Va bene, questa volta non faremo troppi convenevoli su quanto siamo in ritardo nel presentare la nostra top ten, né ci addentreremo in discorsi delicati riguardanti magari il tessuto sociale italiano, il precariato, le bombe degli anarchici o Donald Trump. Non tireremo le somme, che tanto avrete sicuramente visto il discorso di fine anno di Mattarella. Piuttosto, cosa avete fatto a Capodanno? Anche voi siete dell’idea che il 2016 sia stato un anno quantomeno dimenticabile? Beh, come diciamo sempre, speriamo che il 2017 sia migliore – ricordatevi che ci saranno le elezioni in Francia e in Germania, che il 21 agosto ci sarà un’eclissi solare totale e che a settembre la sonda Cassini terminerà il suo viaggio con un tuffo nell’atmosfera di Saturno.
E se non lo sarà, ci resta sempre il cinema.
La Bocciofila
10. Aquarius
Il mondo di Clara sono i dischi, gli amori, i ricordi. I capelli e la vita borghese. Clara ha la fierezza di una Bond-girl che esce dall’oceano, ma il suo mondo è sotto attacco. Se c’è una salvezza, per il suo e il nostro mondo, è nei dettagli, nelle piccole ossessioni, nelle giornate in spiaggia, nel vento che svolta le pagine e fa sbattere le porte. Ci salveranno, forse, solo le termiti.
9. Anomalisa
Un giorno al cineforum da TodoModo parlavo con un tale (Alberto il suo nome); parlavamo che ok, va bene tutto, ma Anomalisa era il film dell’anno. Intanto il cineforum nel cineforum scorreva (non il film, ma le forme di vita che vi si erano costruite intorno) e io dicevo ad Alberto: ma poi boh, hanno senso ste classifiche? Io comunque – diceva Alberto – ho chiuso. Hai chiuso? Sì, – continuava – col cinema. Davvero, basta; questi attori, queste facce, questi voli. Voglio il possibile dei fumetti, voglio tutto il possibile. E io pensavo a come mi aveva reso triste tutto quel possibile di Anomalisa.
8. Lo chiamavano Jeeg Robot
Quando riuscirò a far girare le giostre del mio amore solo con le mie mani allora saprò con certezza che i film, anche i più folli, pure quelli girati con due spiccioli, sono realtà, e che al di là di tutti i difetti c’è solo grande speranza per il cinema italiano.
7. Knight of cups
Ci sono mille loop in cui perdersi, soprattutto quando l’amore è una perla di cui ci siamo dimenticati, sopratutto quando le palme ti dicono che tutto è possibile, oppure i polsi che si piegano ridendo, oppure il terremoto, oppure la strada che percorriamo e che ci porta da nessuna parte, oppure ti dico che ti amo calpestando la notte, perché non devi cercare un senso preciso ma solo percepirlo come percepisce un piccolo animaletto la bellezza del tuo corpo nudo.
6. Paterson
Paterson si sveglia ogni mattina senza bisogno di una sveglia. Passa le sue giornate senza bisogno di un cellulare. Scrive le sue poesie senza un computer e vive la sua vita normale senza noia. Nella sua città, Paterson, il tempo scorre fluido. Il tempo, hmm. Può capitare di sentire stralci di conversazioni in autobus – quella su Gaetano Bresci condotta dai due protagonisti di Moonrise Kingdom è soltanto una delle più romantiche – o di salvare un uomo da una pallottola di polistirolo. La vita, nei film di Jarmusch, non è facile, ma può essere semplice come un’anafora.
5. La mia vita da zucchina
C’era una volta il presente. Tanto tanto tempo fa. Io ero seduto alla mia scrivania, un lunedì di gennaio. E poi a un certo punto compariva il figlio del mio capo che avevo visto appena nato e ora – allora – stava là e aveva due anni e io gli dicevo: Ciao, ti ricordi di quando eri piccolo? Te lo ricordi ancora – di già? E lui mi guardava come a dire – ma non diceva niente – io sono ancora piccolo, sono un bambino. Ecco.
4. Fuocoammare
Mi arriva una mail da certi amici tedeschi che chiedono: “cosa ne pensi di quel documentario che ha vinto a Berlino, quello che parla di Lampedusa senza parlare di Lampedusa”. Per loro, evidentemente, l’equazione Lampedusa = profughi è la cosa più connaturata del mondo. Spiego che non conosco nessun film del genere, ma che in compenso ne ho visto uno molto bello che parla di Lampedusa parlando proprio di Lampedusa. Non ho mai ricevuto risposta.
3. Il figlio di Saul
Come raccontare Auschwitz senza scadere nel solito melodramma sui poveri Ebrei? Raccontarlo a partire da un’ossessione, con l’orrore che rimane ai limiti del campo visivo. Le urls sullo sfondo, lo sguardo incatenato all’odissea di un uomo solo.
2. Carol
Resti fra noi ma questo film ha faticato un po’ a salire in classifica e a restarci. Abbiamo dibattuto parecchio. E certo, per dirne una, il film non sarà forse la parola definitiva sull’amore. Ma come dimenticare la dolce e attonita Therese, aspirante fotografa, temporanea commessa ai grandi magazzini nella Manhattan del 1952, che parlando di trenini giocattolo con un’elegante e facoltosa cliente, bionda e smaltata, una Lauren Bacall rediviva, finisce col perdersi nei suoi occhi?
1. Le mille e una notte – Arabian nights
Erano i primi dell’anno passato, e la pagina culturale di una nota pubblicazione opinionista spiegava come l’arte, nei tempi oscuri che ci troviamo ad attraversare, non possa concedersi il lusso di essere altro se non strettamente politica. Ma non aveva ragione, o almeno non del tutto. Di fronte a questa imponente trilogia di più di sei ore in totale, magicamente fiorita da un rettangolo isolato alla periferia dell’Europa, viene da pensare che il cinema dovrebbe essere sempre così: megalomane nelle intenzioni, all’apparenza ingenuo, incantato, epico, disperato e bellissimo.
[…] Lisi ha avuto da fare e giura di non avere ancora visto Paterson, sebbene in bocciofila se ne parli diffusamente, eppure ha scritto La mano, una poesia che segna, così lui, il suo […]