1. Pregiudizi
Prima di andare a vedere Microbo e Gasolina ho notato che su Facebook era uscita la recensione de Gli Spietati, e poi, perché non sono riuscito a resistere che qualche secondo, che l’aveva scritta il guru Luca Pacilio. Con tutta la forza della mia volontà (tre secondi netti) ho cercato di non cliccare sopra il link, di non guardare il voto in fondo alla pagina e la tabellina con i voti degli altri membri, perché da quello che dicevano loro il film sarebbe stato segnato. Ormai avevo fissato con Francesca, che ci andavo a fare se il film fosse stato per Gli Spietati una stroncatura? Meglio allora non sapere niente, meglio l’ignoranza, meglio non essere mai nati, meglio il niente al dolore. Ma per fortuna a Gli Spietati il film era piaciuto. Ero salvo.
2. In ritardo per il cinema
Quando sono in ritardo per il cinema e guido come un pazzo per i viali di circonvallazione della città penso che tutti gli automobilisti che mi circondano siano a loro volta in ritardo per andare al cinema. Questo tipo di pensiero è quanto di più adolescenziale esista, cioè che tutto il mondo sia identico a me. Forse non è nemmeno un pensiero adolescenziale, ma puberale, o addirittura infantile. Si rifà al periodo dello specchio, o magari ancora a prima. Ma io ho sempre pensato che adolescenziale o infantile, malgrado l’uso moralistico che si fa di questi termini, non siano termini dispregiativi. Non li trovo dispregiativi affatto, lasciatemi guidare in pace, io sono giovane, arriverò al cinema prima di voi.
3. Il cugino dell’autore
Quando frequentavo la Facoltà di Lettere, i professori facevano un gran parlare del concetto di autore. L’autore – dicevano – è quel tizio che quando ti trovi di fronte a una sua opera dici “ecco! questa è senza dubbio un’opera di tizio”. C’è quel che – dicevano – che proprio non lascia scampo. Il concetto di autore è una di quelle cose poco importanti su cui ci si sofferma sempre troppo. Ma che pensare invece di quei rari casi in cui l’autore, questo essere monolitico e immutabile, si dimentica per un attimo di essere tale e si trasforma nel proprio cugino meno dotato, quello che le buone idee ce le ha tutte ma non sa ancora bene come lavorarci su? Mostri sacri improvvisamente immemori del proprio status abbandonano le Cappelle Sistine che stavano affrescando per andare a giocare con le formine. Quando questo avviene, è come la prima volta che, non riuscendo a ricordare una parola o una nozione ovvia, ci accorgiamo di stare invecchiando e diventiamo per un momento altro da noi. Questo è al tempo stesso triste, rivoluzionario, spiazzante e commuovente, ed è anche quello che succede nel film di Gondry.
4. Le medie
Le medie sono quel periodo, mi diceva dopo il cinema Diana, quando tornavo a casa da lei e le dicevo che il film mi era piaciuto e mi aveva lasciato un senso di tristezza addosso, sono quel periodo che i simboli hanno un potere fortissimo sulla nostra mente. Proprio oggi, ha aggiunto, hanno messo su Facebook un vecchio video di una gita scolastica in Francia (che incubo, ho pensato io), eravamo in spiaggia e non ricordavo in assoluto niente di quel giorno, niente, ma ricordavo perfettamente la maglietta che indossava una mia compagna. Diana ha continuato dicendomi di aver commentato il video e altre persone hanno confermato il particolare della maglietta. Mentre lei mi raccontava questo io ho solo sperato con tutto me stesso che i miei filmini delle medie non uscissero mai fuori.
5. Lego
I protagonisti di Microbo e Gasolina rappresentano una versione evoluta di quei bambini che sono dei draghi con i lego, che i genitori si dicono compiaciuti – guarda, diventerà ingegnere. Si costruiscono una macchina da soli, la camuffano da capanno da giardino e ci vanno in vacanza. Quando ero piccola mi sarebbe piaciuto moltissimo essere un drago con i lego, ma evidentemente l’ingegneria non era nelle mie stelle. Incapace di accettarlo, continuavo a farmi regalare scatole di costruzioni complicatissime che, dopo una settimana di religiosa contemplazione, venivano aperte e invece che nella stazione dei pompieri, nell’isola dei pirati o in una casa ottocentesca si trasformavano in decine e decine di cubetti monocromo tutti uguali. A quel punto, per uscire dall’imbarazzo, i miei invitavano dopo la scuola il mio vicino Claudio – uno dei bambini prodigio di cui sopra – che nel giro di un pomeriggio, ignorandomi completamente, montava tutto e si defilava. Non è diventato ingegnere però, ora fa l’avvocato.
6. Abbandono
Cos’è questa tristezza che permea il film? Cioè, voglio dire, è un film di viaggio, che ha una sua gioia, leggerezza, si ride, è un film divertente, con i colpi di scena, ma perché mi sento così male? Non è solo il fatto che ricorda e dimostra che quegli anni là non sono per niente anni semplici, anzi, difficilissimi, anche se paragonati con gli anni della maturità (e il preteso senso morale che si associa a questo termine). C’è altro, io credo. Non è solo che è un film che parla di tutti, perché gli adolescenti in Occidente sono tutti così. Credo che dipenda molto da come è girato il film: sembra quasi che Gondry pensi non solo alla sua adolescenza, ma che la raffiguri come si sarebbe rappresenta l’adolescenza quando era lui un adolescente. Questo senso di passato, di commedia anni settanta, è percepibile e trasuda malinconia.
7. L’amore non è bello
Nel 2007 gli Stati Uniti ci regalano uno dei più bei teen movie della storia: Superbad. Racconta di due amici alla vigilia dell’estate che li separerà per sempre e della loro ultima notte insieme prima di avviarsi – presumibilmente – verso delle ordinarie esistenze americane. Come in quasi tutti i film del genere spadroneggia la dicotomia amicizia VS amore, amore che i protagonisti schifano per un’ora e mezzo di dialoghi imbattibili prima di gettarvisi a pesce nell’ultima tristissima scena, in cui si allontanano in direzioni opposte all’interno di un centro commerciale, ognuno in compagnia della ragazza dei sogni ma improvvisamente vuoto, banale, senza molto da dire. Nel francese Microbo e Gasolina a larghe linee la storia è la stessa, solo al contrario. Le ragazze sono fin da subito esseri celestiali da amare con un candore mai visto anche se non ci vogliono. L’amicizia, invece, è un bene giudicato sacrificabile sull’altare delle frangette. Quando però la compagna di banco tanto a lungo desiderata è lì per noi, ecco che non la desideriamo più: abbiamo capito che la vita vera sta da un’altra parte, che l’eroismo di una fuga da casa non ha niente da invidiare a qualche bigliettino scambiato sotto il banco, vigliacco preludio a un mutuo per la casa. Opposte premesse e opposti punti d’arrivo, ma su una cosa almeno Yankee e Giacobini per una volta si trovano d’accordo: l’amore non è bello.
8. Tornare a casa
Per tornare a casa mi ci vogliono almeno venti minuti di macchina, di cui buona parte su strade non illuminate con un fragile guardrail a separarmi dal fiume ruggente. Sono stanca, ho gli occhi gonfi che non la smettono un secondo di lacrimare per il sonno e i fari mi fanno l’effetto di minuscole candeline tremolanti infilate su una torta di compleanno lontanissima. Penso a quanto sarebbe bello accostare e dormire un po’ a bordo strada, se non ci fosse quel benedetto fiume a rovinare tutto, se non ci fosse il pensiero di essere svegliata da un carabiniere poco amichevole intenzionato a visionare i miei documenti a rovinare tutto, se non ci fosse il pensiero dei miei occhi ancora più gonfi al risveglio a rovinare tutto. Sarebbe bello avere una casetta mobile come nel film – penso. Con i gerani alle finestre, con le lattine di fagioli in dispensa, e che magari non va in salita ma non importa, prenderò solo le statali in pianura e andrò finché dura la benzina.
Note a margine è stato scritto da Francesca Corpaci e Simone Lisi
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