Essi Vivono ST02, ep7
di Stefano Giannetti
«Ma porca troia, Dario. Che cazzo è quello?»
«Un pigiamino. Verde, neutro.»
«Intendevo “che significa?”!»
«Prendimi per pazzo, ma stamattina, quando ho incontrato Elena e Tommaso che uscivano dal negozio premaman… avranno una femmina, lei è una mongolfiera… non ho resistito.»
«Ti ho già detto che…»
«Lo so che mi hai detto. Ma quei due mi hanno illuminato. È quello il modo di fare, Rebecca. Reagire. Invece di vedere sempre grigio. Lo so che è un periodo di merda, non sono cieco. Ancora non mi abituo al dover scegliere ogni giorno se usare la mia tanica d’acqua per bere o lavarmi! Però lo accetto e il domani voglio costruirlo, dobbiamo costruirlo! Ascolta, non me ne frega un cazzo di quella Dafne. Non pensiamoci più…
Ma… Cosa? Cos’è? Non starà mica innaffiando ‘sta stronza qua sopra? Lo sa che non può?»
No. Dai vasi non scende una goccia. Dal cielo, sì. Perdio.
«Piove! Piove, Rebecca! Questo è un segno! Vedi che non è tutto grigio?»
Peccato. Ci ho sempre sguazzato nel grigio. Così mi diceva Dafne, col j’accuse nei suoi occhi, appunto, grigi. I suoi capelli, invece, cambiavano colore ogni mese. Coi vestiti faceva abbinamenti di tonalità azzardatissimi.
Tre settimane fa, non mi parve vero d’averla rivista dopo anni, quando è venuta a fare la fila all’autobotte da Prenestina Centocelle qui a Labicano. Imbrogliando. Lo fanno tanti. Vanno a prendere l’acqua negli altri quartieri oltre a quelli dove sono assegnati per le loro razioni. Così spesso i rifornimenti non bastano per tutti quelli che hanno aspettato ore sotto il sole e iniziano proteste e risse. La verità è che a controllare tutto ‘sto casino l’amministrazione e i militari non ce la fanno.
Dafne ora vive insieme ad altri cinque artisti di strada come lei, e ognuno di loro fa il giro dei quartieri prendendo più acqua del dovuto. Ho conosciuto i suoi coinquilini dieci giorni fa, quando ci hanno trovate a scopare nel loro appartamento. Si sono incazzati, ma solo perché, se Dafne li avesse avvisati, ci avrebbero lasciato casa libera. Quel pomeriggio ero uscita per la razione ma poi andai diretta da lei. Tornai a casa senz’acqua e Dario s’insospettì. La volta dopo m’ha seguita. Mi vide baciare insistentemente Dafne che invece cercava di respingermi, incazzata. Ce l’aveva con me perché era rimasta folgorata da questi nostri incontri e voleva una cosa seria, ma io di lasciare mio marito non me la sentivo.
Le rispondevo “a che serve fare casino, se tra poco moriremo tutti di sete e di malattie?”; non immaginavo certo che dopo tre anni di siccità avrebbe piovuto di nuovo.
Una cosa seria e Dafne: parole che non riesco a far stare nella stessa frase, se ripenso a lei ai tempi dell’università. Dafne. La mia colorata mina vagante. Con Dario uscivo e scopavo. Con lei, di nascosto, scopavo e venivo. Quando tutti e tre stavamo finendo la facoltà di Lettere, sia io che Dafne sapevamo che avrei scelto tra lei e lui. Lei sapeva prima di me chi avrei scelto, tra la bomba eccitante senza direzione e quel coglione dai vestiti eleganti e sempre stirati, i capelli laccati e quel naso a punta che gli reggeva gli occhiali spessi e gli tagliava l’aria che gli andava contro quando camminava. Quando marciava. Dafne sapeva e non fece storie.
Ora però, mi rinfaccia tutto. Dice che ho troppe rughe e le tette troppo cadenti per potermi permettere ancora di stare impalata.
È vero, ho paura. Questa omega che stava facendo impazzire tutti mi coccolava, ma oggi mi ha tradita, è diventata alfa: oggi piove, a Roma. Piove addosso a ‘sto povero stronzo coi capelli e la camicia appiccicati addosso che mi guarda e ride. Piove sul minuscolo pigiama che tiene ancora in mano e l’acqua, colpendolo, ne cambia la tonalità di verde. Lo rende più intenso.
No. Non vado sul balcone, non voglio bagnarmi. Non con lui.
Corro verso la porta, lo sento che urla il mio nome. Esco dall’appartamento, mi fiondo giù per le scale. Dario mi rincorre, sono sempre stata più veloce io. Esco dal palazzo, fuori c’è un casino di gente che balla, si stringe e ride sotto la pioggia, riesco lo stesso a sentire ancora Dario gridare dietro di me.
«Rebecca!»
Mentre continuo a correre, grido anch’io.
«Dafne!»
complimenti, futuristico
Grazie Giorgio, il merito però è tutto del film 😉