di Marco Parracciani
C’è uno che conosco, tale Antonio B. (non metto il cognome per proteggere la sua privacy. Comunque non fa l’attore e non è nato a Málaga nel 1960, ma ha sui 35 anni e abita poco sotto Marradi), che l’altro giorno mi ha raccontato che non se la sta passando per niente bene.
Sono in un vortice, dice lui, un vortice fatto di pensieri minati da piccoli e grandi dolori, che deflagrano dappertutto lungo la schiena. A malapena mi piego per aprire gli sportelli della credenza o raccogliere una penna che cade. Le mie azioni quotidiane sono ridotte al minimo, lavoro poco e quello che faccio lo eseguo svogliatamente e con estrema fatica. La mia attività principale è trascinarmi stanco per casa e aspettare che rientri Ines da lavoro. Non riesco più a leggere, figurarsi trovare la concentrazione per scrivere. Poi, quando arrivano anche i mal di testa, chiudo le persiane e rimango sdraiato tutto il giorno, flaccido come un sacchetto pieno d’acqua. Qualche mese fa, era la fine del 2018 o l’inizio del 2019 (Antonio non è molto preciso con le date, e anche questo pare che lo infastidisca), i dolori sono andati a turno anche a colpire le caviglie, le ginocchia e i polsi così, senza una logica. Ho fatto alcune analisi, sono saltate fuori un po’ di cose, autoimmunità sfumate verso l’alto. I medici, tre reumatologi da cui vado a cadenza regolare, anche se ho poca voglia di vedere dottori e frequentare ospedali, mi hanno detto che non è una catastrofe e si può tenere sotto controllo. Ma è un nuovo tassello doloroso, e devo prendere una terapia per rinforzare il sistema immunitario e ricacciare in basso quelle sfumature di positività, staremo a vedere.
La cosa che mi fa più rabbia, continua Antonio, è che quando ti senti dentro a un vortice vedi il mondo e le persone che ti circondano andare avanti, mentre tu sei fermo perché continui solo ed esclusivamente a girare su te stesso. Io poi ho sempre dovuto fare i conti con i rigurigiti acidi del mio esofago attaccato male, fin dal primo giorno di vita. Operazioni, riabilitazioni, terapie, sai di cosa parlo. Mi sono accorto che spesso alcuni che ci sono nati, dentro al vortice, dopo un po’ ci fanno l’abitudine e a un certo punto la situazione si ribalta, e sembra che gli altri girino come trottole mentre tu li guardi immobile. Ma la verità è un’altra: in questo caso è solo il dolore che ti inchioda il cervello, solo un gran dolore.
Ci sono giorni in cui il vortice ti risucchia così tanto che si ferma tutto, o almeno credi che si fermi tutto, e quelle sono settimane veramente buttate nel cesso. Di solito queste coincidono con la mia saltuaria dipendenza da Candy Crush, che installo e disinstallo ritualmente dal telefono, giusto per darmi l’illusione di uscirne quando voglio. Per la cronaca, sono arrivato al livello 1297.
Ogni tanto Antonio mi inquieta, ma io non glielo dico perché non vorrei aggiungere peso al peso, non so se mi spiego. E allora come si esce dal vortice, gli chiedo. La mia è stata una domanda stupida, me ne sono accorto subito ma ormai la frase mi era uscita dalla bocca.
Antonio mi ha guardato, è andato verso il giradischi e Socialismo Tascabile degli Offlaga Disco Pax ha inziato a girare e gracchiare a un volume infernale. Questo è il vinile che ho comprato con il mio primo stipendio a nero, mi ha urlato dall’altro capo della sala, è uno dei ricordi più belli che ho perché è stata la prima volta che ho toccato con mano l’indipendenza. Poi c’è Ines. Non potrei vivere senza di lei, ha una forza che compensa tutte le volte in cui risulto assente ingiustificato, e ogni tanto mi scuote quel che basta per farmi riavviare, e spesso un riavvio coincide con la disinstallazione di Candy Crush dal mio cellulare.
E c’è anche quel viaggio in Australia di tre anni fa, continua Antonio, non devo fare altro che chiudere gli occhi per rivedere l’Oceano sbattere contro un gruppo di rocce sulla Great Ocean Road e modellarle pazientemente a suo piacimento. Solo secoli e secoli di acqua contro le rocce. Sono dovuto andare dall’altra parte del mondo per capirlo.
Concentrarsi per un istante e affondare nei ricordi, vivere in pieno i sentimenti, sincronizzare il proprio vortice con quello degli altri e avere un po’ di pazienza. Forse è questo ciò che serve per vivere.
Emme
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