i.
Ci sono dei libri che prima di pagina centosedici sono terribilmente faticosi e solo allora si aprono (penso a Austerlitz di Sebald, scrittore famoso per aver introdotto nei libri “le immaginette”).
Ci sono canzoni che non succede niente per lunghi minuti e ti chiedi se mai succederà niente, poi a un certo punto qualcosa succede (penso a Take me somewhere nice, dei Mogway).
La lentezza, la faticosità di Moonlight nelle prime scene, in questa ottica, sembra programmatica.
ii.
La storia è nota, e si entra al cinema con molte informazioni pregresse: ci sono otto candidature all’Oscar, e la vicenda tratta di un omosessuale di colore e delle violenze che subisce in tre momenti chiave della sua vita (si sa in effetti anche qualcos’altro a volersi informare: ovvero che il regista ha precedentemente girato un film a bassissimo budget, un sacco di anni fa, che fu un mezzo successo. Che per finire di girare questo film c’è stata anche l’intercessione di Brad Pitt, che è diventato uno dei produttori esecutivi. Che originariamente c’era una piece teatrale intitolata In Moonlight Black Boys Look Blue).
In un certo senso è corretto dire che sia un film su un ragazzo nero omosessuale, come ci si aspetterebbe, ma in verità non è per niente un film sull’omosessualità. È la storia di una persona che diventa una persona.
iii.
Se il film ha un valore, e io credo ce l’abbia (cosa che mi fa dubitare che vincerà molti Oscar) è che il film ha pochissima trama. Il film ha il valore di traghettare il vasto pubblico verso l’assenza quasi totale di trama.
La trama del resto è sempre menzognera, perché la vita non è fatta di trama ma di tempi morti. Quindi in un certo senso Moonlight ha un valore smascherante. Non so se questo piacerà ai grandi produttori di Hollywood perché trama è da sempre la loro migliore amica e amante.
Aspettando la notte degli Oscar, o non aspettando, litigherò con tutti per difendere questo film.
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