di Dario De Marco
Ti svegliano urlando da un sonno senza sogno e ti gettano nudo in un posto grandissimo. E tu urli e piangi e poi inizi a camminare e a cacciare indietro le lacrime perché non c’è tempo, e poi non c’è motivo, ti dicono. E ti fanno credere che hai un compito importante importantissimo da svolgere e per questo sei lì, e devi perché in qualche maniera sei obbligato nei loro confronti, e tu annuisci riconoscente ma non hai capito nulla e non ricordi dov’eri prima né qual è il tuo vero nome. Apprendi anche la logica e una parvenza di raziocinio ma alla prova dei fatti si rivelano solo parole, vuote.
Sei confuso, non capisci ma continui, per inerzia o perché credi che in fondo ne valga la pena (ti hanno regalato o promesso qualcosina e ti sei accontentato, probabilmente).
In certi momenti pensi di essere vicino alla verità, o almeno a qualcosa di molto importante, ma quando tenti di mostrare la tua idea a qualcuno te la accartoccia come un aereo di carta. E ti parlano anche di queste due entità, la vita e la morte, l’una la guardi senza capirla, l’altra la temi senza conoscerla. E ciò che chiamano arte non ti sembra più assurdo o inverosimile della realtà che vorrebbe rappresentare.
Ti sforzi anche di svolgere diligentemente il tuo compito (il loro obiettivo è diventato il tuo obiettivo, ormai), ma inevitabilmente ogni tuo tentativo si conclude con una sconfitta. Sei perplesso, non ricordi, non comprendi e non sai come comportarti. Sei coinvolto in accadimenti ai quali non hai deciso di partecipare, né di non partecipare.
Dormi, ma in maniera inquieta, vuoi riposare da fatiche incomprensibili ma non ti riesce. E poi un giorno qualunque ti uccidono, ti fanno morire senza un motivo, così come ti hanno fatto nascere e vivere. O meglio intuisci che una ragione può esserci, dietro la tua morte e il resto, ma ti è ignota, e adesso per sempre. E crepi per di più con l’amarezza che sia colpa tua, perché ti hanno lasciato sospettare che forse c’è stato almeno un momento in cui la scelta era in tuo potere, per dire no e cambiare la successione ineluttabile e necessaria di cause ed effetti che ti ha portato a questo, ma il momento è passato senza che tu te ne accorgessi. Stringi gli occhi, e l’ultimo respiro ti rimane in gola.
E, infine, tutto con la falsa impressione che si tratti di una messinscena.
Dario De Marco, giornalista, ha pubblicato il romanzo Non siamo mai abbastanza (66thand2nd), la non fiction Mia figlia spiegata a mia figlia (LiberAria), il libro di racconti Storie che si biforcano (Wojtek)
Rispondi