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In fuga dalla bocciofila

Blog dal titolo fuorviante in cui si parla di cinema tra una divagazione e l'altra

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Gimme danger | Stooge Appeal

26 Febbraio 2017 di simone lisi

di Matthew Licht

Erano bei ragazzi del Midwest: il piccolo Iggy che si rifiutava di essere ignorato, e i fratelli Asheton, il tenebroso Scott e l’aspirante serial killer Ron, che poi si rivela essere un bonaccione. Sono amici, vogliono suonare, fare qualcosa insieme, non sanno bene come. Appare Dave, che si fa notare per l’aura di mistero e i capelli lunghi. Fornisce il tono basso che gli serve per lanciare inconsapevolmente il loro assalto contro la pappa hippie che l’industria musicale proponeva ai ragazzi mentre infuriavano una brutta guerra e scontri tra polizia e cittadini nelle strade.

Dave contribuisce il numero più strano, scuro e struggente al primo disco degli Stooges. Un canto “Ohm”, un ronzìo psichedelico, che contrasta la semplice brutalità delle altre canzoni. Finisce qui l’illusione di pace, amore, fiori. Goodbye, goodbye, ora viene il buio.

Sulla copertina, è l’unico un po’ sfocato, che abbozza un mezzo sorriso. Nelle sequenze del film, Dave Alexander è una massa di capelli, un naso sporgente, un nodo di muscoli sotto varie camicie attillate stile post-hippie nichilista, con alla spalla un basso Mosrite quasi più grande di lui.

“Era troppo ubriaco per vivere,” disse una volta Iggy.

“Ha fatto parte di un gruppo. Ha suonato su due dischi” dice Scott Asheton, detto Rock Action, batterista degli Stooges, poco comunicativo ma sapiente. “Ha fatto ciò che voleva con la sua vita. Non ha voluto trattenersi per vedere ciò che sarebbe successo dopo.”

Scott, un Elvis cavernicolo, ha la voce che è quasi un sospiro, un rantolo. Dice cose semplici ma profonde. Forse l’immagine più triste di questo film stranamente esilarante è l’insegna che lui scrisse a mano e appiccicò in tutte le sale di registrazione attorno a Ann Arbor, Michigan, dopo la fine degli Stooges: “Rock Action (con sotto una folgore rossa disegnata non tanto bene con la biro) available for sessions”, cioè disponibile per sessioni di registrazione. Non credo che ne abbia fatto molte. Nel film, dà una lezione di vita: meglio non fare il batterista. Iggy ha preso ciò che gli serviva dai tamburi, ed è andato oltre. Se devi bruciare, fallo da stella.

Un’altra morale non esplicitamente pronunciata del film: a chi finisce nel tritacarne dell’industria della musica, l’eroina fa meno danni della Stroh’s, l’ottima birra che si beve a Detroit.

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Postato in: Sono figo solo io Tag: Iggy, Jarmush, Matthew Licht, The Stooges Fai un commento

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