di Clara Galletti
(essi vivono)
Quando morì zio Tonino, fu Brunella a suggerire l’idea di rivolgersi alla misericordia. Era la prima persona che veniva a mancare in famiglia e nessuno sapeva come comportarsi. Ognuno voleva dire la sua ma aggiungeva solo chiacchiere al baccano. Zia Mariuccia camminava nervosamente da una parte all’altra della stanza senza trovare il coraggio di alzare la cornetta e dare il triste annuncio ad amici e parenti. Zio Luigi imprecava contro zia Luisa perché, a forza di tentativi, aveva sgualcito il completo da far indossare alla salma. Alfonso continuava a ripetere che nei film si vede sempre che i cadaveri vengono puliti e liberati dai loro liquidi prima di essere vestiti e zia Mariuccia gli annuiva con la testa senza intervenire. Per questo, alla fine venne deciso di dar retta a Brunella e il defunto fu esposto all’obitorio di Santa Caterina, pur essendo morto in casa.
Maria venne avvisata qualche ora dopo ma la fretta e l’emozione di salutare per l’ultima volta l’amato zio le procurarono una confusione mentale tale, da farla sedere accanto alla bara dell’uomo sbagliato. Tanto era avvolta dal dolore, che non si preoccupò di porgere le sue condoglianze ai parenti più prossimi ma tirò fuori il rosario e, a capo chino, iniziò a snocciolare avemarie a mezza bocca.
Il dubbio di non essere nel posto giusto le venne una buona mezz’ora dopo, quando si avvicinò alla bussola delle offerte e lesse per intero il nome del defunto. Lei lo aveva sempre chiamato zio Tonino e non era certa di come si chiamasse veramente però le mancava il coraggio di chiedere conferma. Il pensiero di aver commesso un grave errore, la fece sprofondare in un pianto così disperato che qualcuno dovette accorrere a consolarla. Tanta dolcezza la calmò, sebbene l’essere stata abbracciata e sostenuta da perfetti sconosciuti la riportasse al pensiero di prima. Si guardò intorno senza neanche incrociare un volto familiare, non capiva perché non ci fosse nessuno dei suoi, ma poi pensò che le spiegazioni potevano essere diverse. Forse il resto dei parenti era già passato o forse era occupato con altri impegni e sarebbe venuto direttamente al funerale. Si convinse che restare era la cosa migliore da fare. Rimase lì per tutto il pomeriggio e alla fine della giornata si rese conto che tra condoglianze, baci sulle guance e strette di mano, aveva ricevuto più affetto in quella giornata che nel resto della sua vita. Tornò a casa rincuorata, anche se con il forte dubbio di non aver pregato accanto al corpo di suo zio.
Le capitò di ripassare da quel luogo, qualche mese più tardi. Questa volta non accadde per errore, più per casualità. Doveva recarsi all’ospedale per una visita medica e, avendo trovato parcheggio vicino all’obitorio, aveva pensato di farci un salto. Memore del calore ricevuto l’ultima volta, le parve sensato dedicare un po’ del suo tempo all’anima di un povero defunto e, come già aveva fatto in occasione della morte di zio Tonino, si sedette accanto alla bara e iniziò a recitare rosari. Al sentirla pregare, altre tre o quattro vecchie signore le si misero accanto e si lasciarono guidare da lei nell’orazione. Ogni tanto qualcuno si affacciava e si chiedeva chi fosse quella donna tanto devota, ma pensando a lei come a una lontana parente nessuno le chiese di andarsene.
Un’altra volta le successe di fraintendere l’orario di un appuntamento e, già che era uscita di casa, pensò di aspettare l’ora giusta fermandosi da qualche parte. C’era chi andava a perdere tempo alle poste e chi si metteva in fila dal dottore, a lei invece balenò in testa l’idea di passare dall’obitorio. Esitò un attimo davanti all’ingresso. Certamente si rendeva conto della stranezza di quel pensiero, ma c’era qualcosa in quel luogo che la affascinava. Era il posto che regalava l’ultimo momento di intimità con il defunto e questo lo rendeva speciale. Allora si fece coraggio e premette ancora una volta il pulsante rosso della porta automatica.
Fu nel momento in cui varcò la soglia che ebbe l’illuminazione. Realizzò di colpo che non era lì per caso, ma per compiere una missione. Chiunque al suo posto sarebbe stato a disagio, eppure lei sapeva esattamente come muoversi. Lei era in grado di onorare la morte: con tutti i suoi rituali e le frasi di circostanza, donava sicurezza e tranquillità a chi aveva appena subito una perdita importante e permetteva al defunto di andarsene in pace.
Fece il giro delle camere mortuarie ripetendo ogni volta le stesse operazioni. Si avvicinava alla salma, controllava che avesse il completo in ordine, esaminava che la mandibola fosse stata fissata bene, sovrapponeva le mani al deceduto, gli dava una lieve carezza e recitava una preghiera per lui. Poi scambiava due parole con i presenti, porgeva loro le più sentite condoglianze e si faceva raccontare come era morto il recente spirato e chi aveva dato il triste annuncio.
Così, tra una chiacchiera e l’altra, passò il tempo che aveva da riempire e, alla sua ora, salutò tutti calorosamente e continuò i suoi giri.
Non passò molto tempo che le circostanze la portarono di nuovo nello stesso posto. Aveva saputo dal suo vicino di casa che era venuta a mancare una sua compagna di classe delle elementari. Poco importava se non si vedevano da più di vent’anni e non si erano mai state simpatiche: adesso che aveva scoperto la sua vocazione, doveva cogliere l’occasione al volo e sfruttarla al suo meglio. Quando arrivò a salutare la salma, si accorse che nessuno le aveva messo gli spiccioli in tasca, come era usanza fare da quelle parti, e che l’orecchio destro lasciava ancora colare un liquido verdastro che sporcava l’imbottitura della bara. Lo fece notare ai figli ma, pieni di imbarazzo, le risposero che non sapevano come rimediare. Allora Maria chiese il permesso di prendere in mano la situazione e, fiera di saper gestire il problema, pensò lei alle monete, all’igiene della vecchia amica e a recitare cinque gloria al Padre. I presenti, al vederla tanto a suo agio con il lutto, le chiesero aiuto anche per altre questioni.
La cosa venne raccontata in giro e in paese iniziò a circolare la voce che c’era questa signora che si occupava dei morti. Spesso accadeva che quando qualcuno si ritrovava alle prese con un defunto in casa, chiamasse direttamente Maria per farsi dire cosa fare.
Dal canto suo, lei prese l’abitudine a leggere i necrologi e a trovare sempre un motivo per passare dall’obitorio. Ormai la si vedeva così spesso che, quando qualcosa ritardava la sua visita, gli abitanti del paese si preoccupavano della sua assenza e temevano che il peggio, questa volta, fosse successo a lei.
Passò lunghi anni a dedicarsi ai defunti e benché la sua presenza fosse ormai diventata familiare a tutti, c’era chi la riteneva indispensabile e chi invece nutriva una forte invidia. Le ditte di pompe funebri iniziarono a temere di vedersi diminuire il lavoro in un ambito che fino ad ora era stato risparmiato dalla crisi, ma chi si sentì davvero attaccato fu il convento delle suore agostiniane della Santissima Annunziata. Questa invasione di campo, verrebbe da aggiungere “santo”, le aveva spinte un po’ troppo all’angolo perciò reagirono sfoderando l’unica arma in loro possesso: fare leva sul peccato. Sostenevano infatti che la signoria Maria, dietro alle sue buone maniere, nascondesse un tornaconto che non sarebbe sfuggito agli occhi del Signore. Le suore, data la loro posizione, parlavano senza esporsi troppo ma dettero ai compaesani le armi per scatenare una guerra di pettegolezzi che fu impossibile frenare. Gli inservienti ospedalieri, influenzati dalle dicerie che circolavano senza contegno, aiuteranno ad amplificare ciò che ormai tutti si dicevano sotto voce e qualcuno arrivò a giurare di aver visto la donna in una posizione ambigua con la salma del parroco.
Quando il paese intero si convinse che la dedizione per i cadaveri della signora Maria altro non fosse che necrofilia, il cuore non le resse più e le provocò un arresto cardiaco. I parenti trovarono il suo corpo in cucina e, certi che lei sarebbe stata più contenta così, esposero la salma all’obitorio. Qualcuno passò a portarle un ultimo saluto, qualcun altro venne a lasciarle dei fiori ma assorti com’erano in quel lutto inaspettato, nessuno si prese la briga di verificare chi fosse quella signora in abito scuro seduta accanto alla bara.
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