Davo fuoco al Déjeuner sur l’herbe di Manet, e mi tumefacevo dietro una manganellata in faccia data dalla guardia giurata del Musée d’Orsay, giustamente. Poi venivo ammanettato e sputavo in faccia a un gendarme. Poi venivo condannato e cagavo in mezzo all’aula del palazzo di giustizia. Poi venivo massacrato di botte in carcere e crepavo. Fine del sogno in 4:3.
Un giorno di pioggia a New York | Showtime
Da anni ormai frequento un tale che si sbuccia le dita su tutti i pianoforti su cui gli capita di posare lo sguardo. Ed è seccante stargli dietro, perché ogni stramaledettissima volta che andiamo da qualche parte insieme, e che trova un pianoforte, quello, incurante, si siede e ad alta voce chiede, posso suonare? A quel punto ha già il polpastrello del pollice posato sul bordo di un tasto.
Manhattan | Mariel Hemingway è morta
Tra gli anni 2006 e 2008 ho guardato Manhattan talmente tante volte, salvo poi smettere per quasi per una decade, che ci sono un’intera gamma di azioni e pensieri che a quel periodo hanno fatto seguito (amori, disamori, nevrastenie, ambizioni) che sono riconducibili senza dubbio alcuno all’influenza che quel film ha avuto sul mio cervello.