di Mima Ardi
Si china a raccogliere la felpa dalla sabbia e ci si avvolge facendone un asciugamano. Lo stabilimento è chiuso e così gli ombrelloni. La stagione non è cominciata, fa freddo. Forse non era il caso di fare il bagno, pensa. Sedendosi sulla sabbia, Emma guarda l’altra ragazza. L’ha conosciuta in treno, il treno ha fatto tappa lì per tre ore ed entrambe hanno raggiunto la spiaggia. La indaga, ma cerca di non farglielo vedere e sputa parole per divagare. Con una premura che ancora non ha niente a che fare con l’affetto, le dice: «mettila anche sul resto del corpo che ti ustioni, no?»
Marianna continua a spargere la crema soltanto sulle spalle. Anche lei ha freddo. Poi si sdraia sulla propria maglietta e chiude gli occhi. Il suo volto è imperscrutabile. Emma tiene i piedi sotto alla sabbia scaldata dal sole e guarda le gocce che dai capelli ci cadono sopra. Vorrebbe chiedere a Marianna altro su quella cosa, ma si impegna per non farlo. Le dice: «non ti dà fastidio che la sabbia si incastri sotto le unghie?»
«No, a te sì?»
«Un po’», risponde Emma muovendo le dita tra i granelli.
Marianna fa spallucce.
«È bello qui», commenta Emma.
«Sì». Marianna accenna un sorriso.
Emma infila i piedi ancora più a fondo nella sabbia e in tono dolce le chiede: «sì?»
«Sì».
Marianna allunga una mano verso i pantaloni appallottolati lì a fianco, li tasta fino a trovare la tasca e tira fuori una sigaretta. Apre gli occhi e la accende. Poi li chiude di nuovo, ma adesso svela qualcosa in più di prima: un’espressione inquieta. «E se ci stanchiamo di stare qui?» dice.
Emma solleva la testa per guardarla e i nervi del suo collo diventano più visibili. «Ti sei già stancata?» le chiede.
«No, così. Vorrei capire che fare, capisci».
Emma sorride e cerca di alleggerirle l’angoscia che ha percepito: «Ma che devi fare? Siamo di fronte al mare, goditelo».
«Ma sì», risponde Marianna, «dico per capire in generale. Qui ci sto bene, non dicevo questo».
Emma si fa più seriosa, la guarda negli occhi: «beh, di sicuro là non ci torni, questo l’hai capito, no? Al resto dopo ci pensi».
Marianna annuisce e spegne la sigaretta sulla sabbia.
«Sei tranquilla?» aggiunge Emma.
«Sì, e tu?»
«Sì».
Marianna ha ancora gli occhi chiusi, si lascia andare in un sospiro sottile e resta ferma. Adesso non si preoccupa di quello che le sta attorno. Sa che c’è Emma e di questo non ha paura. Emma la guarda mentre fa quel sospiro segreto, la guarda di nascosto. Poi sposta gli occhi verso il basso. Tira fuori i piedi dalla sabbia, li scrolla dai granelli e li tiene fermi sotto il sole per qualche secondo, ripensando: “Sei tranquilla? Sì, e tu? Sì”.
Forse se non deve avere l’ansia di risolvere le cose degli altri, non deve averla nemmeno di risolvere le proprie, pensa. Vorrebbe domandare altro a Marianna, sì, ma non lo fa. Forse è così che dovrebbe fare per starle vicina: starle vicina e basta. In quell’istante Marianna le parla.
«Ti va un altro bagno?»
Emma ha ancora i brividi ma fa cenno di sì. Raggiungono la riva, fanno qualche passo nei primi metri d’acqua e poi si immergono. Marianna prende fiato e nuota sott’acqua. Dopo qualche istante tira fuori la testa e asciuga inutilmente gli occhi con le mani bagnate. Emma galleggia accanto a lei, con il corpo rivolto verso l’alto, a braccia aperte, come si faceva da bambini. Marianna rilassa i muscoli e fa lo stesso. Guardando il cielo, allunga la mano verso quella di Emma e gliela stringe con dolcezza. Sente che lei ricambia. Non dicono niente, sono vicine e basta.
Emma resta a galla, Marianna fa un’ultima immersione. Poi esce dall’acqua. Sulla riva vede un bambino, a qualche metro di distanza, inginocchiato e con la testa rivolta verso il basso, che osserva insistentemente qualcosa. Lei si avvicina, curiosa di capire cosa. Lui, percependo la sua ombra sulla sabbia, si volta a guardarla. Marianna solleva una mano per accennare un saluto ma lui, già tornato a fissare il pesce, la precede: «come si fa a capire se un pesce è morto?»
«Non saprei, l’hai trovato così?»
«Sì».
«Magari sta dormendo».
«Ma no! I pesci dormono in acqua».
«Ah, è vero, è vero».
«Allora è morto», bofonchia il bambino.
«Se sta così fermo da un po’, penso di sì, mi sa che è morto».
«Ah», risponde lui gettando la faccia tra le mani.
Si sente una voce di donna chiamare il bambino. Lui si volta, biascica un ciao senza sollevare lo sguardo e si allontana, correndo. Marianna guarda il pesce un altro istante, poi passeggia lentamente nei dintorni strisciando i piedi sulla sabbia e aspettando Emma. Ogni cosa sembra in transizione. Si volta verso gli ombrelloni chiusi in lontananza. Sono passati pochi istanti ma il bambino è già lontano. Guarda un’altra volta il mare. Emma sta nuotando. Stanno bene entrambe, adesso che sono insieme, lì, loro due e basta.
Marianna continua a strisciare i piedi e raggiunge un’altra volta il pesce. Adesso, le sembra di notare qualcosa. Per lo stupore, aggrotta le sopracciglia e si china. L’animale sta muovendo leggermente le branchie. Lo guarda, ancora. È davvero inutile cercare di capire tutto, si dice. Si volta ancora verso Emma. Ha ragione lei, pensa. Più si crede di aver capito qualcosa, più saranno le conferme di averlo capito male. Tanto vale non capirlo affatto. Afferra il pesce per la coda e lo getta in mare.
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