La Letteratura non esiste più. Al grande hotel millantano di riuscire a trovarla. La regola qui è semplice: ogni scrittore che accetta di alloggiare ha quarantacinque giorni o finisce per essere trasformato in animale. Antonio e Giulio, con il biglietto di benvenuto tra le mani, riflettono sulle bestie che vorranno essere.
E ne avrebbero di nomi di scrittori, anche piuttosto noti che ora gracchiano nel parco della città o abbaiano ai postini, da sciorinare nel lungo corridoio che porta alle loro stanze. Lo hanno scritto nel modulo di iscrizione: Antonio vorrà essere una grassa megattera; Giulio un placido orso bruno.
Per trovare la Letteratura nell’hotel bisogna scrivere qualcosa di buono, ma scritto bene. Con un po’ di ansiolitici, i due hanno prodotto diverse cose. Le migliori erano due raccolte di poesie neoavanguardiste, dal titolo: Narrazioni e Metamorfosi. La giuria dell’hotel non ha mai ritenuto nessuna produzione degna della Grande Elle.
Mancano pochi giorni al termine e mentre dalla staccionata del parco sparano agli “indipendenti” che si nascondono nel bosco (ogni indipendente, un giorno in più), Giulio ha un’idea che sussurra ad Antonio durante il fragore dello sparo.
A mezzanotte i due, con le valigie colme dei loro effetti personali, si gettano fugaci nella notte. Nessuno li segue, abbandonano la Letteratura per il bosco. Poco dopo gli “indipendenti” li circondano, Antonio e Giulio si guardano pensando di morire troppo presto rispetto a tutte le cose che avrebbero voluto scrivere e che nessuno avrebbe comunque letto. Gli “indipendenti” stringono il cerchio di un passo. I due alzano nell’aria due copie della rivista Salmace impaginata alla buona, la notte precedente. Gli aguzzini si ammansiscono, annusano il plico di fogli. In cambio gli porgono due paia di cuffie. All’interno suona già musica techno.
«Avevi ragione» dice Antonio, indossando le sue. «La Letteratura forse non è mai esistita».
«Di sicuro, non negli alberghi di lusso» conclude Giulio.
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