Il film che ha vinto l’ultimo festival di Berlino afferma, ad essere onesti in un punto abbastanza secondario, che per capire se chi abbiamo di fronte sta dicendo la verità o ci sta mentendo esistono tre prove inoppugnabili.
La prima: osservare la pupilla. Nel caso in cui la persona stia mentendo la sua pupilla si dilaterà. Poiché la reazione della pupilla è involontaria, se tale fenomeno si verifica possiamo esser certi che la persona menta.
Tuttavia, come non fa a meno di notare l’interlocutore a cui è presentata la prima tesi, esistono condizioni ambientali per cui la luce solare o una sua variazione potrebbero alterare il nostro giudizio e la nostra valutazione. È vero, sembra implicitamente concordare la regista, ed è proprio per questo che esistono tre metodi e non uno solo.
Le altre due dimostrazioni non sono enunciate in successione, né esplicitamente. Anzi, dopo che si dice la prima teoria, dell’occhio e della pupilla, nel film si passa bruscamente a parlare di tutt’altro e quasi sembra che ci sia dimenticati di questo argomento.
Tuttavia più avanti si fa riferimento al secondo metodo per riconoscere chi sta mentendo. I due protagonisti non riescono ad avere un rapporto sessuale e non riescono a dormire, per questo decidono di fare una partita a carte. La donna non sa giocare, ma l’uomo le spiega le regole e in breve tempo lei si rivela essere bravissima.
Al termine della partita l’uomo prova a bluffare, ma la donna se ne accorge. Come hai fatto?, chiede lui. Eppure, aggiunge, sono stato attentissimo a non contrarre nessun muscolo del mio corpo.
Proprio per questo, risponde la donna, ho capito che mentivi. Per il fatto che non contraevi nessun muscolo, quando in fondo sarebbe normale l’opposto, contrarli.
Così, senza che venga esplicitato, si enuncia anche il secondo metodo per riconoscere chi mente: l’eccesso di controllo è dimostrazione di una cattiva coscienza.
E così si conclude la triplice dimostrazione della verità.
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