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In fuga dalla bocciofila

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Seinfeld - Giovanni Marco Maggio - In fuga dalla bocciofila

Seinfeld | Ok Google

21 Ottobre 2022 di Redazione

Essi Vivono ST02, ep02

 

di Giovanni Marco Maggio

 

 

 

Esordisco dicendo che sono una persona talmente disabituata a qualsiasi definizione di benessere economico che quando salgo al settimo piano di un palazzo dopo un po’ inizio a perdere sangue dal naso per colpa dell’altitudine. Così, quando mi invitano a un aperitivo sul rooftop con la vista migliore sulla città, mi parte la tremarella al pensiero di quello che potrebbe accadere di fronte a un gruppo di semisconosciuti. Finisce però che accetto. Non so bene cosa aspettarmi, ma pregusto una cospicua presenza di casi umani e subumani pronti a darsi battaglia nell’ambito gioco di chi si mostra più impegnato professionalmente e chi più attento agli ultimi aggiornamenti in fatto di diritti civili delle popolazioni papuane.

Non mi sbagliavo, e in questa sede mi limito a dire che le tre punte di diamante della serata sono il CEO di una start up che organizza eventi soft-porn per studenti universitari, la responsabile risorse umane di una grande società di consulenza e un aspirante globetrotter che gira il mondo con i soldi ereditati da uno zio ex missino. I raghi, è così che si chiamano tra di loro, ordinano tre Negroni sbagliati; per non essere io a sentirmi sbagliato, faccio lo stesso. Mi infilo le dita nel naso: nessun segno di epistassi, sto bene. E pensate che questi sono solo per riscaldarci, strepitano in coro, to get the party started, punto esclamativo. Il mio imbarazzo è palpabile e lo occulto con qualche faccetta presa dal mio repertorio. Piazzo un sorriso di circostanza ogni sette minuti, dico ovvietà scorticanti di vario tipo, come: «nessuno ammetteva di votare Berlusconi, eppure ce lo trovavamo sempre là, o sbaglio?». Come potevano non darmi ragione. Accompagno una ragazza che è amica storica dei tre soggetti e degli altri quattro presenti, con cui non ho avuto il piacere di interagire. Hanno fatto il liceo assieme, ricordano, e io, non avendo fatto il liceo, non so cosa significhi, ma è una frase che ho sentito pronunciare talmente spesso che deve avere evidenti implicazioni di carattere sociale sentimentale escatologico che a me sfuggono, proprio per il fatto che dicevo prima, ovvero che non ho fatto il liceo ma un istituto tecnico né male né bene in provincia. Ogni tanto lei mi tocca il ginocchio, sa del mio problema, ma è tutto sotto controllo. Mi sorride, le sorrido.

A un certo punto della bella serata il CEO se ne esce con ‘sto fatto che la vita e il successo e la realizzazione personale sono tutte solo ed esclusivamente e nient’altro che una banale questione di volontà: “fortissimamente volli”, cita il pagliaccio, «basta impegnarsi e you can make it, prendete me come esempio». Mando giù l’ultimo sorso del mio Negroni e ne ordino un altro. La cameriera ci porta un vassoietto di stuzzichini, cioè tartine e mandorle tostate, niente di più. I raghi ne addentano un paio e dicono che sono buonissimi ma sono una chiavica. La globetrotter – che in realtà si fa chiamare in un altro modo che non ricordo, una definizione più al passo con i tempi – annuncia di essere in partenza. Va a Malindi con non so quale accompagnatore e mi dispiace distrarmi e perdermi il sostantivo che precede l’aggettivo sensoriale. Comincio ad avvertire un liquido fuoriuscire dalle mie narici, ci passo sopra il fazzoletto di tessuto, è in effetti sangue. Ci siamo. Mi alzo e, già di spalle per non farmi vedere, dico che vado al bagno. In quel momento la tizia che si occupa di risorse umane comincia a svapare una sigaretta elettronica al sapore di Babybel perché, sostiene, «fa così anni novanta». Cosa cazzo sta succedendo, mi interrogo, dove sono finito. Decido di cominciare a correre a perdifiato verso la Clio terza serie che ho parcheggiato fuori dal locale. Non passerò dal bagno, devo scappare lontano. Prima di farlo però tiro fuori la lingua e rivolgo una sonora pernacchia ai presenti, mentre il mio labbro superiore e le mie gengive vengono inondati dal sangue e il colletto della mia camicia Alcott si chiazza di rosso-marrone e la ragazza che è con me si copre gli occhi sconvolta. Urlo frasi insensate, blatero, cito senza motivo Yukio Mishima e giuro che non so chi sia Yukio Mishima.

“Dopo questa è finita”, mi scrive lei pochi minuti dopo, “hai esagerato”. Sono ancora in macchina, non ho nemmeno messo in moto: “lo so”, rispondo, e metto un punto alla fine. Mi dice “addio, però scrivimi quando non hai niente da fare che non si può mai sapere, da ubriachi un limone in amicizia non si nega a nessuno”. Emoji felice. Per tornare a casa avvio il navigatore, disconosco il reticolo del centro e non voglio finire dentro la ZTL. Fermo a un semaforo, mentre mi perdo nelle movenze di un barbone che balla Cacao Meravigliao, esclamo ok Google. Sento il bip, poi faccio «senti Google, come faccio a trovare la mia anima gemella?». Scatta il verde e l’assistente vocale mi risponde che secondo Basha Kaplan e Gali Prince per trovare la propria anima gemella occorre vivere l’amicizia amorosa, vale a dire quel rapporto più vicino all’amore spirituale in cui le due persone accettano tutto l’uno dell’altro, compresi i difetti. Non ho capito niente della risposta ma ormai sono sotto casa, spengo la macchina e apro lo sportello. Ricevo un altro messaggio: “ah, recita, guarda che mi devi dieci euro per il Negroni che hai bevuto e dieci per quello che non hai bevuto, puoi mandarmeli su PayPal”.

 

Giovanni Marco Maggio è nato a Marsala nel 1993. Vive, lavora e scrive a Roma. Alcuni dei suoi racconti sono stati pubblicati o saranno pubblicati su Risme, micorrize, Fantastico!, Pastrengo, Marvin, Rivista Blam, Atomi di Oblique Studio e ILDA – I libri degli altri. Non è lui il vincitore del Premio Strega 2022.

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