Personalmente le aspettative su questo film erano alte, troppo alte. Ho contattato Thomas Pynchon, mio grande amico telepatico, perché adoro i suoi romanzi e, non sarò l’unico al mondo, ma li ho letti tutti.
Thomas Pynchon è probabilmente lo scrittore americano più citato nella storia del cinema, sebbene, fino ad ora, non fosse mai stata girata una sola pellicola tratta da un suo libro. E la cosa è abbastanza paradossale perché tutto sommato Pynchon usa il medium cinematografico con chiara funzione mimetica, per cui c’è un controribaltamento della fonte che se ci penso bene un po’ mi spiazza. Ne è uscita una intervista telepatica che Pynchon ha rilasciato solo a me (per chi non lo sapesse non esistono fotografie o interviste ufficiali di questo genio della narrativa americana).
<<Ciao Thomas, come va?>>
<<Ohi Tandoori, era da un po’ che non ti facevi sentire– Thomas parla un perfetto italiano – dovresti telepaticizzarmi più spesso>>
<<Eh, hai ragione, ma sai ho avuto un sacco di cose da fare>> (dovete sapere che Pynchon ha la strana tendenza ad attaccarmi bottoni telepatici giganteschi e a volte, sapete com’è, mi fa un po’ fatica parlare con lui, però, per amor della bocciofila…)
<<La sciatica come va?>>
<<Mah guarda, un gran dolore. Non ho più l’età per fare certe cose>>
<<Hai preso qualche antidolorifico?>>
<<Non mi rompere il cazzo, lo sai che uso solo rimedi naturali>>
<<Ma prenditi almeno una Tachipirina>>
<<Ma sei scemo? Mica voglio farmi controllare il pensiero dalla Bayer>>
<<Ma che dici>>
<<Che cazzo dici te!>>
<<Ma vaffanculo>>
La comunicazione si è brutalmente interrotta, ma pochi minuti dopo Thomas mi ha ricontattato:
<<Dai Tandoori, scusami, è un periodo difficile>>
<<Sì, sì, ok, va bene, scuse accettate. Sentiiiii…. volevo farti un paio di domande sul film di Paul Thomas Anderson. Ti va?>>
<<Per te Tandoori questo e altro>>
<<Ok, allora che te ne pare?>>
<<Oh, beh, non saprei. Ormai avevo perso le speranze sulla possibilità che qualcuno girasse un film tratto da un mio libro. Ero seduto sul divano di salotto quando il mio agente, che poi è mia moglie, che poi è anche il mio editor, se ne esce dal bagno con una fetta di pizza in mano e mi dice che ha chiamato questo Anderson e che bla bla bla. Oh cazzo, dico io, non sarà mica uno scherzo. Sai le solite paranoie>>
<<Non hai ancora abbandonato le tue paranoie?>>
<<Oh lo sai come la vedo: la paranoia è lo stato di coscienza della seconda metà del novecento>>
<<Hai assistito alle riprese?>>
<<Sì, in realtà sono nascosto in ogni fotogramma del film. In una scena, quella iniziale, come parafango, poi albero, sassolino, canna, canna, pupilla, albero, poliziotto, canna, panchina, canna e via dicendo. Lo sai che adoro travestirmi, nascondermi, scappare via>>
<<E il film ti sembra riuscito?>>
<<Beh, per necessità di vario genere è stato necessario tagliare molte scene. Un romanzo è lungo. Per cui, secondo me, alla fine ne è venuta una pellicola abbastanza ben fatta, anche se, diciamocelo, se non hai letto il libro non so esattamente quale messaggio tu possa trarne. Però vorrei sottolineare che Anderson è stato molto bravo a rendere quel senso di tristezza che permea ogni mio libro, tra una risata e l’altra. Non so se mi sono spiegato bene>>
<<Certo Thommy>>
<<E poi il regista mi sembra una persona abbastanza intelligente, mi sono trovato bene con lui. Mi diceva: no, no, non devi recitare così bene, sei talmente parafango che mi fai sfigurare Joaquin Rafael Phoenix. Tra l’altro un grande attore, se mi permetti un giudizio personale, Tandoori>>
<<Sì, sono d’accordo. Senti Thomas, sei stato gentilissimo, ma ora devo proprio andare>>
<<Nooo, Tandoori, ti prego, rimani un altro po’ a chiacchierare con me. Se vuoi ti faccio scattare una foto telepatica del mio volto>>
Oh Thomas Pynchon, Thomas Pynchon, magari potessi anche solo toccarti una mano, intendo quella vera. E invece me ne rimango qua a sognare di parlare telepaticamente con te. Comunque il film non è male. All’inizio si abusa dello zoom come metacodice. Il MacGuffin che regola le vicende scoppietta allegramente verso la fine del film. Molte scene importanti non ci sono. Il senso, come sempre, sta sui margini, non esiste un centro. Fa ridere pur essendo tristissimo. E Thomas Pynchon continua a non volermi incontrare di persona.
[…] Inherent Vice | Un’intervista telepatica a Thomas Pynchon […]