i. originale
Prendi The Village di Shyamalan attaccaci Teorema di Pasolini e hai fatto Lazzaro Felice di Rohrwacher.
La non-originalità del tema trattato, la sensazione di già visto (che potrebbe anche apparire paradossale in quanto il film ha vinto a Cannes come migliore sceneggiatura) sembra alludere non tanto alla poca fantasia di Rohrwacher, quanto alle idee poco chiare circa la politica, la religione o il futuro dell’uomo.
ii. ricchi all’Esselunga
Esistono ricchi che dalle città tornano alle campagne dove sono stati bambini, o ci tornerebbero, ma sembrano capire che il loro problema non è tanto la città o la campagna, quanto il fatto di essere ricchi. Il fatto che siano costretti a fare la spesa all’Esselunga quale dramma o tragedia assoluta, questo proprio non gli va giù.
iii. pentola
Il film consta di una scena autenticamente memorabile, ovvero la scena della pentola/luna che sorge nella casa dei poverelli. La scena non è “cacata” là, ma è preparata e costruita con sapienza. Questo particolare mi è stato fatto notare da D.B., e adesso io lo dico per correttezza nei suoi confronti e perché se il film si salva, e io non direi, lo fa grazie a una fotografia che ha dei lampi e, appunto, a quella scena di cui sopra.
iv. l’origine della merda
In conclusione: c’è una catena di sub-appalto della merda. La nostra merda ricade su qualcuno che la prende e la sbologna su qualcun altro più in basso e così in una catena infinita di smerdamento.
Infinita, si chiede Rohrwacher?
Fino a dove? E da dove proviene?
C’è qualcuno che sembra spezzare quella catena di feci rovesciate ed Egli è il Santo, ovvero l’ultimissimo, ovvero il Cristo, colui il quale non invecchia poiché Egli muore giovane in quanto la terra e il cielo sono per Lui contigui.
Tale figura risulta favolistica perché l’origine della merda non è rintracciabile filosoficamente, neppure idealmente: la merda è ontologica.
Bella schifezza, sto pezzo. Lo avrei visto meglio su In fuga da Dagospia.