di Luca Giommoni
Mario prima di andare a dormire fa sempre un goccino di pipì. Anche prima di partire per qualche gita organizzata o prima di andare a cena fuori, in ogni caso prima di uscire da casa. Dice che è il risultato di anni di ciclismo amatoriale, di gare dilettantistiche la domenica mattina lungo strade provinciali con il traffico dettato dalla messa delle undici. Di sabati pomeriggio e permessi dal lavoro per ripercorrere gli sprint di Gaul sullo Stelvio o per stringere la mano a un Coppi a fine carriera. Di selle eroiche in cuoio più dure del cemento. Di prostatiti croniche risvegliatesi all’improvviso in pausa pranzo e forse anche di un pizzico di ansia somatizzata ma Mario, comunque vada, se sa che non avrà sotto mano un water o una siepe, sa che per stare tranquillo, prima di fare qualsiasi cosa, dovrà rifare pipì, anche se l’ha appena fatta, anche solo un goccino.
Mario è un tuttofare. Da quando è in pensione ancora di più. Mario sistema tutto. Una mensola rotta? Mario arriva e la sistema. Un cortocircuito elettrico? Mario arriva e lo sistema. Una caldaia ingolfata? Mario arriva e la sistema. Troppe zanzare in casa? Mario arriva e magari monta le zanzariere più sbilenche e antiestetiche della storia ma di sicuro nemmeno un moscerino riuscirà più a passare. Raramente Mario chiede di farsi pagare e raramente viene pagato, perché Mario alla fine si accontenta, sta bene anche così. Quando qualcuno gli chiede dove ha imparato tutte queste cose, Mario risponde con un’alzata di spalle e una poesia, almeno a lui piace pensare che lo sia: «Strada facendo, ho rubato con gli occhi».
Mario ha lavorato ventinove anni come cassiere in un parcheggio a pagamento. Una volta ha dato il resto anche a Renzo Arbore. Quando le casse automatiche hanno iniziato a fare il loro mestiere, Mario era già in pensione. Quando qualcuno aiuta qualche signore o signora a pagare alle casse automatiche, anche se in cambio di qualche monetina, Mario tira un sospiro di sollievo. Lo tranquillizza sapere che le macchine per funzionare hanno ancora bisogno dell’essere umano.
Mario è signorino. Sua madre è finita a letto troppo presto e Mario troppo presto e per troppo tempo ha sposato la malattia di sua madre. A nozze finite, Mario si è ritrovato davanti un mondo che non riconosceva più. «Era come se fossi stato in prigione per trent’anni e, all’improvviso, ero di nuovo fuori» ha detto. «Non sapevo da dove ricominciare. Dov’erano finite le biciclette saltafosso? Dov’era finito il monoscopio? Dov’erano i tacchi a rocchetto basso?»
Mario ha un amico. Si chiama Mike, almeno così lo chiama Mario, ma non si sa se sia il suo vero nome o se esista per davvero un Mike. Anche se Mario, mentre aiuta qualcuno a montare un armadio o qualcun altro a dare l’impregnante alle persiane, è tutto un Mike di qua e il Mike di là e il Mike dice che a lui mica lo convince tanto che un dittatore che ha lasciato morire migliaia di persone poi se ne possa stare seduto tranquillamente attorno a un tavolo a discutere di accordi internazionali e avere pure una caraffa di acqua oligominerale di fronte, e il Mike non è mica tanto d’accordo che per dissentire su qualcosa che non ci convince servano le manganellate, e il Mike non ha mica torto quando dice che abbiamo accettato tante cose che ci hanno fatto male e poi la facciamo tanto lunga per accettare cose che farebbero solo bene a tutti. Molti credono che questo Mike sia solo l’amico immaginario di Mario. Nessuno l’ha mai visto e nessuno ha mai pensato che, se esiste un Mike, è solo una persona giusta in più nel mondo e che, se un Mike non esiste, Mario fa solo credere che ne possa esistere uno in più.
Mario odia solo due cose: le cimici e gli autobus senza bagno delle gite turistiche.
Mario colleziona anche bustine di zucchero. Ha addirittura una zolletta di zucchero incartata della ddr. Nella sua cantina che però chiama “laboratorio”, Mario ha di tutto. Dalla locandina della pubblicità della Coca Cola del 1957 a delle casette di legno che ha costruito con le sue mani per la diciassettesima edizione della Fiera del Mondo in miniatura. Da un set di piastrelle di Capogrossi a una foto con papa Wojtyla. Mario è a tutti gli effetti un collezionista seriale ma ogni volta che fa vedere il suo laboratorio a qualcuno non fa altro che indicare qualcosa e dire: «Lo vuoi? E questo lo vuoi? E questo?» senza mai pensare a un prezzo o a svuotare la cantina.
Mario dopo un controllo lascia sempre per un po’ i referti medici nel baule della sua Panda. «Possono sempre tornare utili, non si sa mai» dice e le circostanze gli danno pure ragione. Una volta ha aperto la porta di casa a una vicina che si era chiusa fuori con una lastra del torace. Un’altra, ha usato le analisi del sangue per porre fine al traballio del tavolo accanto in pizzeria. Anche l’ultima volta era appena uscito dall’urologo e si è ritrovato ad aiutare un ragazzo cui erano cadute le chiavi della macchina in un tombino. È stato solo un gesto preciso della mano o un preciso pensiero buono e le chiavi già ricoprivano interamente la precisa macchia in più sull’ecografia, nella parte posteriore, in basso a destra.
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