Ho ufficialmente il blocco dello scrittore.
Si potrebbe contestare immediatamente questa affermazione, dire che, in effetti, perché vi sia blocco dello scrittore ci sia bisogno di uno scrittore, e in giro se ne vedono pochi. Oppure si potrebbe dire che non è una questione di valore, ma perché si possa parlare della summenzionata categoria vi è bisogno di una pagina Wikipedia che ne attesti il sigillo, come una volta qualcuno mi disse (non so chi, l’ho rimosso) c’è bisogno che uno abbia almeno tre romanzi pubblicati.
Comunque la sostanza non cambia. Ho il blocco.
Da alcuni mesi ho finito la prima stesura del mio terzo romanzo. Il romanzo è in corso di pubblicazione, quindi mi sia permesso usare l’espressione scrittore, sebbene a voler essere puntigliosi il mio primo romanzo sia stato pubblicato con il nome d’un altro e il terzo, come dicevo, sarà pubblicato l’anno prossimo.
Poco importa, torniamo dove eravamo partiti: il blocco.
Forse dipende proprio da questo minuscolo traguardo raggiunto, l’ufficialità, la pagina Wikipedia che mai sarà scritta perché per delle clausole legali il primo romanzo, il più amato, non sarà mai completamente mio. Ma cosa è mai completamente nostro?
Lasciamo perdere.
Così in questo periodo non scrivo niente. Impossibile scrivere anche un mezzo articoletto per In fuga dalla bocciofila. Un tempo era così semplice. Forse dipende anche dal fatto che da qualche tempo ci sono alcune piccole, ma sostanziali, novità all’interno del blog. Sono delle novità che a un nostro lettore potrebbero sfuggire, perché sono rivolte all’interno (sebbene poi i risultati, a essere un po’ attenti, sono evidenti anche fuori), ma magari è per questo che mi sento bloccato.
Abbiamo istituito, dopo anni di trattative, dei comitati. Uno si occupa di comunicare quello che facciamo (Komitato Komunicazione, di cui faccio parte io), mentre l’altro si occupa di editare quello che facciamo (Komitato Editing). Per questo motivo adesso che scrivo ho in testa non solo la voce mentale di un ipotetico lettore X che leggerà il mio pezzo, ma anche le voci degli editor Y, W, Z, della bocciofila, che in questo istante stanno leggendo e sono pronti a scattare, a editare, a correggere e migliorare il mio testo.
Mi sembra, ragazzi, che il vostro compito sia nel mio caso molto, molto difficile.
La sostanza è che ho poco da dire.
Forse nulla?
Sono in questa fase, mi dico.
Dipenderà dal lavoro nuovo?
Prima il lavoro brutto mi portava a compensare con la scrittura. Ora invece mi sembra semplicemente tutto vano. Il mercato editoriale saturo, il volto riflesso nello specchio su cui si applica come un filtro instagram la lettera scarlatta in fronte che dice: vanitas vanitatum.
Addirittura.
Una fase, passerà.
Tornerò a guardare film, tornerò a scrivere. Torneremo, mi dico, al cinema, quando questa fase sarà passata.
Sono spesso nervoso, sebbene esternamente sia uguale a come sono sempre, forse un po’ più silenzioso.
Ci sono alcune cose che faccio per rilassarmi:
– Leggo molto. Si potrebbe parlare di bulimia. Leggo con una foga che non metto in niente. Urgenza, la chiamerei. Leggere così, mi rendo conto, non è sano. Leggo per sprofondare. Leggo con un ottimismo immotivato, come se potessi mettermi in pari con tutta la letteratura mondiale che non ho letto. Se ho dieci minuti, un’ora, leggo un libro. C’entra con il mio nuovo lavoro.
– Faccio piccole canne con l’erba legale. Che effetto fa? Mi ha chiesto qualcuno. Ho provato a spiegare che l’effetto è molto diverso da quelle vere. Qui c’è solo lo stordimento, senza tutta la parte di pensieri incontrollati. I pensieri non vanno da nessuna parte.
– Cammino, per andare a lavoro, ascoltando musica trap italiana. Giudico negativamente i testi di quelle canzoni, eppure continuo ad ascoltarle. Mi rilassano, mi sembra che esprimano bene l’impermanenza, la vacuità del tutto.
– Guardo gli highlights delle partite di calcio. Mi rilassa vedere le azioni salienti, come se non sapessi che i minuti sono passati, le ore, per lo più in azioni vanificate.
– Preparo una nuova rubrica per In fuga dalla bocciofila, dal titolo “Film completo”. Sono film che si trovano su Youtube, che consiglierò ogni venerdì, per chi non ha Netflix, Sky, Amazon Prime ma soprattutto per chi non ha voglia di pensare a che film vedere.
– Una sera ho guardato un documentario che racconta di un’impresa sportiva. C’è un allenatore italiano che parla un inglese maccheronico. Fa il simpatico e sono sicuro che gli inglesi si bevono quella sua presunta simpatia. Tuttavia, mi dico, che importa che Claudio Ranieri non sia davvero simpatico? L’impresa sportiva è indubitabile. Penso al fatto che il miracolo non sia un vero miracolo, ma che sullo sfondo c’è il diavolo, i soldi di qualche magnate indiano, una pioggia di denaro nato dallo sfruttamento di una classe lavoratrice sottopagata in qualche luogo remoto del terzo mondo. Io questa cosa la so. Eppure, il documentario e la sua retorica semplice mi avvincono. Lo guardo fino a notte inoltrata. Quasi mi commuovo guardando il volto di Jamie Vardy, un personaggio uscito da un romanzo di Dickens. Un sottile strato di fuliggine delle fabbriche a carbone, a guardare con attenzione, si è posata su di lui. Se la scuote di dosso, all’ennesimo gol segnato.
Una fase, mi ripeto. Mi dico che passerà.
Sta già passando, dal momento che scrivo una pagina.
La verità è che non lo so e non ci credo. Se voi ragazzi dell’editing o voi ragazzi fuori da qui che mi state leggendo, ne sapete qualcosa di più, per favore, fatevi sentire.
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