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In fuga dalla bocciofila

Blog dal titolo fuorviante in cui si parla di cinema tra una divagazione e l'altra

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Interstellar | Un trattato a quattro, no, no, volevo dire otto… sedici… diciotto mani!

22 Novembre 2014 di ferruccio mazzanti

I pezzi sono stati inseriti secondo un relativo ordine temporale relativo al tempo in cui sono stati scritti.

Interstellar | L’otorino, il commesso di Cos e i viaggi in motorino

Il commesso di colore di Cos, mandato nella missione Interstellar a non fare niente, attende per una trentina d’anni i dieci minuti che quegli altri vadano a esplorare il pianeta con le onde.

Poi loro tornano su e lui è invecchiato, ma invecchiato bene: si è fatto crescere una barbetta sale e pepe e indossa sempre i suoi maglioncini monocrome con bottoni sul davanti che ha diritto ad acquistare scontati avendo lavorato da Cos, prima della missione (è solo allora che lo capiamo) ma non è questo il punto: qualcosa è cambiato in lui, si è fatto saggio. Ha studiato i buchi neri e non c’ha capito niente, ma ha capito che a qualcosa servono, che sono importanti a far tornare il film alla fine. Comunque il commesso dopo un po’ sparisce senza che nessuno ci faccia più riferimento e quello che potremmo chiederci, tra le varie problematiche di fisica quantistica che il film solleva, è: quanti anni di pensione deve riscuotere? Ha diritto agli anni effettivi sulla terra o quelli del pianeta o astronave dove era lui e i suoi compagni visto che, come si ripete spesso nel film: il tempo è relativo? Noi ci sentiamo di dire: va bene tutto, ma non per questo certi diritti del lavoratore si possano aggirare così senza un lamento.

Secondo me per capire tutto il film basta parlare di un altro personaggio secondario, che va ad aggiungersi al commesso. Si tratta del collega di lavoro della figlia, quella che poi salverà l’umanità. Ci scappa pure il limone tra lei, la bellissima protagonista di Zero Dark Thirty (temo che sia la mia attrice preferita di oggi), ma dicevo del tizio che lavora con lei e che non ha nessuna funzione nessuna in assoluto nel film tranne quella di auscultare il nipote e la cognata della figlia del protagonista adulta e dire che se ne devono andare da quella casa perché c’è troppa polvere. Ma andare dove? E poi, ma che senso ha che l’otorino lavori alla NASA?

Si tornava con due motorini verso casa, dopo il film e io proponevo di fare una strada apparentemente più lunga, ma priva di semafori. Lapo mi derideva, ma che fai?, andiamo di là, giriamo qua, non diciamo stronzate, ma poi al primo semaforo rosso là fermi io glielo dicevo che non c’aveva capito mai un cazzo di strade, e poi scattava il verde e in un secondo eravamo sotto casa e lui mi diceva: meno male siam passati di qui, chissà ora dove eravamo. Erano le propaggini di quei viaggi interstellari che arrivavano fino a noi.

Comunque il film secondo me quasi quasi si salva per quella mossa finale, la mossa di prestigio immaginifico. Per Lapo, e una parte di me gli dà totalmente ragione, si può parlare tranquillamente di CACATONA.

Simone Lisi


Interstellar | Se sbagli ci azzecchi

E va bene, la trama fa acqua da tutte le parti, la teoria della relatività è usata un po’ così, le nozioni scientifiche ci vengono promesse e non mantenute, non torna nulla, ma questo non è il vero fine del film, cioè il far tornare le cose. Nolan ci vuole parlare di un sentimento che solo un personaggio come Ulisse può veicolare: l’angoscia dell’uomo che non ha più casa, l’impossibilità, una volta partiti, di tornare indietro.
Io non vi capisco, siete più contraddittori di Nolan stesso, voi che vi professate cultori dell’intrattenimento e poi quando vi viene dato protestate.
Questa angoscia dell’uomo faustiano, come lo definirebbe Spengler, finisce per combaciare col viaggio che la storia del cinema, a suo modo, rappresenta, così che quasi quasi ci viene da dire che questa pellicola è addirittura un po’ nostalgica. Il cinema, l’arte in generale, non è altro che questo viaggio nell’ignoto, dove la trama fa acqua da tutte le parti, che non si accontenta di amministrare l’immagine, ma si prefigge di raccontare una grande avventura, che ci viene tramandata dai nostri padri con messaggi morse. Se Nolan si identifica in qualcuno, quel qualcuno è proprio la bella figlia dai capelli rossi, ovvero il nano sulle spalle dei giganti, i quali sono la storia del cinema stesso.
E che possiamo dirgli a Christopher, che forse doveva stare più attento ai giri dell’atto liquidati con uno sbrigativo montaggio alternato? Ma sì, ma sì! Che probabilmente il modo in cui intende la gravità e il tempo sono da favoletta per adolescenti? Ok, ok, ma d’altro canto Tennyson, nel suo Ulisse, ci dice che Forse è destino che i gorghi del mare ci affondino; forse, / nostro destino è toccar quelle isole della Fortuna, / dove vedremo l’a noi già noto, magnanimo Achille. / Molto perdemmo, ma molto ci resta: non siamo la forza / più che nei giorni lontani moveva la terra ed il cielo: / noi, s’è quello che s’è: una tempera d’eroici cuori, / sempre la stessa: affraliti dal tempo e dal fato, ma duri / sempre in lottare e cercare e trovare né cedere mai.
Insomma, se Nolan sbaglia, almeno ci fa ricordare cosa il cinema desideri sognare.

Tandoori Mazzanti


Interstellar | That’s relativity, folks!

Lo spazio è un luogo noioso dove le cose non fanno rumore. Se credi che la tua vita sia vuota e senza speranza prova a farti un viaggetto dentro un buco nero e poi se ne riparla.

La NASA evita accuratamente le persone estroverse e vagamente festaiole per i viaggi interstellari di lunga durata. “Manderebbero a puttane il progetto”, per dirlo con le parole aspre ma efficaci del sovraintendente in capo – quanno ce vò ce vò. “Poi che discorsi, a bocce ferme sono il primo che si sfonda di mojitos”.

Lo spazio è luogo di ingegneri. Matthew Mcconaughey è un ingegnere. Lo spazio è il luogo di Matthew Mcconaughey.

L’universo di Nolan è senza Dio e senza Alieni. È un universo scientista. Interstellar è un manifesto scientista.

A proposito di film di fantascienza → Dark Star di Carpenter

—SPOILERS—

Domanda: di fronte all’insensatezza dell’esistenza, alla fredda ferocia della natura e all’egoismo degli esseri umani, come è lecito comportarsi?

Risposta: (alza la mano Christopher Nolan)

Credo che sia necessario attraversare un wormhole per arrivare dietro alla libreria della propria figlia quando aveva dieci anni e comunicarle in alfabeto morse di non lasciarsi abbandonare dal proprio padre o quantomeno di costruire un avamposto tipo su Saturno dove far giocare a baseball i propri nipoti. È bello il baseball.

Risposta: (alza la mano John Carpenter)

Surfa sulle note di Benson Arizona.

Giovanni Ceccanti


Interstellar | Fà come se fossi su un altro pianeta

Su questo pianeta per vedere Interstellar ci vogliono tre ore. Fossimo stati su un altro, magari le tre ore sarebbero diventate tre anni. In questo felice caso però non c’è stato bisogno di scomodare la fisica o la NASA. Fai un film pacco e tre ore diventano tre anni in uno zerodue.

Francesca Corpaci

interstellar

inserito una volta per tutte, in modo più discreto che continuo da:

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Postato in: La sindrome del personaggio secondario, La vertigine della lista, Oceani di autoreferenzialità, Recensioni Tag: francesca corpaci, giovanni ceccanti, Interstellar, simone lisi, tandoori mazzanti Fai un commento

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