di Helder von Bratkopf
a Simone Zuffanelli, salute
resistenza di radiazione di un risuonatore
ad anello diviso (SRR) alla seconda risonanza
È con sommo piacere, e sommo orgoglio, e sommo stupore, che io, Helder von Bratkopf, annuncio alla comunità scientifica la scoperta di un nuovo strabiliante pianeta, da me battezzato Pianeta di Pasticcini.
Come spesso accade, la scoperta è avvenuta per caso. Inizialmente la mia intenzione era di mandare una sonda su Marte a vedere se c’era vita, una fittonata che mi era presa un paio di anni addietro per via del gran ciarlare che si fa in questo principio di XXI secolo intorno alle missioni sul Pianeta Rosso. Non senza fatica – e Dio solo sa i quattrini che ci ho investito – mi ero procurato trattati di astrofisica, elettronica e aerodinamica; per non parlare del materiale necessario alla costruzione dei marchingegni: viti, bulloni, chiodi, ingranaggi, spilloni, microchip, transistor, computer, telecamere a infrarossi, radar, grammofoni, videoregistratori, magnetometri, la parabola da piazzare sul tetto di casa per captare i segnali inviati dalla sonda, l’impianto per la refrigerazione del ricevitore con l’elio portato a una temperatura prossima allo zero assoluto in maniera da ridurre al minimo interferenze e disturbi vari; poi ovviamente chili e chili di plutonio e petardi necessari per imbottire il razzo che avrebbe portato i miei ghiribizzi lassù.
Mi ero attrezzato di tutto punto, insomma. Ma la balistica non è mai stata il mio forte. Accesa la miccia, il razzo ha preso non so che traiettoria sbilenca e la sonda è schizzata via dal sistema solare verso il centro della nostra galassia a una velocità da capogiro. E correva e correva finché è stata acchiappata dall’orbita di un pianeta sconosciuto, dalle parti della costellazione di Ercole. Nello spulciare i primi dati che arrivavano sul PC ebbi un sussulto. Proprio non riuscivo a credere ai miei occhi. Portai al massimo tutte le manopole e le manovelle dei miei strumenti: dovetti cedere all’evidenza. Al posto di montagne, valli e crateri sfolgoravano folle e folle di pasticcini. Bigné, tiramisù, bomboloni, ciambelle, frollini, cassate. Ma il fatto da lasciar basiti è che i pasticcini chiacchieravano fitto tra di loro, felici e spensierati. E discorrevano di arte, scienza, etica e, soprattutto, dei misteri della pasticceria.
Che razza di pianeta avevo incrociato? Si trattava forse della leggendaria Isola dei Beati? Il grande Olimpo? Il segreto regno di Fanete orfico? L’Eldorado? Oppure, più realisticamente, il gemello impazzito del Pianeta delle Scimmie. E quei pasticcini, poi? Erano vita? Erano morte? Di seguito le prime straordinarie audio-immagini elaborate dalla sonda.
α. Faccia visibile
α.α
Dimmi matto e dimmi crucco,
che ci faccio col purè?
Gira il mondo è tutto un trucco:
via le pappe e un bel bigné.
α.β
Quattro e quattro fanno otto,
tieni il conto dei caffè.
Pasticcino o pasticciotto:
vai da zero a ottantatré.
α.γ
Scotta il latte nella tazza,
ogni giorno un dramma o un film.
Quello ruba l’altro ammazza:
aria fritta o giù di lì.
α.δ
Con la linea è un tira e molla,
si spettegola sui bus.
Sfogliatella riccia o frolla:
quando un ictus quando il pus.
α.ε
Arte scienza poi chissà,
frughi in tasca e c’è un babà.
Uova burro crema rum:
magna rutta e rulla un drum.
ω. Faccia nascosta
ω.α
Ozia pure ciccio-porco,
bomboloni e THC.
Latra a bocca larga l’Orco:
sarai fumo e chantilly.
ω.ω
Basta fiacca vai in palestra,
via i biscotti e giù coi tè.
Pompa a manca pompa a destra:
sgobba schiappa e fatti in tre.
Con la sua fantasia e la ricchezza espressiva riesce a trasportarti lontano senza la voglia di tornare indietro. Immaginifico e leggero, ti prende per mano e ti riporta alla prima infanzia