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In fuga dalla bocciofila

Blog dal titolo fuorviante in cui si parla di cinema tra una divagazione e l'altra

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L’eclisse | Il panno Swiffer

7 Aprile 2020 di simone lisi

Il suono che fa il manico dello Swiffer,
senza il panno Swiffer,
se lo strisci sul pavimento di casa,
è una specie di lamento.
Perché mai una persona sana di mente dovrebbe passare quel supporto per terra, senza il suo panno adibito?
Forse perché li ha terminati?
Ma di panni Swiffer ne ho quasi quaranta.
Li ho comprati oggi da Tigotà, che è il mio nuovo negozio preferito, perché non si fa la fila.
Ai commessi di Tigotà non importa di quanta gente entri dentro il negozio, perché sono sottopagati e in generale hanno altri problemi. Due di loro si amano. Si amano perché è primavera e perché la primavera fa piangere, la primavera vuol dire amore, anche se lavori da Tigotà e fuori c’è il virus.
A loro non importa di niente. E non gli frega niente di me.
Scusate, sapete dove sono i cotton fioc?
Sono là.
E me li indicano.
Non era difficile, bisbiglia lei mentre io giro l’angolo della carta igienica, bastava guardare.
Con queste mascherine non si vede bene, commenta la voce maschile che è più indulgente, perché il suo amore è smisurato.
Poi non sento cosa dicono, ma sicuramente tornano a parlare di prodotti per l’igiene e, tra le righe, del loro amore.
C’erano anche dei panni Swiffer non di marca Swiffer, che costavano la metà.
Io sono rimasto incantato a guardare le due confezioni a lungo, finché una signora con la mascherina molto tecnica (probabilmente una FFP2 o forse addirittura una delle fantomatiche FFP3), non mi ha fatto segno di spostarmi da quel punto del corridoio.
Ai commessi del Tigotà non gliene fregava niente che io occupassi così a lungo lo stretto corridoio, avevano di certo altri pensieri.
Ho fatto passare la signora, schiacciandomi contro un punto del corridoio dove ci sono i detersivi per i piatti. Sono rimasto in quell’angolo di colori fosforescenti anche dopo che la signora era già passata oltre ed era lontana sei o sette metri. Poi sono tornato a guardare i panni Swiffer e la variante economica e mi sono detto: Simone, questo è il momento di prendere una decisione.
Ho optato per due scatole di panni Swiffer (4 euro e sessanta l’una).
Ho pensato che questa scelta fosse un modo per dire a me stesso e ai commessi del Tigatà che sono fiducioso circa il futuro del mondo, non solo da un punto di vista sanitario, ma anche economico.
Che ce la faremo, che non diventeremo poveri.
Poi ho pagato e sono tornato a casa.
Ho messo il panno Swiffer in quell’apposito sostegno che sta al termine del palo Swiffer comprato in un’altra epoca della mia vita. E poi l’ho passato per tutta la casa. Sotto il letto, fino in cucina e in salotto dove Diana lavorava al computer e ha sollevato le gambe e non ha commentato persa in altri pensieri. Alla fine ho guardato il panno Swiffer ed era laido, completamente pieno di polvere, malgrado avessimo pulito la casa solo due giorni prima.
Chissà, ha commentato Diana, chissà la donna delle pulizie che cosa trovava passandolo solo una volta alla settimana.
Poi sono tornato in camera. Ho chiuso la porta e ho pensato se fosse il caso di passare un secondo panno Swiffer, così tanto per fare, tanto per vedere quanta polvere tirava su questa volta.
Ma mi sono detto che era sciocco e che a Diana sarebbe sembrato strano.
Ho preso il manico dello Swiffer e l’ho passato sul pavimento, senza panno né niente, solo qualche passata, per nessun motivo.
E il bastone ha fatto quel rumore, una specie di singhiozzo.

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Postato in: Oceani di autoreferenzialità Tag: L'eclisse, Michelangelo Antonioni, monica vitti, simone lisi Fai un commento

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