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In fuga dalla bocciofila

Blog dal titolo fuorviante in cui si parla di cinema tra una divagazione e l'altra

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Tenet | Trame bizantine

25 Settembre 2020 di giovanni ceccanti

Segui questa trama. Robert Breska, un grosso trafficante di gemme preziose e di droga, un giorno si trova alleggerito di 5 milioni di dollari e sospetta che il colpevole possa essere il suo contabile, Robert Cohen, 63 anni, devoto e meticoloso, il quale invece sospetta del suo socio in affari, tale Mario Quintana, costaricano.

Una mattina Quintana viene trovato morto, apparentemente suicida, e Cohen, cosciente della propria innocenza ma non di essere il principale indiziato del furto, riporta a Breska il suo timore che i soldi, adesso che Quintana è morto, siano ormai materia del passato, ricordi svaniti, introvabili in qualche conto segreto alle isole Cayman.

Arriviamo al marzo 2005.

Una sera Breska organizza una cena per presentare a Cohen un tale nuovo del giro che dice di chiamarsi Matthew McCall Oppenheimer e quest’ultima parola, il fatto di essere un rampollo degli Oppenheimer, la famiglia che, attraverso due guerre, è stata dietro alla più grande società mineraria del mondo, getta su Cohen una coltre leggera e spumosa di inquietudine, come cenere radioattiva.

I testimoni raccontano di aver visto Cohen salire su una Toyota il 6 marzo, attorno alle 10:45, in un parcheggio di un centro commerciale a San José, in Costa Rica, insieme a Oppenheimer (che teneva la portiera) e a Luis Alonso Douglas Mejia, un fattorino (che lo accompagnava con un braccio). Cohen morirà dopo quattro giorni di reclusione e torture e il suo corpo sarà gettato senza vestiti né documenti sul greto del rio Chiquito.

2009.

L’agente FBI Pablo Arraya arresta dopo giorni di pedinamento un uomo a Chicago in attesa di processo per bancarotta. La descrizione coincide con quella di Oppenheimer fatta dai testimoni: è alto, ha i capelli biondi scuri e lisci, labbra carnose, occhi chiari, un viso rotondo e una fronte ampia. L’uomo non si chiama però Oppenheimer ma Nolan, è felicemente sposato (con Erika) e ha due figli. Per la polizia costaricana è “un uomo che uccide”, un killer a pagamento.

Esprime parziale soddisfazione Alisha Cohen, la figlia della vittima, che trova intimamente folle vivere coscientemente in un universo lanciato verso l’entropia totale.

In cella Nolan costruisce una corda di 9 metri e mezzo con le lenzuola, un’imbracatura e un grimaldello fatto con una graffetta e un rasoio per aprire le manette. Una guardia lo scopre prima che riesca a evadere – il Metropolitan Correctional Center di Chicago è una Blackgate a forma di prisma – e resta estasiata dai manufatti.

Il giudice Mason, a seguito dell’istruttoria, decide di non concedere l’estradizione di Nolan in Costa Rica per mancanza di prove da parte della polizia costaricana. Arraya, due profonde occhiaie, dichiara che l’uomo più arrogante che abbia mai incontrato è riuscito magicamente a farla franca e a tornare in libertà, nonostante la bancarotta (come può aver pagato i migliori avvocati della città?) e la gravità delle accuse.

I suoi figli quando rientra a casa si voltano insieme e gli corrono incontro. Abbraccia sua moglie ma non c’è un momento vero in cui si baciano. Squilla il telefono. Ciao Christopher, sì, sono a casa. Apre un cassetto, dove un luccichio come di microscopica galassia lo rassicura. No, non dire niente a Jonathan. Falla essere una sorpresa.

 

**

 

(La storia del terzo fratello Nolan, Matthew, si trova, fra gli altri, sul Daily Mail o sul Chicago Tribune)

(La locandina del film è di Tony Hodgkinson)

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Postato in: La scena tagliata, La sindrome del personaggio secondario Tag: 2020, blackgate, christopher nolan, Matthew Nolan, Robert Pattinson, Tenet Fai un commento

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