di Viola V. Giacalone
L’estasi di essere a Parigi e di amare i film!
Sono solo le cinque e siamo già alla Filmothèque per “Un flic” di Jean Pierre Melville, il re del noir alla francese. Bang, Bang, Boom, Spem spari e strip club di classe sugli Champs Elisées. Me ne sto bella comoda sulle poltroncine rosse della Filmothéque mentre Richard Crenna si cala da un elicottero su di un treno in corsa per rubare le valigette piene di droga che un altro poco di buono sta tentando di trasportare fino a Lisbona. Catherine Deneuve, travestita da infermiera, si infiltra nella clinica privata per dare il colpo di grazia al pezzo debole della banda, rimasto ferito durante un colpo.
Attimi di tensione e travelling in focalizzazione interna dal volto glaciale di Alain Delon a quello da star del western di Crenna.
E pensare che questo film non piacque a nessuno quando uscì-noi lo troviamo geniale.
Usciamo dal cinema ed è ancora giorno, inizia a fare caldo, siamo in vacanza. Mi accendo una paglia e guardo il programma della settimana: un vero lusso. Retrospettive su Fritz Lang, Terrence Malick e Fellini ma anche 20 cult contemporanei, con film di James Gray, Spike Lee, Fratelli Coen, Coppola e Brian de Palma. Tutto questo in sole due sale, una rossa e una blu.
La Filmothèque, poco più in alto dello Champo, è per me il posto che più fa provare quella certa estasi di essere a Parigi e di amare i film, non so se mi spiego.
È il punto di ritrovo.
È un tesoro prezioso, di westerns, musical, film noir, film italiani, svedesi, russi, cinesi, giapponesi,brasiliani, c’è un universo lì dentro, proiettato dalle 11 fino a mezzanotte.
Se digiti il nome di un film su google, google probabilmente ti dirà che lo passano tra trenta minuti alla Filmothèque, che quindi devi cambiare i tuoi piani perché non puoi perdertelo. E poi i poster. Hanno dei poster bellissimi.
Una volta rimasi chiusa fuori dal mio appartamento e stetti tre giorni in giro, aspettando che la mia coinquilina tornasse a Parigi. Reduce da due giorni di spostamenti, la Filmothèque mi accolse nelle ultime ore del mio esilio . Ero stanchissima e mi sentivo un’idiota in coda per vedere l’infanzia di Ivan di Tarkovsky, tra i vecchi signori impeccabili, le coppie di amici che parlavano di cinema prima di entrare al cinema , i ragazzi e le ragazze solitari che sembravano degli idioti chiusi fuori di casa proprio come me, mi sentivo già a casa.
Ricordo che uscii dal cinema dopo Tarkovsky e che Il cielo era grigio e terso: apparve un’intesa luce verde e poi il mondo esplose.
Mi riempio le tasche di volantini e di programmi.
“Che fai vieni a berti un bicchiere al bar?”
“Negativo, ci vediamo domani”
“Ok ci si becca in giro”
Ed eccomi su Boulevard St.Michel, tra Klaxons spietati e cafés.
Mi stringo nel mio triste trench beige mentre vado al bar , e sono il protagonista più tosto di un film di Melville.
Bang, Bang!
mi è piaciuto molto, il gioco degli attori merita un’attenzione speciale