Sono circa ventiquattro anni che mio fratello mi parla dell’ingegner Delle Rose. Ho poi scoperto che in realtà si chiamerebbe ingegner Rosa, ma dopo una così lunga consuetudine non posso cambiargli il nome. Mio fratello è un tipo che con cadenza regolare ti propone di accaparrarsi un’isola privata e di farsi bombardare. Insomma, questo ingegner Delle Rose è una specie di idolo personale per lui, quindi nel momento in cui Netflix ha sganciato la bomba sono corsa a guardare L’incredibile storia dell’Isola delle Rose.
Prima di tutto, vorrei aprire un capitolo sulla controversa persona di Elio Germano. Quando i boss del cinema italiano (che io immagino come una cricca composta da mutanti che di giorno armeggiano in Rai e nelle case di produzione e di notte assumono la forma di lupi mannari che fanno sacrifici a Miriam Leone col sangue di giovani sceneggiatori invocando il loro sacro demone Marco Giallini) hanno tirato fuori dal cappello Elio Germano, ero, come tutti, estasiata: il miglior attore di sempre. Ma guarda questo prodigioso ragazzetto brufoloso cosa non ci fa! Mio fratello è figlio unico perché Chinaglia non può passare al Frosinone!
Come molti sono andata avanti così per anni, alimentando la mia cieca ammirazione con tutte le storie che girano sulla sua band rap, sul fatto che è un tizio schivo, fuori dagli schemi, senza sete di successo (ovvero che nelle notti di luna piena non ulula in nome di Sergio Castellitt-auuuuuu) e che, diciamolo, è un compagno.
Una sera, però, incappando alla TV in una delle millemila premiazioni dei David di Donatello alle quali Elio ha partecipato, l’ho osservato: era tranquillo, troppo tranquillo. Se ne stava lì, incredibilmente a suo agio, in platea con uno smoking perfetto a ringraziare tutti e a sganzarsela con i grandi lupi mann.… very important cinema’s people. Allora ho cominciato a sospettare: anche lui era un mutante e per tutto questo tempo ci aveva presi in giro fingendosi uno di noi?
Poi è arrivato il Giovane Favoloso, l’ho visto, ho quasi vomitato e ci ho messo un crocione sopra: Elio era andato, volato coi germani.
Ora che abbiamo chiarito il mio contrastato rapporto con Elio Germano e pregando che non mi venga a sbranare stanotte, possiamo parlare di questo film liberi da incresciosi segreti ed oscure omissioni che avreste comunque scoperto prima o poi incontrandomi ubriaca.
Ok ragazzi, vi giuro che tra pochissimo parleremo della Storia Delle Giovani Rose una volta per tutte, ma la verità è che non vi ho ancora detto tutto su me ed Elio. Pensavo di non dover arrivare a questo, ma mi rendo conto che ormai sono dentro all’affaire Elio fino al collo e ho l’obbligo morale di fare chiarezza.
Un giorno mio fratello è tornato a casa dicendo che la sera prima aveva bevuto una birra con Elio Germano: mia mamma è quasi svenuta. Come avrebbe fatto qualsiasi cine spettatore italico, si è letteralmente esaltata: ha iniziato a fare domande: Com’è Elio? È simpatico? Quanto è alto? Gliel’hai offerta una birra? Ti ha ringraziato? Ero sicura che fosse una persona educata. Lo definiresti un rosso o un castano? È una persona molto alla mano, non è vero?
Era contentissima: questa storia che suo figlio ha bevuto una birra con Elio Germano l’ha resa davvero fiera, ma quello che non sa è che ci sono almeno altre cento persone pronte a giurare di aver bevuto una birra con Elio. Ora vi spiego.
La storia della birra si è svolta diversi anni fa in una sala concerti ed Elio non era lì in veste di Elio ma in veste di bestia rara, ovvero componente della sua band rap. Tralasciando il fatto che sin da subito ho sospettato che la sua posizione lo obbligasse a essere gentile, la leggenda di Elio alla sala concerti si è propagata e ingigantita nel tempo sino ad oggi.
Innanzitutto: Elio è stato lì per ventiquattrore ma tutti sostengono di aver bevuto con lui. Secondo i miei calcoli Elio avrebbe dovuto fare una maratona di shot di qualsiasi cosa parlando alla velocità della luce per poi accasciarsi ubriaco e vomitante non appena salito sul palco invece, a quanto pare, ha pure cantato. Tra l’altro, nutro il vivo sospetto che Elio non abbia bevuto nessuna birra, per il semplice fatto che beve solo Veuve Cliquot.
Poi c’è un’altra questione. Diciamo che questa sala concerti ha anche una sala cinema, che io frequento. Un po’ di tempo fa venne fuori l’idea di invitare dei cine-personaggi noti (cuccioli di lupo mannaro) a parlarci di loro, siccome tutti consideravano Elio un loro amico un loro amico carissimo per via di quella famosa birra che avevano bevuto insieme, dopo due minuti Elio era in cima alla lista.
Esaltazione generale! Effluvio di elogi! Cynar per tutti! Applausi! Brindisi! Poi qualcuno ha chiesto: ok ragazzi, chi lo chiama? Nessuno aveva il numero.
Elio: chi sei veramente? Ti va se ci prendiamo una birra? Va bene anche una bottiglia di Veuve Cliquot.
Di Federica Fanelli
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