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In fuga dalla bocciofila

Blog dal titolo fuorviante in cui si parla di cinema tra una divagazione e l'altra

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A Ciambra | Voce del verbo Saluta Antonio

3 Ottobre 2017 di simone lisi

Quando è accaduto? Che giorno? Di che anno? Quando è cominciata questa usanza di prendere gente vera e dire loro:
«Allora, tu, recita te stesso, anzi non recitare affatto, o solo un pochino, ok?»
«Va bene dottore, e voi che farete?»
«Io niente. Starò qui a filmare tutto quanto»
«Va bene dottore»
E così nacque Saluta Antonio.

Una delle prime volte che ci ho fatto caso, è stato in Cesare deve morire, dei Taviani. Non si capiva quando era un documentario e quando stavano recitando, o meglio un po’ si intuiva.
Vinse anche un Orso d’Oro.
In quel film c’erano volte in cui i secondini, tra un pestaggio e uno stupro ai danni dei detenuti (nella verità della loro vita), si intrattenevano a fare un qualche discorsetto sullo spettacolo teatrale che stava per avvenire (il discorso era per finta, ma lo spettacolo era vero, inscenato dai Taviani stessi).
In verità la primissima attestazione (attestazione in linguistica, mi ha spiegato Diana è la prima volta che compare una parola, non necessariamente in un vocabolario, magari anche al telegiornale, tipo burkini. Tipo che? Burkini, ti ricordi? Ah già) di questo falso/vero/falso è ancora prima, forse risale al Neorealismo, segui una persona per la strada e avrai fatto il tuo film.
Sì, certo, ma quello che cammina lo sa che ha dietro un’intera troupe.
O forse nasce ancora prima. Saranno stati i Lumiere che piantano la cinepresa di fronte a della gente che aspetta il treno e questi primi attori involontari ci avranno fatto caso, magari avranno semplicemente pensato che gli facessero una foto, comunque hanno cominciato a mettersi in posa e fare finta.
Maledetto sia il primo uomo che per primo ha acceso una telecamera di fronte a una persona, perché costui ha reso più evidente che tra verità e finzione non c’è differenza.
Comunque, questo modo di fare i film, che nella mia mente riconduco ai Taviani, ma la cui palma spetta di certo a qualcun altro, e arriva fino a oggi, fino A ciambra, io credo che non sa ancora bene dove vuole andare a parare.
Non sa ancora bene che farsene di se stesso, fino a che punto sì, fino a che punto no, e in un certo senso è paragonabile a quello che accade molto in letteratura, con queste biografie mezze vere mezze no (Ciabatti, Mari, Cognetti, Lisi, tutti quanti).
Diciamo questo: siamo in una fase così.

Io comunque a non saper né leggere né scrivere, il like a Saluta Antonio, dopo un po’, l’ho tolto.

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Postato in: Lo sfogone, Recensioni vere, Sono figo solo io Tag: canditato all'oscar, italiano, neorealismo, simone lisi, taviani Fai un commento

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