Un mio amico (di cui non farò il nome) è solito andare a letto con diverse donne nello stesso periodo. Quando mi racconta, davanti a una birra, i casini in cui si infila, mi dice cose tipo: “lo faccio solo per reincollare i pezzi in cui mi sono frantumato”. Mi dice anche cose tipo: “invidio un po’ la tua vita ordinata e ordinaria”. A volte si spinge fino ad un: “Vorrei mettere su famiglia, fare un figlio e comprare un cane, che nella mia immaginazione sono tutte e tre un po’ la stessa cosa, ma lo vorrei lo stesso”.
Il fine ultimo del matrimonio è la liberazione dal pensiero dell’amore. Almeno questo, in estrema sintesi, sosteneva Proust.
Non so, non ho mai capito, probabilmente non glielo chiederò mai come faccia ad avere tutte quelle donne. In realtà sono un po’ invidioso, che per me imbroccare è sempre scalare una montagna di avversità affettive, ma al contempo la sua etica mi fa tristezza. Non è che sia proprio un bell’uomo. Certo, non è brutto, ma non è neppure Alain Delon o Arthur Miller. Fosse almeno affascinante: sembra sempre un po’ insicuro di sè, vagamente magro, con quel suo outfit da nerd e la parlata strascicata. In effetti ha ancora tutti i capelli e non sono neppure bianchi, però avrà letto sì e no due libri in tutta la sua vita e scommetterei non dopo i tempi del liceo, una vera capra, non sa neppure quando sia stata scritta la costituzione italiana o chi sia l’attuale Presidente della Repubblica.
Un elemento a suo vantaggio è che per diverso tempo ha vissuto fuori dall’Italia, se ne è andato in Islanda a contemplare il ghiaccio e questo ha orlato il suo sguardo di un fascino frigido e vuoto dietro a cui si nasconde la più tonda assenza del pensiero. Credo che alcune donne trovino quel tipo di vuoto psicologico che lo caratterizza assolutamente irresistibile.
L’ultima volta che ci ho parlato, una sera qualsiasi seduti ad un bar, quando gli ho chiesto di quantificare le donne con cui stava uscendo, ha risposto 9.
“Nove? Ma che diamine speri di trovare in tutte quelle vagine? Smeraldi? Segreti? Un Oscar come miglior attore protagonista?”
Incredulo gli ho chiesto di elencarmi i nomi, magari ne conoscevo una. Mi è parso confuso. Ha cominciato a contarle come quando si cerca di ricordare i sette nani (Cucciolo, Eolo, Mammolo, Pisolo, Brontolo, ehm, Cucciolo, ah no, l’ho già detto, allora Brontolo, Eolo, Mammolo, Pisolo, Dotto, Eolo, Mammolo, Cucciolo, Dotto, Pisolo, Eolo, Mammolo, Cucciolo, Mignolo…). Non si ricorda neppure i nomi delle donne con cui va a letto, quest’imbecille. Gli ho chiesto: “scusa ma, quando ci stai, come dire, parlando, come fai, dico, se non ti ricordi il loro nome?”
Ha sorriso tristemente e ha bevuto un sorso della sua birra. Poi, con tono compiaciuto, ha pontificato: “L’essere umano non pronucia mai il nome della persona con cui sta parlando: ci parliamo, non ci chiamiamo”
A volte fa così, il mio amico, afferma verità universali in cui crede solo lui e che gli servono per giustificare qualche sua strana convinzione.
“Ma a me piace chiamare per nome la donna che amo – ho cercato quasi di giustificarmi – è come se la eleggessi ad uno statuto altro rispetto al resto del mondo, chiamandola”
“Sì, certo – ha insistito tristemene il mio amico – ma come la metti con le persone che non ami?”
“Ma non pensi che dopo un po’ fare sesso con persone di cui non te ne importa niente sia una palla noiosissima?”
“Certo che lo è, ma ancora non ho trovato quella giusta”
“L’hai almeno cercata?”
“Di solito sono loro che cercano me” Ha detto con una serietà quasi spaventosa.
Ci ho pensato un po’ su. Ci poteva stare. Con lui un sacco di cose in contraddizione tra loro ci potrebbero stare. Su di lui l’illogicità veste i panni della coerenza.
“Ma se sei con altra gente e vuoi richiamare l’attenzione di una ragazza di cui non ti ricordi il nome, come fai?”
Non sapeva rispondere. Lo faceva e basta.
“Forse con la telepatia?”
“Sì – ha detto – penso intensamente che quella determinata ragazza dovrebbe interessarsi a me, vado da lei e lei mi parla senza che io debba pronunciare il suo nome”
“Ma il nome, il nome della donna che desideri, nella tua bocca, sulla tua lingua, il fatto che il suo nome sia sulle tue labbra – ho protestato io – è già un atto erotico!”
“Sì, lo è – ha risposto candidamente – ma che ci posso fare se non me li ricordo tutti?”
“Ma loro non si arrabbiano mai?”
“Di cosa?”
“Che vai con altre donne”
“Quali altre donne?” Ha sorriso.
“Voglio dire, ma non ti beccano?”
“A volte”
“E non hai paura della loro vendetta?”
“Quale vendetta?”
“Del fatto che magari, che ne so, vogliano prendersi una rivincita su di te e fartela pagare”
E lui mi ha risposto, con quei suoi occhi folli e tristi, quella bocca priva di gioia, quella fissità sua tipica di quando parla con il cuore e fa spavento, ti fa venire un brivido, perché ribalta completamente l’idea che ti eri fatto su di lui e sul senso di tutto quello che ti aveva detto prima, insomma mi ha risposto esattamente questo: “No, paura no, ma spero un giorno di incontrare una donna che sia come Maltida Lutz in Revenge”
“Cioè vuoi essere assassinato da una donna?”
“No – mi ha corretto lui – voglio essere assassinato da una donna che ha ragione”.
Gli ho consigliato: “Dovresti leggerti Valerie Solanas”
Mi ha risposto: “Il manifesto per l’eleminazione dei maschi? È tipo il mio libro preferito – (oltre ad essere uno dei pochi, probabilmente) – Lei è l’unica femminista che io abbia mai rispettato con tutto me stesso”
“Fossi in te – ho mormorato – non ripeterei questa cosa in giro”
“Ma è vero – ha protestato – le donne dovrebbero ucciderci tutti”
Ci ho pensato su. Il mio amico non solo è analfabeta, imbecile e inutile per l’evoluzione della specie, ma pure pazzo. Sarà per questo che alcune donne se ne innamorano così spesso?

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