di Stefano Ficagna (essi vivono)
La nostra vita dopo è fatta di lunghe sedute di fisioterapia e psicoterapia. Le ossa e i muscoli guariscono, ma in testa non basta l’esercizio per dileguare i pensieri. Dobbiamo rimettere insieme i cocci dei nostri corpi e delle nostre menti, in previsione di quello che saremo quando nessuno si ricorderà di noi.
I titoli dei giornali ci vedono protagonisti per poco, fino a quando decidiamo di stare al gioco. All’inizio è inebriante, sembra ripagarci di tutte le sofferenze patite, ma ci accorgiamo presto che stare al centro dell’attenzione non è proprio quello che vogliamo. Prendo le distanze da un politico famoso che vuole farsi pubblicità sulla nostra pelle, come risultato casa nostra viene imbratta da degli estremisti e in televisione dicono che per fare quello che abbiamo fatto qualche problema dobbiamo averlo anche noi. Ci dileguiamo in silenzio per non avere più paura di quella che c’è rimasta.
Abbiamo imparato che esistono davvero ditte specializzate nel ripulire a puntino le scene del crimine, proprio come nei film. Avrei voluto conoscerli, fargli una sorpresa e vedere lo stupore sul loro volto nel trovarmi ancora in vita. Con tutto il sangue che hanno dovuto pulire non si può dare per scontato niente. Decidiamo comunque di tinteggiare ancora le pareti, due volte. Sul muro del soggiorno io continuo a vedere la sagoma di una mano, alla fine ci appendiamo davanti un quadro così non ci pensiamo più. Ma io sento che è ancora lì.
I nostri amici fingono di non accorgersi dei cambiamenti. Con tutte le spese fatte in questi mesi abbiamo deciso che sul mobilio potevamo anche andare al risparmio , non ce ne vergogniamo mica. Siamo orgogliosi di quella cassapanca vicino alla porta, perché possiamo spostarla facilmente per creare una barricata. Ci sono coltelli in bella vista in soggiorno e in cucina, e loro non dicono niente. Capiscono perché sono lì, li guardano e sorridono imbarazzati. Mi fa andare fuori di testa, così finisce che smettiamo di invitarli. Incontrarci fuori casa è molto meglio per tutti.
Continuiamo ad andare dallo psicoterapeuta. Non funziona. Andiamo a degli incontri dove gente che ne ha passate di cotte e di crude racconta le sue esperienze, auto aiuto per sopravvissuti come noi. Non funziona neanche quello, ci andiamo due volte e poi smettiamo. Ho paura di parlarne con lui perché potrebbe averlo superato, ma se non ne parlo non potrò mai averne la sicurezza. Immagino che per lui sia lo stesso. Nei film esperienze come la nostra uniscono la coppia, ma questa è la realtà e la realtà è una vera merda. Finisco per scopare col suo migliore amico perché è l’unico che mi parla come se non fosse successo niente, ed è proprio ciò di cui ho bisogno.
Un giorno ci troviamo di fronte un agente immobiliare che ci fa una proposta per la casa. La cifra è bassa, meno della metà di quel che l’abbiamo pagata ma, ci dice, dovete comprendere le difficoltà a cui andremo incontro per piazzarla sul mercato. Dà per scontato che vogliamo andarcene, io gli urlo contro e lo minaccio con le forbici che tengo nella borsetta per ogni evenienza. Se ne va con lo sguardo di uno che è stato trattato male senza motivo, lui mi dice che se torna gli cava gli occhi. Rimaniamo un attimo in silenzio perché sappiamo entrambi cosa vuol dire cavare gli occhi a qualcuno, poi ci mettiamo a ridere. Non so per quanto andiamo avanti, iniziamo persino a lacrimare. Da quel momento le cose fra di noi migliorano e molliamo lo psicoterapeuta del cazzo.
Ci divertiamo a spaventare i bambini che vengono a curiosare intorno a casa, scappano via veloci e per qualche giorno non si fanno vedere. Ma tornano sempre. Con gli adulti è più difficile, casa nostra ormai è un’attrazione turistica e per uno che ne scacciamo ce n’è un altro che arriva. Potremmo minacciarli con un fucile, ma le armi da fuoco mi fanno paura. Fa ridere a dirlo, dopo tutto quello che abbiamo passato, ma è così.
Dopo un po’ non sento più la presenza di quella mano dietro al quadro, lo togliamo dal muro e lo scambiamo a un mercatino dell’usato con libri che forse non leggeremo mai: l’arte astratta non mi è mai piaciuta. Le cose tornano lentamente come prima, come quando eravamo una giovane coppia di sposini che non avrebbe mai pensato di poter fare certe cose per sopravvivere e di poter vivere normalmente dopo averle fatte. A conti fatti, è il finale migliore in cui potevamo sperare.
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