Quando ero un bambino non avevo un peluche, ma uno squalo di gomma. E non sapevo dire squalo, ma squadro. Andavo in giro per il campeggio tirandomi dietro lo squadro di gomma per la coda. Ricordo anche il giorno in cui mi fu regalato: in una cartoleria, mia madre che sbuffa di fronte alla mia testardaggine, mia madre che cede al mio indice puntato contro lo squadro. Credo di essermi appassionato agli squadri a causa della resistenza di mia madre a comprarmi lo squadro di gomma. La notte dormivo abbracciandolo e forse succhiandolo un po’. Credo che fosse un misto tra squalo limone e squalo toro. Solitamente le riproduzioni per bambini degli squadri sono poco rispettose delle differenze di genere o razza. La mia affettività si è così formata proiettandosi su un pesce predatore, ma per diventare cosciente della cosa sono dovuto passare attraverso alcuni step.
Primo Step:
Mio padre era un pazzo. Sapendo della mia passione per gli squadri decise che ad otto anni era giunto il momento che vedessi il film Lo squalo di Spielberg (di cui questa dovrebbe essere una sorta di recensione). Credo che fossi troppo piccolo e troppo suggestionabile per quel film. Tutto il senso critico verso la società e il chiacchiericcio che Spielberg aveva voluto inserire come cornice e sottotema mi sfuggirono completamente. Vidi solo il mostro degli abissi che divorava bambini e adulti. E quanto era difficile ucciderlo. Da quel giorno tutte le volte che faccio il bagno in mare, ovunque io sia (a volte anche in piscina), non faccio che pensare alla possibilità che non lontano da me ci sia uno squadro in agguato. Se sto nuotando a largo ogni tanto controllo dietro di me che nessuna bocca spalancata stia per divorarmi alle spalle.
Secondo Step:
Quando andavo alle medie avevo un marcato gusto per il paranormale. Forse era colpa di tutti i Dylan Dog che leggevo, ma insieme ad alcuni miei compagni di classe decidemmo di fare a casa mia una seduta spiritica. In realtà ne facemmo tre. Solo tre, non una di più. La prima fu traquilla e divertente. La seconda cominciò a diventare inquietante. La terza ci convinse che non avremmo mai più anche solo osato fare una stupidaggine del genere. Col rischio di passare per pazzo, cose volarono giù dagli scaffali e lo spirito mi disse che sarei stato ucciso da uno squadro all’età di 42 anni. Non mi rimane ancora molto da vivere. Quando compirò la suddetta età mi farò un piccolo tatuaggio di squadro nel punto in cui sento che lo squadro mi morderà uccidendomi. Credo che il tatuatore non userà un ago sterilizzato decretando in qualche modo la mia morte.
Terzo Step:
La mia ragazza del liceo, una certa Virginia, mi regalò un peluche di squadro per il mio compleanno. Lo misi sul mio letto assieme allo squadro di gomma. Quando veniva da me e ci buttavamo sul mio letto, mi divertivo a mordicchiarle la carne scuotendo la testa a destra e a sinistra. Lo faccio ancora con tutte le donne di cui mi innamoro. Per me è un po’ un simbolo di desiderio e affetto. Come quando i bambini ti mordono perché non sanno come fare a dire “ti voglio bene”. Di solito le donne di cui sono innamorato scoppiano a ridere e pensano che stia mimando un cane. In realtà faccio il pesce-cane. Avete mai visto uno squadro mentre addenta qualcosa? Ecco, quello sono io con le donne che amo.
Quarto Step:
Sempre al liceo Giovanni, un mio carissimo amico, mi regalò il poster di una band metallo pesante che era tutta blu e al centro uno squadro bianco che emergeva dalla superficie del mare con la bocca spalancata. Lo appesi sopra il mio letto. Da quel giorno cominciai a fare sogni ricorrenti sugli squadri. Sognavo desiderabili giornate al mare che si concludevano con disastrosi attacchi squadreschi. Quando poi balzavo su dal letto e vedevo il poster che mi aveva regalato Giovanni, mi ritrovavo in quella terribile situazione in cui, ridestandosi da un brutto sogno ti rendi conto che era solo un brutto sogno, ma vedendoti davanti a te la raffigurazione dell’oggetto del tuo brutto sogno, pensi per qualche attimo che forse non era un brutto sogno ma la realtà. Credo che sia stato in quel periodo che ho sviluppato un certo allarmismo nei confronti delle apparenze. Non è che non mi fidi delle cose e delle persone, però dietro la facciata vedo sempre la possibilità che ci sia qualcosa di celato e mostruoso.
Quinto Step:
Ad un certo punto ho cominciato a guardarmi una valanga di documentari sugli squadri. Ho imparato i nomi delle varie razze, le loro usanze, i loro rituali, talvolta mi sono anche soffermato a vagheggiare su quale dovesse essere l’esperienza interiore di uno squadro quando chiude la palpebra a protezione dell’iride nel momento dell’attacco. Ho anche immaginato l’orrore di essere una persona che vede un proprio arto sparire nelle fauci di un predatore affamato e privo di parola. L’idea di essere mangiati. Un pezzo di te che se ne va. Che finisce nello stomaco di un altro. Sono arrivato alla conclusione che sia una sensazione orribile e liberatoria.
Sesto Step:
Quando ho scoperto Isidore Lucien Ducasse conte di Lautréamont ho avuto una rivelazione indicibile. Lui sì che è un mio prossimo. Ad un certo punto dei suoi magnifici Canti di Maldoror assiste al naufragio di una nave. I marinai si gettano in mare e uno squadro femmina gigante inizia il banchetto. Isidore si getta nelle acque scure e fredde dove il gigantesco pesce femmina sta spargendo sangue e in una lotta furiosa si accoppia con lei. Ho sempre creduto che fosse uno dei racconti più romantici che siano mai stati scritti. L’amore è manducazione e digestione nell’oscurità degli abissi.
Settimo Step:
Quando andavo in vacanza coi miei amici in giro per l’Europa, Luca mi prendeva sempre in giro dicendo che avevo il libro di questo e il libro di quest’altro. Era tutto un modo per appianare il conflitto da maschio alpha con Francesco, per cui diciamo che mi andava bene così. Chiaramente non avevo il libro su tutte le cose che pretendevo di sapere, però posso vantare ben dieci libri sugli squadri, uno solo di fotografie artistiche, gigante e costoso, che osservo di quando in quando pensando agli anni che mi rimangono da vivere.
Ottavo Step:
Poi su Instagram ho cominciato a seguire profili tematici dedicati agli squadri. C’è tutto un mondo di persone che credono che gli squadri non siano cattivi. Lottano contro la pesca e l’estinzione di questi predatori, ci nuotano assieme, gli danno da mangiare, li accarezzano, sanno come toccargli il naso quando perdono un po’ il controllo e più che altro si divertono da morire. Secondo me sono dei pazzi. Secondo me hanno ragione. Se dovessi mai mordere la loro mano lo farei per amore, anche se senza dubbio fraintenderebbero. Perché gli esseri umani sono così stupidi e atropocentrici che non si soffermano mai, per un solo istante, a pensare a cosa provano le altre bestie. Gli esseri umani hanno la parola, noi abbiamo solo i denti.
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