di Matthew Licht
Ricordo ancora la mia confusione e meraviglia quando vidi Debbie Spinello che si fumava una sigaretta nel cesso dei ragazzi a scuola. “Ma che ci fai qua dentro?”
Debbie fece un lungo tiro, esalò una nuvola Nagasaki e buttò all’indietro la testa. I suoi capelli, saturi di spray, non si mossero. Le si proruppe il petto. Sputò un briciolo di tabacco dalle labbra e disse, “Commetto due peccati alla volta. E tu?”
Balbettai che dovevo orinare.
“Fai pure.”
Scoppiavo, stavo per farmela addosso. Mi avvicinai al orinatoio. Mi tremavano le mani mentre mi sbottonavo. Debbie Spinello era a pochi passi, truccata come una prostituta. Il mio pene era rigido quanto il ferro.
“Dài, cosa aspetti?”
La minzione risultò impossibile.
“Sei timido, che carino. Ehi, ma ce l’hai duro.”
Mi mollò un pugno al bicipite. Mi si gelò il sangue. Debbie mi avrebbe denunciato alle Suore.
“Sarebbe un peccato sprecarlo, se sai cosa intendo dire.”
Gettò il mozzicone nel pisciatoio e le sue dita si unirono, non in preghiera, attorno al mio pene.
“Devo tornare in classe,” sussurrai. “Padre Hurley manderà una pattuglia a cercarmi se non…”
“Per prima cosa bisogna umettarlo.”
Guardai incredulo. Avevo creduto che la fellatio fosse una scottante anteprima delle fiamme eterne. Invece era bellissimo.
Debbie si era sbottonata la camicetta. Ero in paradiso.
“Vuoi che scopiamo?” Un filo di saliva e fluido pre-seminale collegava la sua bocca al mio pene spasimante. “Certo che vuoi.”
Mise le mani sotto la gonnellina scozzese e si tolse le mutandine. “Stai morendo dalla voglia di trombarmi la fighetta, vero?”
Feci silenziosamente di sì con la testa.
“Non puoi,” disse.
Sentii un tonfo al cuore.
“I miei mi fanno controllare dal dottor Snyder. E poi non voglio restare incinta. Mi devi inculare. Vuoi fotterrmi prima le tette?”
Feci di nuovo furiosamente di sì con la testa.
“Dai. Ho una sorpresa per te. ”
La palpai come un animale affamato.
“Piano. Sono delicate. Pronto per la sorpresa?”
Debbie in realtà era maschio? Avevo sentito storie del genere dai ragazzi che erano stati a New York.
Si mise le mani dietro la schiena per slacciarsi il reggiseno. Volevo mettermi a piangere davanti a tanta bellezza ma riuscii solo a dire, “Allora? Qual’è la sorpresa?”
Lei si strizzò i capezzoli.
“Hai il latte! Stai allattando! Ma se dicevi di non voler restare incinta.”
“Non sono incinta, scemo. Mi viene così. Dapprima pensai che fosse un miracolo, ma mi vergognavo di dirlo alle suore. Secondo dott. Snyder è una condizione rara, ma normale. La mamma mi compra reggipetti assorbenti.”
Non volevo sentire storie. E nemmeno volevo stare a guardare Debbie che si mungeva i seni, nonostante fosse interessante. Debbie se ne accorse. Si inginocchiò e compresse le ghiandole mammarie attorno alla mia carne.
Lei guardò su e sorrise. “Ma ti piace…?”
Assolutamente troppo. Il mio pene le vomitò sperma sul viso. Credevo che se ne sarebbe adirata.
“Wow. Ma davvero ti piaccio così tanto?”
“Oh Debbie io ti amo. Sai quante volte ho sognato di… ”
Debbie si alzò, si girò, alzò la gonnellina e si appoggiò alle mattonelle del bagno, rivelando un anello di carne plissettata metafora delle cerchie dell’inferno.
“Sputaci, e spargi l’umidore.”
Afferrai le sue chiappe pallide, le massaggiai, le spalancai e scaracchiai. Ne fu schifata.
“Devi sbavare, piuttosto.” Mi prese in mano il fallo eretto e lo guidò. Impazzii di nuovo.
“Ahi! Vai piano! Piano!” Debbie fece per mollarmi uno schiaffo all’indietro. Poco a poco, la mia carne tumefatta penetrò in lei.
“Basta così. Ora sbattimi. Ma con dolcezza.”
Per concentrarmi recitai al contrario La preghiera del signore.
Debbie gemeva. “Riesco a venire col culo, ma sbrighiamoci. Dovremmo tornare in classe. Non vogliamo farci beccare, vero?”
Feci di no con la testa.
“Mungimi i capezzoli. È ciò che faccio quando devo venire in fretta.”
Pensai a come avevo munto le capre l’estate prima alla fattoria dello Zio Olaf. Sentii schizzare del liquido dentro al pisciatoio.
Debbie si contorse. Irrorai le sue viscere di sperma.
Schiantammo contro il pisciatoio. Venne lo sciacquone. Cademmo sul freddo linoleum del pavimento.
“Dio. Mi avrai sborrato un gallone di sperma nel culo. Non posso tornare in classe conciata così. La tua zozza roba mi colerà giù per le cosce. Devi aiutarmi.”
“Come?”
“Risucchialo.”
Si mise carponi e divaricò le natiche. Le munsi di nuovo i capezzoli. Muggì e venne.
Misto ai suoi succhi anali lo sperma aveva un sapore malefico. Debbie si rigirò e ci baciammo sulla bocca, scambiandoci saliva, sperma, succo di culo e…
Il ricordo di quel bacio non svanirà mai. Debbie si pulì la bocca col dorso della mano e si alzò. Uscì dal cesso dei ragazzi, e dalla mia vita.
La espulsero dalla scuola perché fumava.
Bravissimo narratore di storie incredibili fuori dagli schemi