, sembra come se ha paura.
Gira la testa ma il Fra non ci sta più dentro, fidati amo dillo, ci sei quasi, lei sta per piangere, lo urla
ti lascio entrare
Il collo scatta all’indietro e i suoi occhi, i suoi occhi porcodio, sembra un’overdose ma lì sono bianchi tipo del nulla, questi invece sono neri, un nero pieno di troppe cose.
Moïse Leon Rutz
Nato nel 1999 a Bellinzona, vive a Como e studia Lettere Moderne mentre lavora come magazziniere. Ha pubblicato racconti con In fuga dalla bocciofila, Topsy Kretts, Streetbook Magazine (della cui redazione è entrato a far parte a fine 2021) e nell’antologia La pelle di Milano (Mondadori, 2023).
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