Se Poetarum Silva fosse un film sarebbe Strade Perdute – Lost Highway di David Lynch. Un noir moderno, costruito perfettamente sull’inconscio dei personaggi. Esattamente come chi scrive su Poetarum.
Se conoscete questo classico di Lynch, e provate a ripensare alla trama, (ma ce l’ha davvero una trama?), potreste chiedervi quale sia il nesso. Nessuno, se non gli intenti, le atmosfere, la mente.
Ci piace il mood, abbiamo accolto testi di persone che dicevano di venire da un luogo non pervenuto, forse alieno. Ci fidiamo, non tracciamo confini. Come la scena della telefonata durante il party.
Le parole, su Poetarum Silva, come le immagini che Fred Madison, il protagonista fuori di senno, crede di vedere, sono come scatole cinesi, tutto è una vertigine del pensiero, tutto è surreale.
Ogni vicenda ha più versioni, più verità, più bugie, più io, le narrazioni sono doppie, non c’è un filone, c’è l’estro. Uno spazio etereo fra realtà e immaginazione (lì vale tutto per noi).
Ci sono storie, poesie, racconti, critiche, autrici e autori che non vivono di un’unica interpretazione.
Che non la vogliono e non la cercano, un’unica interpretazione. Esattamente come Lynch nella sua pellicola.
Notare bene: nessuno fa la fine Renée qui, ma sappiamo perfettamente che la scrittura può essere fatale come Alice, fatale come un’arma, come un killer, come l’ego. Nessuna censura.
E quindi? Chissà. Un po’ come il finale senza un vero finale di Lost Highway.
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