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In fuga dalla bocciofila

Blog dal titolo fuorviante in cui si parla di cinema tra una divagazione e l'altra

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Stranger Things 2 | Amare il nemico

14 Novembre 2017 di ferruccio mazzanti

Dal primo episodio visto all’ultimo episodio visto sono passati 1 giorni. Ero completamente addicted. E ogni 35 minuti scoppiavo a piangere. Mentre lo guardavo ho assunto: 2 dosi di fagiano al cioccolato, 250 gr di yogurt bianco con aggiunta di saccarosio non quantificabile, 2 mele, 1 piatto di insalata (una giornata tutto sommato sana), con annesso litigio con fidanzata per aver lasciato il frigorifero vuoto e le vettovaglie sporche sul tavolo.

Nasce spontanea la domanda: cosa è che ci rende così dipendenti da questo tipo di intrattenimento tanto da farci dimenticare le regole della convivenza? Tenteremo alcune risposte.

Primo tentativo: risposta emotiva: PERCHÉ MA CHE È FICHISSIMO!

Secondo tentativo: Risposta postmoderna: Ci sono un sacco di citazioni dei nostri film, o fumetti eo videogame preferiti di quando eravamo ragazzini (L’esorcista, Akira, Aliens lo scontro finale, La rivincita dei nerd, Space warcraft, un sacco di roba di Stephen King [tra cui It, Cujo, A volte ritornano, Christine, la macchina infernale, Stand by me, etc…]), così quello che ci piace veramente è solo rivedere quello che già conosciamo, in una nauseante ripetizione del bla bla bla

Terzo tentativo: risposta della Net Generation: è che parla di noi, delle nostre paure, di quello che sentiamo ogni giorno quando stiamo coi nostri amici e il mondo là fuori è pieno di persone cattive che complottano contro di noi anche se noi non sappiamo chi siano.

Quarto tentativo: risaposta dello psicologo: Se consideriamo la natura umana, vedremo che l’interrelazione degli schemi comportamentali col caos determina un sentire empatico riconducibile all’esperienza estetica dell’horror. La psiche tenterebbe dinamicamente di ricostruire attraverso l’emozione un tessuto esperenziale in grado di dare consistenza temporale alla propria autonarrazione.

Quinto tentativo: risposta genitoriale: Non lo so, non ho ancora capito cosa sia Netflix o cosa sia lo striming. Fra un po’ lo daranno alla tv e allora ti saprò dire.

Sesto tentativo: risposta del letterato: Va beh, grazie al cazzo, ogni puntata finisce con un colpo di scena, ci riusciva anche Dumas, Dostoevskij, Dickinson, Dante, Virgilio, Omero, figuriamoci se non possono riuscirci dei tipi plurilaureati che hanno studiato come tenerti lì, attaccato allo schermo. Mi è anche piaciuto, ma è tutto troppo facile, tutto troppo facile.

Settimo tentativo: risposta del lavoratore: la sera, prima di andare a letto, mi guardo un episodio per rilassarmi un po’.

Ottavo tentativo: risposta del produttore: A me cazzo me frega, l’importante è che mi faccia incassare.

Ora provo a dare tento una mia risposta (nono tentativo), in alcune parti comprensibile solo a chi abbia già visto la serie, che definirò distruzione e imposizione della tana di Kafka:

Kafka ha scritto un piccolo racconto su un animaletto ossessivo compulsivo che tenta di risistemare, rinforzare, consolidare la propria tana dai possibili attacchi da parte di nemici esterni. La cosa che colpisce di questo racconto magistrale è che il piccolo animaletto antropomorfizzato è così ossessionato dalla sicurezza del proprio rifugio e dai lavori che deve compiere per mantenerlo inviolato o per assicurarsi una pronta fuga, che alla fine, oltre a dimostrarsi psicologicamente instabile, risulta anche totalmente afflitto dalla solitudine. Guardando Stranger Things 2 ho come avuto la sensazione che tutto il conflitto fosse appunto la solitudine (del malato, dell’innamorato, dell’abbandonato, dell’impazzito, del vedovo, dell’intelligentone, di quello che non imbrocca mai, di quello che imbrocca sempre, della moglie, del marito, dello scienziato, etc…). Da qui l’importanza strutturale che l’amicizia ha all’interno di questa narrazione. E se la cosa pare ovvia per quanto riguarda i protagonisti “buoni”, altrettanto ovvio dovrebbe esserlo per i protagonisti “cattivi”. In fin dei conti il gate interdimensionale dell’upside down non è altro che il triste, goffo tentativo da parte dellle forze oscure di farsi degli amici. In questo senso l’umanità sta bullizzando il male. Il male è tale solo perché si sente rifiutato da noi.

Stranger Things 2 risulta così stringentemente commovente in quanto per una volta ci fa vivere l’esperienza del dire a qualcuno: no, mi fai cagare, mi fai schifo, non te la darò mai, senza però avere sensi di colpa. E se l’altro reagirà in modo scomposto, noi sapremo sempre che siamo dalla parte del giusto, anche se dovessimo abbandonare il nostro affettuoso cagnolino famelico alla morte certa. La nostra inamovibilità di specie spingerebbe così il male a creare sottoterra una tana sicura, dove covare la sua follia, la sua vendetta, il suo odio. Spesso crediamo che la posizione più democratica nei confronti del nemico sia quella di addomesticarlo., Aa volte tentiamo addirittura di capire il suo punto di vista, ma quello che non facciamo mai, invece, è imparare ad amarlo. Stranger Things 2 in fin dei conti ci obbliga a questo duro esercizio, fosse anche solo per sperare che la terza stagione sia ancora più fica, con dei cattivi ancora più fichi e rancorosi, e una giornata spesa a divertirsi come pazzi, rinchiusi nella propria cameretta, sperando che nessuno distrugga le pareti della solitudine in cui l’intrattenimento ci ha rinchiusi.

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Postato in: La sindrome del personaggio secondario, Lo sfogone, Recensioni vere, Sono figo solo io Tag: Kafka, la tana, netflix, Stranger Things 2, streaming 2 commenti

Commenti

  1. Giulio says

    14 Novembre 2017 at 12:07

    Bel pezzo.

    Secondo me cita anche terminator 2!

    Rispondi
    • admin says

      14 Novembre 2017 at 16:53

      Sì, ma anche tanta altra roba, solo che non volevo e non potevo fare un elenco di tutte le citazioni che mi venivano in mente

      Rispondi

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