di Giovanni Bitetto
Proponendomi di definire un film che odio – o che amo odiare – non posso che propormi di definire la gioventù, perché in fondo è proprio in quell’età di teorie, speculazioni, reazioni violente, che ci si costruisce per ciò che si nega, piuttosto che per ciò che si decide di amare, e per definire la gioventù non posso che rifarmi alla transitorietà, allo spirito di ardore e ambizione, al fiume di immagini e pensieri assoluti per cui, di giorno in giorno, si vive, fra i banchi di scuola o nelle aule universitarie, e poi in quei pomeriggi che durano decadi, a cui succedono quei crepuscoli che calzano a pennello sulle tue camminate solitarie, fuori e dentro le librerie, i bar, i cinema, le sale in cui guardi per la prima volta i grandi classici, i filmacci di genere, i nuovi kolossal, o i registi nostrani, e fra quegli autori ci trovi Sorrentino, che vincerà l’Oscar urlando Scorsese-Maradona-i Talking Heads e tutti saranno contenti, pure i critici onorati che dopo cinquant’anni gli americani ci dipingano ancora come i guasconi del Dopoguerra, pensi cose del genere mentre guardi questo strano film che parla di Roma, trash, bellezza degradata, paccottiglia eletta a nuovo standard estetico, ti accigli mentre formuli teorie tanto polemiche e argute, pronto a far valere la tua idea con gli amici, in quegli aperitivi in cui ti parli addosso con vanagloria intellettuale, poi ti sbronzi, dimenticandoti il perché ti eri arrabbiato, mentre qualcuno ti sfotterà per qualche settimana, bonariamente, perché non ti è piaciuto un prodotto che mette d’accordo più o meno tutti.
Proponendomi di ripescare la mia versione di Sorrentino, dovrei ricordare le condizioni e i termini in cui ho guardato i suoi film, le sale, le età, gli umori.
Mi viene in mente che ero da solo, che sono entrato con la luce e uscito che faceva già buio, che a cena ho sputato sentenze e riso molto. Così per quel film che ha vinto l’Oscar, così per gli altri.
Passano gli anni e i miei assoluti degradano, ai furori si sostituiscono gli sbadigli, e in fondo un po’ cresce il bene per quelle immagini che, in memoria di un passato più guerrigliero, ancora oggi mi fanno ricordare cosa ho negato, cosa mi ha definito.
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