di Marco Luceri
Difficile prendere minimamente sul serio un film che è il grado zero del cinema. Eppure Pink Flamingos di John Waters è da alcuni anni diventato un cult per incalliti cinefili del trash e della serie zete (bruttissima gente…).
Per uno come me strenuo difensore del canone (non quello televisivo) la merda protagonista del film è solo merda. Però è una merda così merda da essere sublime. Mi ricorda i terribili incubi che si hanno da bambini, quando i genitori, dopo che hai fatto una marachella, invocano l’arrivo di uno spauracchio per farti paura.
In principio fu Tina Pica, poi con gli anni diventò Divine. Che porta nel nome la dimensione scatologica di ogni divismo. Naturalmente ci avrei messo anni a capirlo. Prima dovevo entrare nei Settanta, nel cinema indipendente americano, nei 10.000 dollari di budget con cui Waters batteva quello spilorcio per necessità di Roger Corman, nel grasso che cola di Divine, nella merda d’artista e in tutte le post-neo-sub-avanguardie temibili e immaginabili che ti assillano nella tarda adolescenza testosteronica. Sarà stato per quel postaccio che è Phoenix, Maryland, USA (e dove sennò?) … Sentivo che lei, prima o poi, sarebbe arrivata a punirmi.
Per chi non l’abbia mai incontrata (per fortuna…) Divine è una criminale che vive in una roulotte insieme con il figlio Crackers, un feticista del sesso, la madre Edie, un’anziana obesa ossessionata dalle uova, e l’amica Cotton, una guardona. Connie Marble e il marito, il ladro esibizionista Raymond, sono una coppia di spacciatori e trafficanti di neonati ossessionati dallo status di “persone più disgustose del mondo”. E siamo al gangster-movie.
Per ottenere questo titolo devono strapparlo a Divine e alla sua famiglia. Grazie a una spia, i Marble scoprono dove abita Divine: come regalo di compleanno le fanno avere un pacchetto che contiene feci umane, insieme con un biglietto firmato “le persone più disgustose del mondo”. E siamo allo spy-movie.
Divine va su tutte le furie. I Marbles raggiungono la roulotte durante la bizzarra festa di compleanno della donna. In questo frangente Edie riceve la proposta di matrimonio dell’uomo che le vende le amatissime uova: i due si sposano e partono per il viaggio di nozze. E siamo al melò. Disgustati dai comportamenti oltraggiosi degli invitati (fra cui un uomo nudo che contrae lo sfintere al ritmo della canzone “Surfin’ Bird”, e siamo al porno), i Marble chiamano la polizia, ma gli agenti vengono aggrediti, uccisi e divorati dagli invitati. E siamo all’horror.
In seguito, Divine e Crackers si intrufolano nell’abitazione dei Marbles e leccano mobili e oggetti, gettando così una maledizione sulla casa. Approfittando dell’assenza della famiglia, i Marble bruciano la roulotte di Divine. Divine rientra a casa: sconvolta alla vista delle rovine fumanti, torna con Crackers e Connie dai Marble e li rapisce. Dopo un processo-farsa tenutosi sotto gli occhi entusiasti di un gruppo di giornalisti, Divine dichiara colpevoli i Marble di “stupidità di primo grado”. E siamo al legal-drama. I due vengono incatramati e impiumati e Divine li giustizia personalmente con un colpo di pistola.
Divine, Crackers e Connie si trasferiscono a Boise. Per provare ancora una volta il suo status di “persona più disgustosa del mondo”, Divine mangia un escremento di cane appena sfornato. Insomma, il finale perfetto. Recitato per davvero. Preso dalla vita. Puro realismo di merda.
Ci voleva molto a capire che Pink Flamingos non era la somma di tanti generi messi a centrifugure a casaccio, ma faceva genere a sé? Fu così che il film iniziò seriamente a farmi paura, nel senso che diventava proibito per tutto quello che faceva vedere, sfacciatamente esibito di fronte alla mente (ben)pensante, eppure proprio per questo fatale, come l’Anitona per il Dottor Antonio.
Ai tempi in cui non c’erano ancora YouTube e i suoi sottogeneri (da YouPorn in giù) a creare l’enciclopedia del vedere mordi e fuggi (e crepa), né i social, che fare per soddisfare i piaceri proibiti di un voyeurismo eccedente? L’unica risposta era accontentarsi della pancia, anzi, delle viscere! E accettare di soccombere alle immagini, dimenticando le parole, che al cinema sono sempre troppe e comunque un cacofonico (siamo in tema) di più (si potesse tornare a un cinema muto!).
Divine diventava allora veramente divina, eroina capace di far tutto, pronta a far tutto, meglio di Batman, meglio di Spiderman, perfino meglio di Trump, che ne copiò molti anni dopo l’inconfondibile stile, nel narcistico, irragiungibile mix tra carne, smorfia e trucco. Disgustosamente fieri di essere così.
Dove la potevo trovare una così anche nella realtà? Fu la domanda che mi fregò del tutto. Stupido, pensai, la realtà è sempre troppo piccola per contenere anche solo un singolo fotogramma. Non lo diceva un famoso francese? Accontentati della tua Divine, che almeno è al livello di tutti, anche del tuo. Non aver paura di lei. E soprattutto, pensa a quanta merda dovrai mangiare nella vita!
Così ritornavo al punto di partenza. Ad avere di nuovo paura di Divine, che sarebbe tornata a punirmi. Ne ero certo. E invece non è mai venuta. La sto ancora aspettando. Chissà se un giorno ci incontreremo… Ah, un’ultima cosa: ovviamente i Pink Flamingos, i fenicotteri rosa del titolo, non significano niente.
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